Brass Group di Palermo "Musiche del nostro tempo"
Archie Shepp
Quintet: I'm a sentimentalist
Palermo, 27 giugno 2003 – Chiesa di Santa Maria dello Spasimo
di Antonio
Terzo photo by Gianmichele Taormina
Archie Shepp, Wayne Dockery, Massimo Faraò, Bobby
Durham
Con incedere lento, cappello grigio a tesa media e sax alla mano, guadagna il palco il mitico
Archie Shepp, l'anima più nera del jazz dal sound R&B. Il resto del gruppo si accomoda, lui toglie la giacca per la notevole umidità, quindi assicura il tenore alla tracolla e soffia la sua arte dentro lo strumento:
a tratti un po' spurio, a tratti stridente, il suo sax produce tuttavia un jazz nero, con punte funky-blues d'irresistibile fascino… Noto per le sue interminabili volate solistiche, anche questa volta
Shepp non si smentisce, sviscerando ad ogni brano tutto ciò che la sua maestria e la sua sensibilità gli suggeriscono. Il supporto dei compagni di palco e di viaggio, Bobby Durham e Wayne Dockery, anch'essi stimati senatori del jazz, gli consente un fraseggio inesauribile, altresì sottolineato dal
pianismo fluido e ricco d'ispirazioni boppeggianti di Massimo Faraò, unico tasto bianco fra le sfumature grigio-nere dei cromatismi scenici. Sempre
Shepp
principia
God Bless the Child, blues assai intrigante strutturato solo emotivamente come tale, ma reso armonicamente particolare sia dalle frasi molto discorsive e zeppe di sincopi dell'ottimo Dockery, sia dal fantasioso drumming rilasciato da Durham nel suo solo. Poi, con la medesima lentezza con cui aveva fatto ingresso,
Shepp sfila il copribocchino e, sostenuto dalla sola percussività delle batterie, svolge dondolandosi un altro lungo assolo, suggellato da un applauso altrettanto generoso. Durham alle spazzole rende ancor più soffusa la cadenza ritmica quasi da night club a tarda ora. Ispiratissimo, quasi lirico si potrebbe definire l'assolo del pianista genovese se non fosse impegnato in un blues, per un'esposizione lucida e coerente. E sorprendentemente per chi ne conosceva solo il registro strumentale,
Shepp si produce anche alla voce, modulata
esattamente come il sax, con identiche sfumature timbriche ed omologo gioco di
tensioni e distensioni dinamiche: fragoroso l'apprezzamento dei presenti.
Poi Blues for Blakey, brano a firma Durham in omaggio al grande Art Blakey, con un'imprescindibile intro di batteria dello stesso autore al rullante, quasi una marcia, per un altro blues dalla struttura armonica "atipica". Ancora un intenso ed aggraziato canto del contrabbasso, con controaccenti ritmici di contrasto rispetto al propulsivo beat di Durham, che con il suo poliritmico rullante parla con la batteria, anzi la fa parlare per sé. E' la volta di
The thought of you, una ballad di Erroll Garner della cui introduzione si incarica
Massimo Faraò.
Sopperendo all'assenza di
Ondina Sannino, vocalist che avrebbe dovuto completare l'annunciato quintetto, la voce confidenziale e limpidissima è inaspettatamente quella di Durham, mentre nel solo ad essa si avvicenda quella calda e temperata del tenore del bandleader.
E' proprio un
pezzo di storia del jazz, lo si vede da come si diverte a proporre variamente i
pezzi, con gran disinvoltura. Incredibile e suggestivo il falsetto finale del
batterista, intonatissimo nonostante l'altezza… e l'età!
Acme dell'esibizione è certamente un classico del repertorio del sassofonista che adesso imbraccia il soprano e dà inizio a
Steam, scritta con il cugino a 15 anni: un circolo vizioso a spirale, costruito su due soli accordi a distanza di semitono, su cui il nostro canta pure, sebbene il solo al soprano sia senza dubbio più convincente del singing in tonalità impossibile per la sua
estensione non ampissima da settantenne!
Un jazz che torna alle radici, quelle più "afro", quelle più blues, e non c'è persona tra i presenti che non si dondoli o non tenga il tempo con i piedi, le mani, la testa… Certo la rabbia degli anni '70 oggi si è per fortuna attenuata, e conseguentemente anche la sua musica si è resa più disponibile a certi toni meno radicali. Eppure, alla fine di quasi tutti i suoi assolo,
Shepp, "padrone" del palco, fa un provocatorio inchino verso il pubblico che, sedotto e "soggiogato", è indotto, praticamente costretto all'applauso, riflesso condizionato dall'inquietante sapore sarcasticamente "rivendicativo"... Ed una dedica alla musica nera per eccellenza, quella il cui carattere rabbioso ha finito per consacrare questo grande musicista nel pantheon della controcultura afromericana, è
We Are the Blues, altro blues sanguigno dalla
struttura stavolta regolare, durante il quale il sassofonista esprime tutta la propria grinta, invita a battere le mani a ritmo, canta, tenendo il palco da consumato artista e facendosi artefice di un altro trascinante solo.
Poi, attraverso gli interventi solistici di ciascuno, rende merito anche ad ogni componente della band.
Una breve uscita di scena, giusto per riprendere fiato e farsi acclamare dalla platea, quindi inizia
Round About Midnight, un'esecuzione toccante e magistralmente poetica… Altrettanto emozionante
l'elegante interludio di Faraò, ancora una volta perfettamente all'altezza della titolata compagine cui si trova a fianco, e a ruota, sull'inciso, un avvolgente monologo di Dockery, mentre sul finale più ritmato del celebre tema monkiano si liberano gli
animi del gruppo e degli astanti.
Dato l'incitamento del pubblico, il quartetto dovrà prodursi in ben altri due brani, un blues dal ritmo funky e, infine, una pregevole
Tomorrow will be another day, accompagnata dal piano, in un feeling intimistico per la profonda e vibrante voce di
Shepp, quasi da crooner, ed assolo al soprano che meglio sottolinea le sue corde romantiche: He is a sentimentalist!
Questo l'ultimo appuntamento della rassegna Musiche del nostro tempo organizzata dal Brass Group di Palermo cui abbiamo assistito. Auspicando che anche il prossimo anno la manifestazione ospiti un cast artistico di pari livello, e che Jazzitalia possa dare ancora il proprio contributo divulgativo seguendone i concerti, un particolare ringraziamento vada alla gentile Addetto Stampa del Brass, nonché a tutto lo staff di collaboratori del presidente
Garsia, dal ticket office alle relazioni con gli artisti, per la cortese disponibilità.
photo by Gianmichele Taormina
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Data pubblicazione: 06/09/2003
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