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Nils Petter Molvaer
Baboon Moon
Sony Music (2012)
1. Mercury Heart
2. A Small Realm
3. Recoil
4. Bloodline
5. Sleep With Echoes
6. Blue Fandango
7. Prince Of Calm
8. Coded
9. Baboon Moon
Nils Petter Molvaer
- tromba elettrica e acustica, voci, loops, bass synth
Stian Westerhus - chitarra elettrica e acustica, chitarra
baritono, synth analogico, percussioni, takezither, harmonium, voce, piano verticale
preparato, elettronica)
Erland Dahlen - batteria, log drum, steel drum, percussioni
metalliche, sega cantante, harmonium, campane, candybox shaker
Susanne Sundler - voce (9)
Dopo dieci anni si cambia. Non è una regola, però può far bene
prendersi una vacanza anche dagli amici o dai compagni di viaggio soliti.
Nils Petter Molvaer
lo fa e cambia tutto. Lascia a casa Eivind Aarest, con lui da Khmer del 1998, Ecm),
Jan Bang (più fresca la sua appartenenza al sodalizio) e l'intero combo dei
precedenti lavori, per dare maggiore consistenza al nuovo percorso iniziato con
Hamada. Il polistrumentista norvegese si mette al fianco Stian Westerhus, che suona
di tutto ed ha un'anima post-rock bell'accentata; Erland Dahlen, batterista
e percussionista prismatico e tentacolare e, solo per il tenebroso crescendo
dell'eponimo brano, l'eco della cristallina voce in loop di Susanne Sundler.
Molvaer non sta fermo un attimo e batte nuove vie, trasfigurando
il jazz in dark, lì dove coesistono linguaggi diversi nel suo soffiato lirico,
vibrante e nelle sventagliate ruvide della chitarra di Westerhus ("Mercury Heart");
trova pace nelle misture elettroniche psichedeliche nella sognante "A Small Realm";
stride e s'invola nell'irrequieto nervosismo battente di "Recoil", con Dhalen
che getta benzina sul fuoco con un drumming incalzante. Fa sentire la sua voce strumentale
più cantabile nelle crepuscolari note "da film" di "Bloodline". Il suo timbro
è velato, ovattato, incupito nei toni gravi, incisivo nell'acuto e particolarmente
attento alle pause e ai silenzi ("Sleep With Echoes"); profondo, iridescente
sovrasta il tappeto sonoro ambient di "Blue Fandango" e "Prince
Of Calm" e lascia frusciare l'ottone nella minimalista "Coded".
"Baboon Moon" rispecchia la natura di Molvaer, fatta di
ricerca e di percorsi tortuosi ma belli e non può essere inscatolato in un solo
genere, men che meno – come accade – in quel calderone del nu-jazz, che nulla ha
a che fare con le note pesate e pensate del trombettista e compositore scandinavo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 17/11/2012
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