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Stefano Battaglia Trio
The River Of Anyder
ECM 2151 - 2011 DISTRIB. DUCALE
1. Minas Tirith
2. The River Of Anyder
3. Ararat Dance
4. Return To Bensalem
6. Nowhere Song
7. Sham-bah-iah
8. Bensalem
8. Anagoor
9. Ararat Prayer
10. Anywhere Song
Stefano Battaglia - pianoforte
Salvatore Maiore - contrabbasso
Roberto Dani - batteria
Utopia. Il fil rouge dell'ultimo lavoro di Stefano Battaglia per
l'ECM (terzo in ordine di tempo, dopo "Raccolto" del 2005 e "Re:Pasolini" del 2007)
annoda Francis Bacon con Thomas More, passando per Hildegard von Bingen, Arthur
Rimbaud, Tolkien, Dino Buzzati e approdando alla "santità" di Alce Nero, l'uomo
della "medicina" sciamanica Sioux.
Il pianista milanese si conferma compositore di vaglia, tra i
pochi capaci di immergere il jazz nella classica contemporanea e viceversa, senza
far perdere niente né all'una e né all'altra. Suoni dilatati, sospensioni, i piatti
che creano disegni ritmici e i tamburi a dipingere colori pieni e cerchi di risonanze.
Il volume sonoro in crescendo che apre ad una melodia struggente, spezzata e cristallizzata
dal contrappuntare del contrabbasso ("Minas Tirith"). Un apparente camerismo
che si discioglie nella tessitura di Salvatore Maiore e di Roberto Dani,
eccellenti nel lacerare gli elegiaci accordi di Battaglia ("The River Of Anyder").
L'altalena delle cromature ricche di arabeschi ricalcati dalla danzabilità del percuotere
mediorientale di Dani e dalle corde pizzicate da Maiore, che recita il suo personale
maqam occidentale ("Ararat Dance", "Ararat Prayer"). Fa nuovamente
capolino la matrice europea con la melodia in vetrina, che libera l'abilità nell'improvvisare
di Battaglia: le note controllate nell'attacco e la marcata risonanza che evidenziano
il perfetto equilibrio tra timbro, intensità e ritmo ("Return To Bensalem").
Il leader padroneggia ogni singola nota, pesata, smorzata quanto basta ("Nowhere
Song" e la narrativa e sensuale "Bensalem"); in "Sham-bha-lah"
ribadisce la notevole lucidità compositiva nel costruire, da abile tessitore, una
struttura in crescendo la cui architettura è sorretta magistralmente dall'ipnotico
incedere di Maiore e Dani, per poi liquefarsi nelle note del pianoforte e guadagnare
di tono e materia armonica nella terza parte. Si bagna di lirismo accentato di un'originalità
ricercata in "Anagoor", che esalta la complicità assoluta che regna nel trio,
altro fondamentale comune denominatore di questo lavoro, tanto importante quanto
risplendente di jazz d'ottimo lignaggio.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 04/02/2012
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