Il disco in questione è stato registrato a gennaio
2007 presso gli studi Avatar di New York e non a Oslo al Rainbow Studio
come il precedente. Manu Katchè oggi al secondo album da solista (il primo
uscito sempre per la ECM era Neightborhood) si conferma musicista e compositore
tecnicamente molto dotato e straordinariamente equilibrato e misurato.
Il disco probabilmente non aggiunge nulla alla storia del jazz in quanto
a novità ed esplorazione, ma come il precedente si conferma un bellissimo esemplare
di Mainstream giocato sulla penombra del leader (come nell'immagine in copertina)
e si fa ascoltare piacevolmente senza risultare mai scontato.
La formazione ha un assetto analogo al disco precedente, ma con due nuove
leve a sostituire Jan Garbarek e Tomasz Stanko (veri pilastri della
storia del jazz e della ECM soprattutto, ma ormai non più ragazzini). Al sax soprano
e tenore Trygve Seim musicista piuttosto affermato che da qualche tempo incide
per la Ecm con formazioni a suo nome (The Source, e il suo big Ensemble di
Sangam). Alla tromba Mathias Eick giovane emergente membro stabile di Jaga
Jazzist e Motif che per la stessa eichetta ha collaborato a un paio di altri progetti
(Iro Haarla e Jacob Young), ma a breve uscirà con un disco a nome suo (in quartetto:
Audun Kleive - batteria, Jon Balke - Keyboards, Audun Erlien – Basso elettrico).
Entrambi stanno avendo molto riscontro da parte della critica negli Stati Uniti,
e non solo, ma al di la delle segnalazioni si mostrano davvero molto promettenti
per doti tecniche e creatività (a febbraio US premiere a Portlant per Trygve Seim
e i suoi gruppi e a gennaio International Jazz Award for New Talent a New York per
Mathias Eick).
Al piano e contrabbasso si confermano i due fidi compagni di Tomasz Stanko
che avevano già suonato nel precedente Marcin Wasiliewski e Slawomir Kurkiewicz.
Alla batteria è lui il leader, batterista con Peter Gabriel, Sting, Jan Garbarek,
ecc. a dirigere e deliziare l'ascoltatore con un drumming mai sopra le righe o scontato
e una metronomia da far invidia. In un paio di tracce si inserisce David Torn
alla chitarra, ma senza mutare la sostanza e l'equilibrio della formazione.
Il disco inizia con Matias Eick in maggiore evidenza nella prima traccia
con un suono diafano e assai originale, note lunghe che mostrano subito affinità
con Henriksen,
Molvaer o forse ancor di più con
Stanko. Manfred Eicher sta investendo molto su questo giovane talento
e sicuramente ne sentiremo riparlare in futuro.
Le composizioni sono sempre molto morbide e suadenti, ma senza essere mai
ruffiane e tutti i musicisti suonano in modo impeccabile con un interplay giocato
molto sull'equilibrio.
Alla seconda traccia l'apertura è per Wasiliewski che col suo tocco
magico e inquietante fa sognare e pian piano anche Trygve Seim si fa spazio
dapprima al soprano poi al tenore con la quella sua voce potente e originale (assai
affine a Garbarek, ma assolutamente riconoscibile).
Alla terza traccia è la volta di Kurkiewicz che introduce producendosi
in un assolo e dopo un introduzione giocata sui singoli elementi il disco prosegue
con un sound estremamente corale (come già detto molto equilibrato).
Manu Katchè solo all'undicesima traccia si fa sentire un po' di più, ma sempre
senza strafare.
Per tutto il disco Katchè, come per il precedente non mostra mai i
muscoli e suona alla grandissima con quel suo fare puntuale e melodico.
In conclusione, cos'altro aggiungere se non "Bravo!!" a Manu Katchè
e a tutti suoi compagni di viaggio per un disco di grande qualità e misura.
Ora non rimane che attendere il prossimo album di Mathias Eick (registrato
nei giorni) ascoltando e godendosi questo.
Luca Vitali per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 11/11/2007
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