Jazzitalia - Peala, Angelini, Bearzatti: Move Is
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Peala, Angelini, Bearzatti
Move Is



ReThink Art Records (2011)

1. See Berg
2. Il fanfarone
3. No spring for Marnie
4. Mulholland
5. Umberto
6. Gena
7. Face à l’inconnu
8. Guardieladri
9. A special day
10. Done it right!
11. Was it you?
12. L’orage

Thierry Peala - voce
Francesto Bearzatti - alto sax, clarinetto
Bruno Angelini - pianoforte

Testi di Gill Gladstone, Viviana Moscatelli, Joelle Peter, Laura Littiardi,
Registrato a Udine il 19, 20 e 21 aprile 2010


La "re:think-artrecords" è una piccola label indipendente, nata nel 2009, che si distingue, per la cura dei suoi prodotti; cura che investe tutti gli aspetti della produzione: dal concepimento dell'album alla scelta dei musicisti, dello studio di incisione, al packaging e alla grafica di copertina. Questo MOVE IS non fa eccezione e appare prodotto discografico-editoriale di qualità elevata.

Seppur a nome collettivo questo è di fatto un disco di Angelini che firma dieci brani sui dodici che compongono l'album, gli altri due sono di Bearzatti.
Pianista dai riferimenti culturali ampi Angelini si muove a suo agio in un territorio al confine tra musica tardo impressionista, canzone d'autore e pianismo genericamente jazz. Thierry Peala è cantante sobrio, asciutto e misurato che, perlomeno nel timbro vocale, ricorda da vicino Jackie Paris, Bearzatti è musicista di grandissimo valore qui costretto e compresso in un ambito cameristico, vagamente impressionistico molto "france a la mode" che non gli giova e non giova complessivamente alla musica e alla riuscita dell'album.

Ma torniamo daccapo. L'ispirazione del disco è, fin dal titolo, dichiaratamente filmica,considerata la sua preminenza compositiva supponiamo Angelini il cinofilo dei tre.

I film e gli attori fonte di ispirazione sono "universalmente noti" spaziando da "A bout de souffle" di Godard, a "Umberto D" di De Sica, da "Guardie e Ladri" di Monicelli, all'hitchcockiano "Marnie" e complessivamente sono riferimenti talmente straordinari e ricchi di invenzioni narrative e visive che non possono non suscitare ammirazione: Viene allora il sospetto che il riferimento sia fors'anche un diversivo e insieme un passaporto o patente di "culturalità"; come a dire: "…io ho visto e tanto apprezzato questi capolavori della storia del cinema (e pertanto dell'arte e dell'ingegno umano) come potete voi non apprezzare, di conseguenza, la mia musica?". Questi pensieri hanno una conferma nella musica di Angelini, spesso prevedibile e non particolarmente emozionante, scarse emozioni provengono anche dal canto di Peala insoddifacente, non più d'altri, quando espone temi musicali senza parole e quando improvvisa con una tecnica scat risalente almeno a 50-60 anni fa. Ma il suo timbro di voce è originale, la sua dizione chiara, il suo canto sobrio e mai sopra le righe, dote quest'ultima da non sottovalutare. Aspettiamo di ascoltarlo in un contesto a lui più congeniale e generalmente più stimolante. I momenti di maggior intensità, ricchezza e profondità musicale provengono invece dal bravissimo Bearzatti: suo è l'assolo di clarinetto che illumina "Il Fanfarone", sue le due composizioni ("No Spring For Marnie" e "Guardieladri") che spiccano sulle altre per il rilievo ritmico melodico.La "Mullholland" di Angelini è bel tema, ombroso e spaziato, un "dirge" poco o nulla valorizzato dalla scelta cameristica che, per limiti oggettivi, non possiede alcuna varietà e ricchezza timbrica; il pianismo post-debussiano di Angelini non giova alla riuscita. Sette brani hanno un testo, più o meno liberamente ispirato al film di riferimento, di questi quattro sono in inglese due in italiano e uno in francese a denunciare l'ambizione internazione del disco. "Umberto" su testo in italiano di Viviane Moscatelli è chiaramente riferito al personaggio del capolavoro di De Sica, però ci pare che le assonanze, come anche per gli altri brani, finiscano qui. In "Gena" il tema viene esposto dopo una ritmata e lunga parte introduttiva del pianoforte di Angelini, a seguire Bearzatti e poi ancora Peala che pare notevolmente più a suo agio con il canto piano che non con lo scatpoi il tema ancora all'unisono contralto- voce.

E così il disco "scorre" per poco meno di un ora. Il cambio di lingua non modifica l'atmosfera generale del disco, anche se ovviamente Peala appare più a suo agio nella lingua materna.

Andrea Gaggero per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 18/10/2011

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