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Shinya Fukumori Trio
For 2 Akis
ECM (2018)
1. Hoshi Meguri No Uta
2. Silent Caos
3. Ai San San
4. For 2 Akis
5. The Light Suite: Kojo no tsuki, Into The Light, The Light
6. No Goodbye
7. Spectacular
8. Mangetsu no yube
9. Emeraude
10. Whe The Day Is Done
11. Hoshi meguri no uta (var.)
Matthieu Bordenave - sassofono tenore Walter Lang - pianoforte Shinya Fukumori - batteria
Se è vero che Shinya Fukumori ha lasciato il Giappone
all'età di diciassette anni per studiare al prestigioso Berkely, è altrettanto vero
che porta il Sol Levante nel suo cuore e nella sua musica; indi, vi è poco, pochissimo
di americano nelle sue corde. E questo, con franchezza, costituisce il valore aggiunto
della sua opera "For 2 Akis". Un lavoro che si apre con la tipica linea melodica
giapponese ben costruita dalle armonie ben scandite da Lang con il sassofono tenore
a disegnare il basso continuo e le spazzole del leader che creano un ritmo suggerito,
delicato ma ben presente. Quello che appare, con marcata evidenza, è l'appartenenza
di Fukumori all'universo jazzistico europeo: visto che risiede in Germania dal 2013.
Qui non vi è nulla di muscolare, non vi sono virtuosismi sterili e fini a se stessi,
ma composizioni riflessive, ordite ora dalle suggestioni del soffiato del tenore
di Bordenave, capace di creare atmosfere oniriche ("Silent Caos"); oppure
affidate alle sospensioni, alle note pesate e calibrate da Lang, sempre nel rispetto
della melodia, che è la traccia espressionistica di Fukumori: così, nel crescendo
epico di "Ali San San" il batterista giapponese costruisce architravi
ritmiche con i piatti, con raffinata delicatezza.
Fukumori è giovane (classe 1984) e questo è il suo album d'esordio da leader. Invero,
vista la maturità espressiva non sembrerebbe una première. L'approccio alla
composizione è quello di un musicista che ha già vissuto qualche vita, qualche epoca
e qualche emisfero geografico. "For 2 Akis", brano portante del disco, tiene
a mente tante lezioni di stile, ma con un profondo solco di personalità che emerge
in ogni tratto. L'iniziale duettare tra Walter Lang e Matthieu Bordenave è sì romantico,
ma così fulgente da illuminare una scena già ben radiosa, costruita su movimenti
ritmico-armonici tanto vicini all' hogaku quanto alle sonorità mitteleuropee.
"The Light Suite" è un argomento che si aggiunge. L'incipit scandito dal
tambureggiare leggero e rarefatto di Fukumori e dal rimpiattino di Lang, prima di
schiudersi nelle note quasi debussiane pennellate dal pianoforte. Più che una suite,
potrebbe essere un'opera (breve, brevissima) con il belcanto affidato a Bordenave,
maestro nel suono lirico. E i movimenti ci conducono verso l'esplosione finale,
con i registri alti del sassofono, i piatti e l'incalzante pedale del pianoforte
che partoriscono una nuova fusion.
Tracce a stelle e strisce s'ascoltano solo in "No Goodbye": unico brano nel
quale si assapora il mainstream, con un tema da Tin Pan Alley.
Oriente e Centro-Nord Europa si incontrano nella musica di Fukumori, senza fare
a pugni. E Fukumori non fa massacrare l'una in favore dell'altra: riesce a chiudere
bene il cerchio intorno a loro, come in "Mangetsu no yube" dove al ritmo
occidentale "ingabbiato" ad arte dal batterista nipponico, risponde una melodia
orientale affidata al magistrale sassofono del francese Bordenave, corroborato dal
pianismo accorto del tedesco Lang. Fukumori ha respirato a pieni polmoni anche l'aria
di casa Ecm e, in particolare, la cura del suono di Manfred Eicher. I tre musicisti
costruiscono frasi e armonie in modo orchestrale, curando ogni accento e liberando
– e liberandosi – acquerelli sonori di rara intensità emotiva, come accade in
"Emeraude".
Un artista, un trio per ricordarsi quanto sia importante per
il jazz percorrere le strade del mondo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 27/01/2019
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