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Ridotto dello Spasimo - Brass Group Palermo
The Art of Trio
Steve Kuhn (p), George Mraz (b), Joey Baron (d) – 16 novembre 2004

Come Together
Lynne Arriale (p), Jay Anderson (b), Steve Davis (d) – 30 novembre 2004
di Antonio Terzo

È partita sotto i migliori auspici "Blue Brass", la stagione invernale del Brass Group di Palermo. Inaugurata la saletta del Ridotto all'interno del complesso monumentale di Santa Maria allo Spasimo, vero e proprio jazz club che per l'associazione palermitana costituisce quasi un ritorno alle origini, il concerto d'apertura, giorno 16 novembre, è stato affidato a The Art of Trio di uno smagliante Steve Kuhn, pianista dai trascorsi illustri che con George Mraz al contrabbasso e Joey Baron alla batteria, ha saputo creare le atmosfere tipiche dei jazz club tradizionali.

Sotto la scritta blu elettrico che campeggia sullo sfondo del club, Kuhn è partito con There is no greatest love, per il quale ha attraversato vari ritmi, tutti puntualmente assecondati dai due compagni di palco, un fiume di citazioni – ironica ma per qualcuno anche fastidiosa quella de "Il Padrino" – pulite e ben incastrate nel lucido fraseggio e nell'armonia del noto standard. Ampi gli spazi melodici solcati dal solo di contrabbasso con eleganza e vene di romanticismo, cui risponde il variegato drumming di Baron, per un dialogo che promana dagli spunti offerti dal piano. Favolosa versione di Ladies in mercedes (Steve Swallow), modulata in accattivante samba, il suo tocco, che istilla modernità, viaggia a ritmo sostenuto e lieve, mentre Mraz, visibilmente non a proprio agio con un contrabbasso non suo, riesce comunque a rendere un assolo ben strutturato.

Fra i pezzi scritti dal pianista, non molti in verità, merita attenzione
Oceans in the sky , introdotto dalle spazzole fra piatti e rullanti, per poi sfociare in un formidabile 6/8. Se ne fa protagonista la dinamicità e policromia di Baron, in stupenda intesa con il bandleader, che gli consente anche un break , questa volta alle bacchette, ma non per questo meno leggiadro. Elevato il lirismo in Stella by starlight , contrabbasso artefice di un sentito intervento enarmonico, piano a tratti stridente che rilascia momenti di grande pathos, indugiando sugli accordi di diminuita. Chiuso il primo set con Superjet di Tadd Dameron, un bop che spezza le dense linee del precedente brano, il concerto si muove lungo i binari della tradizione, e attraverso Speak low, resa in un fast davvero avvincente attaccato ai sedicesimi del piano e agli ottavi di un contrabbasso pieno di brio, si giunge a I thought about you, altra ballad ricca di citazioni e riferimenti.

Culmine del concerto è senza alcun dubbio la parkeriana
Confimation, che le mani nodose di Kuhn espongono con una perla introduttiva in solitario, percorrendo sicure i tasti, lasciando all'era propria del bop i brucianti virtuosismi ed aprire, invece, alle pregevoli rifiniture degli esecutori. Baron, attento a tutti i costrutti del pianista, li ripete marcandone gli accenti sul suo strumento, montando fino a chiamare a sé un fill-in: una forza della natura, non tanto per potenza quanto per l'abilità a padroneggiare ritmicamente i brani. Sul cadenzato applauso finale Kuhn cuce un blues e poi un'arabeggiante The Zoo (dal suo Dedication), struttura semplice su cui s'adagia largo il respiro del contrabbasso, mentre in coda il leader canta anche il testo, con voce secca ed afona, ma intonata.

Dunque un piano-trio certamente retto da Kuhn e Baron, ma in cui Mraz non ha affatto sfigurato.

Altro piano trio, questa volta al femminile, il 30 novembre con Lynne Arriale, a proporre una dimensione più pacata e riflessiva di questa formula abituale ma per nulla facile da affrontare: non a caso la pianista è con il suo trio affiancata a nomi fondamentali per questa minima ma grande formazione. Elegante in un tubino di raso scuro, la Arriale apre con Iko, Iko, composizione olografa tratta dall'ultimo cd Come together che dà titolo al concerto: un funky acustico, lento e sensuale, creato dagli accordi di nona impressi sulla tastiera dalla sua mano sinistra, giusta base per le costruzioni estemporanee prettamente jazzistiche della destra, rapide, precise, mentre Jay Anderson al contrabbasso gioca molto sui tempi sincopati della batteria di Steve Davis. Molto tesa e grave l'introduzione piano-contrabbasso per Alone together, a mettere in luce le qualità di arrangiatrice della musicista di Milwaukee, cui fa riscontro l'incedere pieno di Davis, a sospingere sulle spazzole il contrabbasso verso variazioni del tema. Ariosa Blackbird, della beatlesiana coppia Lennon/McCartney, contrabbasso un po' troppo sotto le righe il cui timbro lascia perplessi, almeno in questo frangente. Ineccepibile, invece, il moto leggero e serrato di Davis che regala al motivo un piglio acoustic-fusion. Segue Calypso, che dei colori caribe ha non soltanto il nome ma pure la freschezza e l'andamento, tinteggiato da Davis e, di qui a poco, dal suo break. Spicca finalmente il contrabbasso, che con fantasiose frasi inframmezzate da triadi riesce ad avere la meglio sul suono impastato dello strumento. Inizio lentissimo per Estate, a scavare sul lato struggente del celebre brano di Bruno Martino, per poi divenire più sensuale, dondolando sulle agili sticks di Davis e sulla sinistra della Arriale, la quale si discosta dall'originaria griglia armonica, indice di un'irrefrenabile tendenza a trovare nuove soluzioni, anche in immediatezza. Si va verso l'intervallo con Seven Steps To Heaven, sulle cui pause si rivela in tutta la sua dinamicità e forza cromatica la consonanza fra pianista e batterista, laddove il walking bass induce piuttosto ad una digressione più boppistica.

Si riparte con gli accordi apparentemente scoordinati di Monk per Bemsha Swing, in un contesto in cui i tre sono volutamente sovrapposti fin quando insieme non giungono al chorus blues, senza rinunciare alle sincopi tipiche dell'introversa creatività monkiana. Più spigliato che nel primo set il contrabbasso, il cui suono sembra perfino più distinto negli scambi con la batteria, in un progressivo "rallentando" finale. Si prosegue con il mambo stretto e vorticoso di Esperanza (da Arise), quindi Come together, ancora Beatles, in un adattamento comunicativo sia per le trovate ritmo-ludiche escogitate in accordo con la batteria, sia per la capacità improvvisativa della nostra, che per fortuna nulla ha a che vedere con la sua rigida compostezza. Ma è con Blue In Green di Evans che il piano della Arriale tocca l'apice del lirismo, contornata dall'hand-drumming di Davis e dalle citazioni di Anderson. Infine Sunburst, altro originale della jazzista, bruciante, a metà fra bop e jazz contemporaneo, dove i tre si esprimono rimarcando ancora le proprie personali caratteristiche: Davis la esplosiva versatilità ritmica, Anderson l'intensità espressiva del suo contrabbasso, la Arriale la brillante interpretazione pianistica.

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Data pubblicazione: 04/12/2004

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