Charles Mingus 2002 80th Anniversary
Il ricordo del contrabbassista al Brass Group di Palermo
di Antonio Terzo
Il 5 gennaio 1979, a Cuernavaca, in Messico, ci lasciava Charles Mingus, definito da Miles Davis uno dei contrabbassisti afro-americani più grandi e compositore certamente molto avanti per i suoi tempi. Mingus era stato a Palermo appena tre anni prima, nel 1976, per i sei concerti che in tre giorni, dal 26 al 28 marzo, tenne presso l'allora imberbe Brass Group, al tempo ancora "Associazione Siciliana per la musica jazz", chiamato dal direttore Ignazio Garsia, sede il noto scantinato di via Duca della Verdura.
Da quel momento il Brass restò molto legato a Mingus, tanto che qualche anno dopo la sua dipartita, la residente
Orchestra Jazz Siciliana ebbe l'opportunità di suonare in prima esecuzione europea Epitaph, l'incompiuta del grande compositore, completata postuma da Gunther Schuller che la diresse nel '91 alla presenza di
Sue Mingus, la compagna che al jazzista fu vicina nelle ultime ore della sua vita. In quell'occasione la Mingus ebbe a commentare l'impegno dell'Orchestra, evidenziando come neppure Londra, Parigi o New York avessero saputo dedicare una uguale e calorosa manifestazione di stima ed affetto al suo Charles.
Quei concerti del lontano 1976 hanno lasciato il segno non solo negli organizzatori ed in coloro che ebbero la fortunata opportunità di assistervi, ma soprattutto in alcuni giovani palermitani che, già vicini a questa meravigliosa musica – sintesi fra le radici euro-culturali dei bianchi d'America e di quelle africane dei neri ex-schiavi che nel Nuovo Continente vennero a forza trapiantati –, probabilmente da quell'incontro furono così profondamente condizionati da decidere di dedicare al jazz la propria vita: Marvi La Spina, Vito Giordano, Stefano D'Anna, e tanti altri.
Nell'estate del 2002 il Brass Group dedicava un intero Festival alla figura dell'impareggiabile jazzista, nell'anno in cui avrebbe compiuto i suoi ottant'anni, e quei giovani del 1976 ebbero così l'opportunità di ricambiare in qualche modo ciò che quei concerti avevano significato per loro, affiancando musicisti che erano stati molto vicini a Mingus, quali il trombettista Jack Walrath ed il sassofonista Paul Jeffrey, il primo scoperto proprio dal contrabbassista, il secondo suo "deputy" nei giorni artisticamente più difficili del nostro, quelli della paralisi che gli impediva di seguire da sé gli arrangiamenti e le incisioni della propria orchestra, il cui timone passò così al tenorista.
Ed è nel ricordo di quel
sentito omaggio che adesso, a distanza di circa due anni, trova fondamento la
pubblicazione ad opera del Brass – con il supporto di varie istituzioni della
Regione Siciliana – di una doppia produzione discografica che fissa in una
registrazione i concerti-tributo di quell'estate. Presentata lo scorso
20 gennaio
al Blue Brass, il ridotto dello Spasimo, con un concerto del trombettista Vito Giordano in quintetto, la pubblicazione è corredata da un volumetto, curato da
Maurizio Zerbo, che a fini divulgativi e beneficio dei più, ripercorre per cenni le già note gesta ed intemperanze biografiche del contrabbassista dell'Arizona, e ne affronta brevemente – e comunque non tecnicamente – la profondità del suo linguaggio musicale, creando per tale via la giusta e necessaria atmosfera per l'ascolto dei brani selezionati, grazie agli interventi testuali delle figure coinvolte: dall'autorevole musicologo Stefano Zenni, al direttore artistico del Brass Ignazio Garsia, fino al giornalista ed appassionato
Lucio Forte, cronista non soltanto delle serate musicali a Mingus tributate, ma anche voce storica della presenza del "Pitecantropo" nero a Palermo nel 1976.
Il primo dei due dischi contiene le letture molto rispettose di Paul Jeffrey, Vito Giordano e Marvi La Spina, rispettivamente alla testa di un nonetto, un sestetto e della propria Macchina di Suoni
Orchestra, in modo da affrontare le pagine musicali di Mingus valendosi delle caratteristiche timbriche peculiari a ciascun "combo". Si parte con Better Git it in your Soul, blues che trasuda swing da tutti i fori dei suoi ricchi strumenti a fiato, dove si distingue l'apporto corale dei back-vocals, poi Boogie Stop Shuffle, pedale melodico armonizzato, ribattuto lungo tutto il chorus, su cui si innestano le interiezioni contrappuntistiche della sezione fiati ed i giochi improvvisativi dei solisti, Things Ain't What They Used To Be, rinnovata in freschezza dalla versata tromba di Vito Giordano ed il suo sestetto, solista l'intenso Pizzurro al trombone, l'ammiccante Jelly Roll, con le sue sonorità anni '30, omaggio del contrabbassista al pianista Ferdinand Morton, esponente conclamato del jazz delle origini, per proseguire con la morbidissima Song with Orange, la ovattata e sensuale Carolyn "Keki" Mingus, quindi Eclipse, per la intima voce di
Giorgia Crimi, l'arcinota Pussy Cat Dues, la cui felpata mute trumpet risuona delle atmosfere da bassifondi che il titolo suggerisce, ed infine Strollin' (Nostalgia in Times Square), piacevole pretesto per presentare i validi elementi della Macchina dei Suoni, sulle "nostalgiche" note della sigla di uno dei programmi musicali più seguiti della generazione degli over-30!
Il secondo cd raccoglie invece la registrazione di quanto eseguito dall'Orchestra Jazz Siciliana sotto l'attenta guida di Jack Walrath, il quale ha mostrato di ben avere appreso la lezione della poetica mingusina, nelle più minuziose ma non pedanti sfaccettature, restituendone con meticolosità l'ampio range del patrimonio ritmico e fraseologico, grazie anche alla duttilità espressiva dell'OJS: ne sono chiaro esempio i brani selezionati, da Canon, che dopo il rincorrersi delle voci in guisa di canone appunto, fa da supporto per le galoppate solistiche degli ottoni; Wolverine Blues, il cui stride piano anni '20 vede protagonista
Schiavone ad introdurre gli intrecci timbrici di tutta l'OJS; Freedom, puntualmente definita nel libretto composizione di "impegno politico", il cui suggestivo e sommesso canto muto, infondendo le sonorità che dovevano avere i canti "negri" nelle piantagioni degli Stati del Sud, fa da sfondo all'incitazione di protesta "Stand fast!"; la lunga e variegata Sketch n.3, in cui davvero l'Orchestra si distingue come ensemble brillante ed elegante; lo struggente blues minore di Goodbye Pork Pie Hat/Theme for Lester Young (così nel disco Mingus Mingus Mingus Mingus Mingus), per chiudere con la suadente e larga Duke Ellington Sound of Love.
Dolce ed irascibile, discusso ed osannato, spesso incompreso, talvolta temuto se non addirittura odiato, questa registrazione firmata dal Brass restituisce l'aspetto forse più veritiero della personalità pubblica di Mingus, quella che dovrà a prescindere da tutto essere consegnata ai posteri: l'aspetto di sensibile e genuino artista, geniale figlio del suo tempo. E di sempre.
Paul Jeffrey
Nonet Paul Jeffrey - sax tenore Aldo Olivieri -
tromba Tullio
Ricci - sax alto Stefano
D'anna - sax tenore Mauro Bordignon - sax
baritono Salvatore Pizzurro - trombone Bruno Persico -
pianoforte Mimmo
Cafiero - batteria |
Macchina di
Suoni Marvi La
Spina - pianforte, direzione,
arrangiamenti Silvio Barbara, Rosario Caisa,
Giovanni Calderone - trombe Rosolino Marinelli, Alessandro Mancuso, Giampiero Lo
Piccolo, Gaspare
Palazzolo - sassofoni Biagio Bennato - corno Mauro Cottone -
violoncello Leonardo Grimaudo - chitarra Luca Lo
Bianco - contrabbasso Giampaolo Terranova - batteria Giorgia Crimi -
voce |
Sestetto Vito
Giordano Vito Giordano - tromba Francesco Marchese -
sax tenore Salvatore Pizzurro - trombone Mauro Schiavone -
pianoforte Giuseppe Costa - contrabbasso Giuseppe Urso -
batteria |
Orchestra Jazz
Siciliana diretta da Jack Walrath Jack Walrath,
Vito Giordano, Domenico Riina, Giovanni Guttilla, Faro Riina, Pietro
Pedone - tromba Salvatore Pizzurro, Salvatore Pizzo, Valerio Barrale, Fabio
Piro - tromboni Gaetano Tucci, Francesco Marchese, Giampiero Lo Piccolo,
Antonino Pedone, Rita Collura - sassofoni Mauro Schiavone -
pianoforte Giuseppe Costa - contrabbasso Giuseppe Urso -
batteria |
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Data pubblicazione: 23/01/2005
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