|
Wolfert Brederode 4tet
Post Scriptum
ECM 2011 - Ecm 2184 Distribuzione Ducale
1. Meander
2. Angelico
3. November
4. Post Scriptum
5. Hybrids
6. Inner Dance
7. Aceh
8. Post Scriptum, var.
9. Brun
10. Sofja
11. Augenblich in der Garderobe des Sommers
12. Silver Cloud
13. Wall View
14. Silver Cloud, var.
Wolfert Brederode - pianoforte
Claudio Puntin - clarinetto
Mats Eilertsen - contrabbasso
Samuel Rohrer - batteria
L'aria fresca arriva dal Nord Europa. E non è uno scontato bollettino meteorologico
a dirlo, ma un bel pentagramma dalle note scritte con grafia chiara, scorrevole
e con un vocabolario ricco di belle novità che ha messo in saccoccia il mainstream
americano per irrorare il panorama musicale di linfa vitale. Una conferma ulteriore
arriva dal trentasettenne olandese Wolfert Brederode, forte di tante esperienze
(al fianco di
David Liebman, Jeanne Lee,
Arve Henriksen,
Ack Van Rooyen, John Ruocco,
Rachel Gould,
Ronan Guilfoyle, Tony Lakatos, Harry Sokal, Trygve Seim,
Michel Portal, Olavi Louhivuori, Tore Brunborg, Jojo Mayer,
Wolfgang Puschnig, Esther Apituley, Afra Mussawisade, Eric Vloeimans,
Cristina Branco, Susanne Abbuhel, per esempio) e con diciannove dischi sul groppone,
prima di Post Scriptum, che fa' coppia con Currents (2004)
per l'ECM (nel mezzo ha inciso per la casa di Manfred Eicher Compass, della Abbuhel).
Brederode ha una scrittura prodigiosa ed un tocco già personale, misto di passione
e romanticismo. Si badi bene che, però, non v'è alcun manierismo, nessuna melanconia
ammorbante. I brani sono sempre ricchi di tensioni armoniche, aperti ad avvincenti
evoluzioni dominate dal forbito pianista e giocate sul montaggio di Samuel Roher.
Una concezione compositiva scolpita nella melodia, sempre evidente tanto quanto
le divagazioni cesellate dal clarinetto di Claudio Puntin, sintatticamente perfetto.
A Mats Eilertsen spetta il compito di cucire e spingere sull'acceleratore
o rallentare quanto basta anche nei passaggi più articolati, carichi di sfumature,
dominati da pedali, respiri e da sinfonici crescendo (Angelico). Non v'è
un brano che stanchi l'udito, i tempi sono dettati dal sorprendente interplay che
crea algoritmi vitali e lascia di stucco per la dislocazione timbrica, per il gusto
ricercato e l'inventiva che gioca sull'improvvisazione di quegli accordi che sono
merce della musica colta (Novembre), o su archetipi siderali dove ogni nota
pesa come un macigno (Post Scriptum) o, ancora, nei dolenti accenti di contemporaneità
di Hybirds, firmata da Rohrer, con il fraseggio parlato del leader. Bene
anche il profilo narrativo, come nelle note cinematografiche di Brun, composizione
di Mats Eilersten che dà risalto al rotondo suono del suo contrabbasso.
Un lavoro con i fiocchi che spalanca ancor più la porta della neu musik del
jazz, i cui stipiti sono sempre più europei.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
Inserisci un commento
Questa pagina è stata visitata 1.986 volte
Data pubblicazione: 06/11/2011
|
|