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Tord Gustavsen Trio
The Other Side
Ecm (2018)
1. The Tunnel
2. Kirken, den er etgamelt hus
3. Re-Melt
4. Duality
5. Ingen vinner frem til den evige ro
6. Taste and See
7. Schlafes Bruder
8. Jesu, meine Freude/Jesu, det eneste
9. The Other Side
10. O Traurigkeit
11. Left Over Lullaby n. 4
12. Curves
Tord Gustavsen - pianoforte, elettronica Sigurd Hole - contrabbasso Jarle Vespestad - batteria
Se si fa del puro virtuosismo, se si mostrano i muscoli o si
ruggisce scuotendo la folta criniera, l'interplay sembra essere di casa sempre.
Farlo funzionare quando si mettono in moto dei meccanismi compositivi sottili, fatti
di sfumature e di piegature ornate di sopraffino velluto, diventa più complicato:
bisogna far funzionare la sensibilità e non solo il riflesso pavloviano. Tord
Gustavsen fa propria questa dote e la mette in chiaro da subito – e da sempre
– dando un nuovo volto al piano jazz trio, senza dimenticare l'esperienza del passato,
ma liberandosi da qualsivoglia scimmiottamento. La sua impronta personale è vivida
e si ascolta anche nel saper gestire la linea melodica. "The Tunnel" ne è
da subito la prova, perché incastra perfettamente la canzone di matrice nordeuropea
con il mainstream a stelle e a strisce. Episodio perfettamente riuscito e che si
ripete in "Re-Melt". L'avvicendamento al contrabbasso di Harald Johnsen in
favore di Sigurd Hole non cambia il periodare del pianista norvegese, ma fissa bene
quelle cuciture tra lui e Vespestad. Le linee di basso hanno una lucentezza implicita,
anche quando i passaggi sono bruni e pastosi; e gioca bene con l'archetto in
"Duality" per sottolineare le sospensioni di Gustavsen che, con naturalezza
costruisce note circolari per dare corpo al brano. Che il pianismo scandinavo sia
vicino alla classica non è un mistero e Gustavsen ne rimarca il connubio con tre
sfolgoranti arrangiamenti di Bach: "Schlafes Bruder", "Jesu, meine Freude/Jesu,
det eneste" e "O Traurigkeit" che, ironia della sorte, materializzano
un roccioso andamento sincopato, arieggiato dalle note pesate della mano destra
del pianista. "O Traurigkeit", invece, vibra di acceso lirismo, nei registri
gravi del pianoforte e nei piatti di Vespestad che argomentano magistralmente discorsi
di varia natura musicale.
Tempi medi, sicuramente sì. Ma senza dimenticare il jazz che si suonava una volta,
con le note ben pensate e capaci di fare discorsi (si ascolti "Curves", per
esempio) e non solo di urlare per dire: quanto sono figo io! Tord Gustavsen e i
suoi sodali hanno altri modi per declamare il loro discorso musicale: con quell'educazione
e quel tatto che solo i grandi compositori, i fuoriclasse sanno dire.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 03/02/2019
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