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Keith Jarrett
La Fenice
Ecm (2018)
I cd:
1. Part I
2. Part II
3. Part III
4. Part IV
5. Part V
II cd:
1. Part VI
2. The Sun Whose Rays
3. Part VII
4. Part VIII
5. My Wild Irish Rose
6. Stella By Starlight
7. Blossom
Keith Jarrett - pianoforte
Si può dire che, allo stato dei fatti, la dimensione più
consona alla sensibilità di Keith Jarrett, sia quella solipsistica: lui e il pianoforte.
Una summa, una delle varie alle quali il pianista di Allentown ci ha abituati, è
racchiusa in questo doppio album registrato – manco a dirlo, live – al teatro La
Fenice di Venezia il lontano 19 giugno 2006. Altri ne verranno: questo è certo,
ma al momento qui sono racchiusi momenti di rara poetica pianistica che solo chi
abbia a cuore tanto la musica classica, che l'improvvisazione, poteva realizzare.
La prima metà del lavoro è interamente dedicata all'improvvisazione allo stato puro,
quella jarrettiana tanto per intenderci, con l'impeto di chi suona componendo o
viceversa. Jarrett parte da una cellula melodica, da un accordo o da una semplice
nota, suggeritagli istantaneamente dal mood del momento.
"Part I" ha l'incipit della contemporaneità, delle struggenti dissonanze
con l'utilizzo delle note più acute a sottolineare i passaggi temporali, per poi
approdare per abbrivio a tonalità apparentemente più romantiche. Così riscaldatosi,
in "Part II" sciorina veemenza, impeto – prende a canticchiare, a muggire
le note – dimostrando sempre quanto sia padrone degli ottantotto tasti. Nell'alternarsi
di sentimenti, in "Part III" descrive un blues alla sua maniera con abbellimenti
e fioriture vigorose. "Part IV" è scritta sulla rugiada del mattino, con
la melodia ben disegnata e descritta con la mano destra. "Part V" odora di
mainstream, subito sepolto sotto una gragnuola di note, di vigorosi arpeggi e un
muscoloso periodare.
Nella seconda parte, tra tre improvvisazioni di vaglia, declina il suo verbo di
architetto di standard, prima lasciando vibrare la cantabilità di "The Sun Whose
Rays", costruendo – nota dopo nota – la sua decostruzione, con dolcezza, lasciando
il refrain sempre in loop. Poi, verga a par suo "My Wild Irish Rose", infarcendola
di sinfonico lirismo. Marca a fuoco, ancora una volta, l'evergreen "Stella By
Starlight" agendo da improvvisatore di razza, sovrapponendo vamp e soluzioni
ritmiche geniali. La chiusura è affidata a "Blossom" nell'altalena di emozioni
che solo un grande pianista, un grande improvvisatore può regalare.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/09/2019
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