Mike Reed's People, Places & Things
Stories and Negotiations
(482 Music)
1. Song of a Star
2. Third Option (for Art Hoyle)
3. El is a Sound of Joy
4. Wilbur's Tune
5. The And of 2 (for Ira Sullivan)
6. Door #1 (for Julian Priester)
7. Urnack
8. Lost and Found
Mike Reed - batteria
Jason Roebke - contrabbasso
Tim Haldeman - sax tenore
Greg Ward - sax contralto
Art Hoyle - tromba e flicorno
Julian Priester - trombone
Ira Sullivan - sax tenore
Jeb Bishop - trombone
Il graffiante quartetto guidato dal batterista americano sviluppa un progetto concepito
al momento della sua costituzione, ossia quello di rivisitare la musica di Chicago,
dimostrando la continuità – dall'hard-bop della metà degli anni '50 all'AACM (fondata
nel 1965, e tuttora esistente) – con quello che sta succedendo oggi. Per l'occasione
il quartetto raddoppia ospitando tre musicisti veterani, Hoyle e Priester,
entrambi ex membri della band di Sun Ra ed Ira Sullivan, che colpì
il giovane Reed per l'incoraggiamento ricevuto durante una jam session di
tredici anni fa. Accanto ad essi, il batterista ha convocato inoltre un elemento
dirompente della scena musicale chicagoana, il trombonista Bishop.
Inserito nel lettore, il disco si lascia ascoltare fino alla fine, nonostante
una durata che oltrepassa i sessanta minuti. Merito della bravura dell'ottetto,
di una freschezza negli assolo, di una perfetta comunicazione tra i sei fiati, di
un perfetto sincronismo della ritmica, pronta ad effettuare stop improvvisi o a
partire snella ad altissima velocità. Ottimo l'uso delle spazzole, swingante ed
incisivo nell'iniziale "Song Of A Star". E felice l'intercambiabilità di
tempo tra l'afro e lo swing in "Wilbur's Tune". In scaletta, tre brani originali,
omaggio ai tre musicisti veterani, coronano un'intesa anche compositiva tra Reed
e l'altosassofonista Greg Ward. Il disco è ricco di swing e di colori, di
sfumature da scoprire ascolto dopo ascolto e ci fa desiderare di vedere dal vivo
una formazione così esplosiva, la quale è anche la dimostrazione del legame esistente
tra due generazioni così lontane, eppure caratterialmente così vicine grazie ad
un comune sentire musicale.
Giovanni Greto per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 06/03/2011
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