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Brass Group di Palermo "Musiche del nostro tempo"
Esbjörn Svensson
Trio (E.S.T.): From Gagarin's Point of View
Palermo, 15 maggio 2003 – Chiesa di Santa Maria dello Spasimo
di Antonio Terzo
L'album
From Gagarin's point of view
è considerato un po' il disco del punto di svolta, quello in cui il loro stile assume in qualche modo una forma definitiva. Dopo aver ottenuto supporto su questa affermazione, chiedo a Svensson il motivo di tale titolo. Questa la risposta…
Ho cercato di immaginare lo stato d'animo di Gagarin… Su questo ho letto un libro che mi ha colpito… Gagarin, primo uomo nello spazio, in questa situazione di assenza di gravità, fluttuando nello spazio, per primo da lì vede il sole, la terra, vede per primo tante cose che nessun uomo aveva mai visto prima… E' anche il primo a provare paura per i problemi di rientro, la frizione, l'attrito della navicella sull'atmosfera… Una sensazione drammatica che ho cercato di trasmettere nel pezzo…
E' questa l'atmosfera che pervade tutto il concerto: una forte tensione emotiva, a tratti attenuata da sonorità jazzisticamente più familiari. Accolto da un applauso pieno di aspettative, E.S.T.,
Esbjörn Svensson Trio, molto concentrato guadagna il palco e, preso posto, avvia un delicatissimo incipit piano solo che subito immerge la sacrale cornice dello Spasimo nel silenzio più totale, gli occhi e le orecchie fisse alla scena, al centro della quale campeggia il contrabbasso dello svettante Dan Berglund per una serie di affabili armonici, alla sua destra Svensson, a sinistra Magnum Öström alle spazzole.
Così, con la monkiana
I mean you, quasi per mano si viene introdotti nel particolare universo di E.S.T., per l'immediato tracciato estemporaneo del piano, basato sulla semplice armonia di tre accordi – II, IIb, I, sostituzione del più tradizionale II, V, I – per poi sfociare nel giro più free
dell'ending, il basso a raffica, così come pure i chords del piano, leggera decelerazione e finale… con campanellino. Impronta classicistica per
When God created the coffee-break, con l'iniziale intreccio contrappuntistico del piano, voce autonoma ed indipendente della mano sinistra poi radoppiata dal contrabbasso, e le rotonde armonie cromatiche che Svensson riesce a destare, sulle quali l'archetto di Berglund produce un particolare effetto. Nel solo di piano si assaporano suggestioni di Bach e Powell, del quale ultimo Svensson ha anche il magnifico difetto di cantare ciò che sta suonando… Il brano si alleggerisce di questa sua impronta ad opera del policromatico e fitto drumming
di Öström, un tutt'uno con le vibrazioni prodotte dai suoi piatti.
Giunto il momento delle presentazioni, Svensson proclama "E.S.T., from Sweden" introducendo così i singoli compagni e poi soffermandosi sulla bellezza del luogo che li ospita. Quindi
Behind the Yashmak, intro questa volta affidata al timbro profondo del contrabbasso su cui si appoggiano leggeri gli armonici prodotti da Svensson armeggiando dentro lo strumento, con sorprendenti effetti che concorrono ad infondere una forma evanescente ed alienata al contesto. Ovattato anche l'intervento di Öström che con le mani sul rullante muto scandisce un ritmo attutito cui si aggiungono gli accordi per contrasto pieni ed insistenti di Svensson, mentre il caldo legno del contrabbasso ricalca all'ottava grave la struttura melodica del pezzo. Smorza le corde ancora dal di dentro il pianista svedese e si ha la sensazione che a tratti l'anima elettrica del brano prepotentemente affiori dalla rigidità dei parametri acustici cui il trio con i propri strumenti tenta di costringerla. I piatti sottolineano gli accenti in un procedere ritmico abilmente controllato da Öström fino a sbiadire con l'assolo di contrabbasso, per la colonna sonora di immagini che ciascuno proietta dentro di sé. Ad aprire
Hands off
è invece un languido ingresso del piano, il cui lirismo rievoca vaghe impressioni à la Petrucciani, con giri che si rincorrono riproponendosi senza posa, linearmente simili. Pure singolare è il modo di suonare di Öström, che in questo frangente usa gli elementi dello strumento come un unico grande tam?tam, con magistrale tocco da consumato percussionista. Berglund nel suo intervento estemporaneo si lascia trasportare dalle note di passaggio del piano, determinando quella coralità di pathos che contraddistingue il gruppo. La carica emotiva della performance viene stemperata da
Bowling, blues un po' scanzonato, con melodia in double voice piano-contrabbasso sull'arresto della quale parte l'assolo di percussioni, leggerissimo, con delle minuscole maracas, che Öström poco a poco fa crescere.
Sempre di più sembra che anche l'ambiente circostanze entri in sintonia con quel sussurrato fruscio ritmico… civette comprese. Incontenibile l'applauso a coronamento di questa emozionante digressione d'estemporaneità, il cui impulso coinvolge anche il solo di piano, durante il quale il batterista ancora esibisce una variegata dotazione di percussioni, tutte a esteriorizzare le irresistibili cadenze che gli montano da dentro. E dopo il piano, in tono con il carattere bislacco del blues, finale di contrabbasso e ancora percussioni.
Di nuovo senza troppe formalità Esbjörn presenta una composizione originale del trio, momento topico del concerto,
From Gagarin's point of View, dedicata a Yuri Gagarin, che "nel 1961 fu il primo uomo inviato nello spazio, non sulla luna: quello fu Armstrong…Louis!" Si inizia con un lirico contrabbasso, e sullo stesso mood si allinea anche il piano, note distaccate che ne marcano l'intensità sull'incedere pedante delle quattro minime squadrate della bass-line. Per rendere una dimensione spaziale Öström ricorre pure ad una serie di gong, mentre il racconto estemporaneo di Svensson, restando molto agganciato al tema, si avvale di un sordo suono metallico riprodotto all'infinito da un delay ciclico. Ancora un trascinante dittico Svensson-Berglund caratterizzato da vari effetti per
Doodge the dodo, un motivo semplice sui gravi di piano in cui il contrabbasso, attraverso un altro accorgimento elettronico, trasforma la propria voce in una sorta di chitarra elettrica, nonostante l'uso dell'archetto: strabiliante, anche nel modo di emularne il suono. Non un'effettistica fine a sé stessa, ma intelligentemente dosata e sapientemente abbinata alla sonorità dei brani – per altro non tutti – su cui è applicata, ad esaltarne il carattere trasversale. Morbido il solo di piano su un altro effetto distorsivo a ciclo molto largo: ed il silenzio della platea sottolinea la riuscita del risultato scenico. Chiusura con ripresa del basso insistente del piano, adesso senza più distorsione, ed ancora il contrabbasso-chitarra.
Il pubblico dimostra il proprio apprezzamento con un deciso applauso finale, la cui insistenza impone una rentrée, presto puntualmente soddisfatta. Svensson ringrazia sentitamente e chiede di poter fotografare la platea per metterne la foto sul sito… Poi si siede al piano e traccia le note di
'Round 'bout Midnight, in una sensibile esecuzione dove anche il solo del contrabbasso enuncia la melodia ed una lunga pausa paventa ormai l'epilogo della serata, studiato traino per l'applauso finale, degna conclusione di un così gustoso concerto.
30/08/2009 | Laigueglia Percfest 2009: "La 14° edizione, sempre diretta da Rosario Bonaccorso, ha puntato su una programmazione ad hoc per soddisfare l'appetito artistico di tutti: concerti jazz di altissimo livello, concorso internazionale di percussionisti creativi Memorial Naco, corso di percussioni per bambini, corsi di GiGon, fitness sulla spiaggia, stage didattici di percussioni e musicoterapia, lezione di danza mediorientale, stage di danza, mostre fotografiche, e altro." (Franco Donaggio) |
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Data pubblicazione: 17/05/2003
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