Gilberto Gil
Electroacústico
22 luglio, Anfiteatro
di Zafferana Etnea - Catania
di Antonio Terzo
foto di Roberto Celestino Bellavia
Chi il giorno 22 luglio si è recato all'Anfiteatro di Zafferana Etnea per vedere e soprattutto sentire una icona della musica popolare brasiliana, nonché attuale Ministro della Cultura del Brasile, nella persona di Gilberto Gil, probabilmente sarà rimasto soddisfatto, dato che non capita spesso l'opportunità che invece ha offerto la rassegna
EtnaFest 2005 – animatrice delle serate di Catania e provincia durante l'arco della sua programmazione – la quale, in occasione di quest'ultimo appuntamento, ha riempito l'arena all'inverosimile.
L'insigne ospite è stato presentato dal direttore artistico Gianni Gualberto Morelenbaum
che si è detto orgoglioso della risposta della cittadinanza all'intera manifestazione ed in particolare al concerto di
Gil. Sotto il profilo musicale, lasciando forse deluso chi invece avrebbe voluto ascoltare i brani più "caratteristici" di quel paese – Agua de beber, Garota de Ipanema –, il concerto del tour
Electracústico è stato una carrellata della memoria musicale di Gil, fruibile solo ai conoscitori del suo repertorio: è in questo modo che egli ha attraversato la storia di quel paese, la sua cultura, la quale oggi si può ritenere abbia preso coscienza grazie a quel "movimento tropicalista" di cui
Gil è stato e rimane esponente, insieme a Caetano Veloso e ad altri della medesima levatura musicale e culturale (Gal Costa, Maria Bethânia). Sono allora sì mancate le canzoni più "oleografiche", se si vuole, della tradizione brasiliana, ma
Gil ha saputo imbastire una scaletta in cui la cultura e la storia del Brasile e del Sudamerica trasudavano ad ogni brano e ad ogni nota.
A parte l'apertura con Refavela, fra i brani che sono rimasti nella mente, Touche pas a mon pote, introdotto dagli steeldrums di Gustavo Di Dalva, maestosa la fisarmonica di Cicero Assis, un brano sulla fratellanza fra i popoli i cui versi citano artisti che hanno reso grande la Francia pur non essendo francesi d'origine (l'armeno Charles Aznavour, il tennista d'origine camerunense Yannik Noah, l'elvetico Jean Luc Goddard, etc.,), quindi Chuck Berry Fields forever, un omaggio a ritmo di reggae – sulla falsariga di
Strawberry fields forever – ad un chitarrista che ha scritto la storia del rhythm&blues, poi una composizione sull'origine del ritmo di tango, cui avrebbero contribuito i ritmi africani – "tan-go-tan-go" – provenienti dalle regioni oggetto delle deportazioni schiaviste.
Delicatissima Imagine, "cover" significativa per la crescita artistica di
Gil ma ancor di più per le parole di speranza che ben si sposano con il suo messaggio musical-culturale, con contrappunto di fisarmonica costruito su un latente ritmo di bahia. Immancabile A Rita di Chico Buarque de Hollanda, con inserimento di Sergio Chiavazzoli alla mandola dalle sfumature nette e pungenti, ed un altro cavallo di battaglia del nostro, Aquele Abraço, ritmata e divertente, con parte della platea che, ormai totalmente presa, balla alla sinistra del palco: e Gil ne approfitta per coinvolgere ancora di più il caloroso pubblico, intrattenendo degli scambi vocali cui tutto l'anfiteatro partecipa. Particolarmente intenso il brano dedicato agli schiavi deportati in massa dai colonizzatori francesi, La lune de Gorée, non a caso scritta in francese da José Carlos Capinan, quindi ancora un tributo ad un altro poeta del pacifismo e della libertà, Bob Marley, con la sua celeberrima Three little birds cantata da tutti i presenti. Nervosa la fisarmonica sul ritmo degli steeldrums, impazzano le coreografie alla sinistra del protagonista in Asa branca, con assolo di tutti gli strumentisti, Marcos Suzano alla tammorra, fingerpicking quasi country di
Chiavazzoli al banjo, e a seguire No woman no cry, ancora Marley e ancora grande partecipazione degli astanti, molto suggestiva in portoghese. Ultimo brano Soy loco por ti America, scritta in coppia con Capinan il cui ritornello è ripetuto dal teatro all'infinito a supportare il proprio beniamino che ormai non risparmia più le energie. Fra i bis, delizioso il valzer Farolito di Augustín Lara, con
Gil quasi commosso nel presentarlo ed interpretarlo e per finire il grande ritmo e la veemenza di Nos baraccos da citade.
E se la gente all'uscita era divertita e contenta, chi si attendeva un Brasile "oleografico" allora, forse, aveva torto.
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Data pubblicazione: 10/08/2005
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