Scott Mclemore
Remote Location
Sunny/Sky (2012)
1. Remote Location
2. Secrets of Earth
3. Citizen Sitting Zen
4. Una Danza En La Cocina
5. Charlottesville
6. Dunegrass
7. Woods At Night
8. Waking
9. Balkelero
10. Don't Miss the Signs
11. Movement for Motian
Scott Mclemore - batteria
Sunna Gunnlaugs - pianoforte, Wurlitzer
Robert Porhhallsson - basso acustico, basso elettrico
Andres Thor - chitarra acustica, chitarra elettrica
Oskar Gudjonsson - sax tenore
La remote location del titolo del disco di Scott McLemore è l'Islanda.
È da diverse latitudini che quest'isola può rappresentare una località remota, ma
forse lo è in modo particolare per chi, come il batterista Scott McLemore, è nato
in Virginia e per tanti anni ha vissuto a Brooklyn. Ed è proprio questo cambiamento
radicale di geografia – anche musicale – a fare da motivo d'ispirazione di questa
prima registrazione islandese di McLemore, accompagnato inoltre da un quintetto
tutto indigeno, compresa ovviamente la compagna di McLemore, la pianista Sunna Gunnlaugs,
motivo fondamentale di un cambiamento di vita così radicale. Può contribuire, ma
certo non basta una formazione islandese a restituire le atmosfere di una località
remota come l'Islanda, soprattutto se sono filtrate attraverso la sensibilità di
qualcuno che proviene dalla scena jazzistica newyorchese.
Remote Location, infatti, non suona semplicemente come il disco di un
americano registrato altrove; la sua collocazione geografica non è né casuale né
accidentale, ma è penetrata profondamente nella sensibilità musicale di McLemore.
Per il senso degli spazi e le atmosfere rarefatte e soffuse, anche se non proprio
malinconiche, Remote Location è un lavoro che potrebbe tranquillamente essere
inserito nella grande tradizione del jazz nordico. Evidentemente una sensibilità
musicale del genere – come del resto l'attenzione riservata all'aspetto melodico
più che a quello ritmico – faceva già parte del bagaglio personale di McLemore.
Non è certo oggi che il batterista ha scoperto una formazione scandinava come Masqualero
e un pianista come Jon Balke, ai quali rende omaggio con Balkelero; e tantomeno
non è un caso che abbia dedicato un brano a Paul Motian (Movement for Motian),
l'influenza del quale è evidente sia nelle composizioni che nel drumming di McLemore.
E non dimentichiamolo: tra i grandi batteristi nordamericani, Motian è forse quello
che più di altri ha frequentato la scena jazzistica nordeuropea – e chissà se la
sua influenza c'entra pure con la scelta di affidare più alla chitarra che al pianoforte
il ruolo solista e melodico. Insomma, nel jazz, talvolta le località remote possono
risultare più prossime di quanto suggerisca l'assetto geografico.
Dario Gentili per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 25/05/2013
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