Intervista a Paolo Damiani
di Vittorio Pio
Festeggia le trenta candeline il festival
"Rumori Mediterranei", uno
degli snodi fondamentali attraverso cui
Roccella Jonica ha puntato per affermare la propria identità culturale in
tutto il mondo Un traguardo importante per la kermesse jazzistica, un vanto per
l'intera comunità e la conferma che un'altra Calabria è possibile. Il tema scelto
da Paolo Damiani,
che ne è il suo direttore artistico da sempre, è eloquente di per se: lo ha individuato
nelle "Memorie future", un modo per ricordare il passato e rielaborarlo, inventando
così il nuovo. A count-down quasi scaduto (si parte con l'anteprima del film dedicato
dal cineasta Franco Maresco all'oriundo clarinettista
Tony Scott
il 13, poi una puntatina a Reggio il giorno dopo, per poi convergere fino al 21
sulla cittadina jonica), Damiani ci parla di questa sua scommessa vinta insieme
a Sisinio Zito, Vincenzo Staiano, Paola Pinchera e tutto lo
staff prodigatosi per il suo successo: "Credo sia stata giusta- ci
dice- l'intuizione di puntare sulle radici e sul mediterraneo, sugli artisti
europei ed italiani, sull'incontro tra linguaggi diversi, sulla didattica come esperienza
condivisa: un'estetica oggi quasi scontata ma all'epoca direi innovativa. Oggi i
calabresi sono orgogliosi del festival e hanno capito, meglio di alcuni esponenti
istituzionali, il ruolo strategico della cultura soprattutto in contesti così difficili."
Cosa ricorda del suo impatto a Roccella?
Che bisognava fare tutto, ma il contesto era stimolante, le facce entusiaste. Poi
il cortile della scuola elementare dove facevamo i concerti, e il solo di
Steve Lacy
sotto la pioggia. Una magia pura, nel primo anno in cui ho diretto il festival,
era il 1982.
Da allora lo spirito originario del festival è cambiato,
si è evoluto o è rimasto intatto?
Siamo sempre noi con l'orgoglio di esserlo. La nostra identità consiste nel cercare
di invitare artisti di diversa provenienza, non soltanto musicisti di jazz, privilegiando
la ricerca di nuovi linguaggi e l'ibridazione degli stessi.
Dipenderà forse dal suo titolo di studio? Ancora prima
che musicista lei è architetto...
Non so cosa viene prima o dopo ma la relazione è certa. Ho una curiosità che mi
ha portato da sempre a cercare relazioni tra arti diverse e quindi anche della necessità
di condurre il jazz, che comunque è la mia musica, altrove. Forse verso la perdita
di sé nella sua accezione più ortodossa, inducendo alla modifica della percezione
di noi stessi, degli spazi che ascoltiamo, dei suoni che abitiamo. L'incontro con
Stefano Benni è stato in tal senso decisivo: ci ha permesso di allargare considerevolmente
le nostre visioni ospitando non soltanto le sue parole ma anche di tanti altri amici
che ci sono venuti a trovare: parlo di Lella Costa, Paolo Rossi,
Davide Riondino, Virgilio Sieni, Francesca Archibugi, la straordinaria
Franca Valeri, Sandro Veronesi e tanti altri.
E invece fra gli incontri in musica da lei propiziati,
quali estrae dal mazzo?
Mi sposterei sulle suggestioni, ricordando "La follia", partitura originale
ed esclusiva del compianto George Russell, che poi è diventata l'inno
ufficiale di Roccella, l'incontro tra il già affermatissimo Kenny Wheeler
e un quasi sconosciuto
Paolo Fresu,
il duo Pieranunzi - Motian, il dialogo tra Mario Brunello e
John Surman, e quello tra Nicola Piovani e Cerami (che noi
abbiamo portato per
primi su di un palco), la presenza di Stefano Benni e naturalmente "i
guizzi luciferini" di Cecil, come tu stesso hai ricordato in altra occasione,
riferendoti a Taylor, oppure la grande umanità di
Ornette
Coleman, vero gigante. Più in generale questa manifestazione mi ha dato
moltissimo, al punto che mi sento calabrese di adozione: ho potuto realizzare progetti
abbastanza folli, sui quali gli amici dell'Associazione Jonica hanno sempre creduto.
Ci sarà qualcosa che non è stato possibile effettuare,
un rammarico…
Non ci sono in particolare dei concerti che non ho potuto fare, piuttosto mi piacerebbe
invitare Pat
Metheny con cui ho suonato nel 2005,
scoprendo un artista molto sensibile ed un'ottima persona. Più in generale vorrei
aumentare sempre più l'innovazione, il rischio, l'originalità, la ricerca... magari
aprendo proprio in Calabria altre situazioni che possano entrare in relazione con
"Rumori Mediterranei": penso ad esempio a un luogo stimolante come Castrolibero,
ove forse nasceranno storie importanti. Come rammarico identificherei il dispiacere
di non essere riuscito a potenziare adeguatamente i seminari ed i laboratori, da
dove comunque sono passati o si sono formati degli eccellenti musicisti.
Jazz italiano in auge, jazz italiano che fa da traino,
jazz italiano alla misura dei suoi battiti: lo può fare lei per noi ?
Oggi il jazz gode di ottima salute, ci sono tanti eccellenti musicisti che suonano
benissimo ma circolano anche musiche inutili. Quindi il jazz sta malissimo. In altre
parole è necessario immaginare nuovi sviluppi di linguaggi, che non si accontentino
di celebrare la maestria tecnica ma piuttosto cerchino di inventare inedite ipotesi
narrative. Musiche future capaci di rischiare e commuovere.
Ci lasci con un frammento sul quale ipotizzare se non i
secondi trent'anni di "Rumori Mediterranei", almeno la sua prossima edizione...
L'idea è di ragionare sullo Spazio, sui luoghi della musica; già quest'anno utilizzeremo
la piazza e il porto turistico di Roccella, luoghi simbolici da abitare e da ascoltare
diversamente, vorrei provocare gli artisti a pensare nuove soluzioni su misura per
spazi particolari, sia sotto il profilo architettonico che delle loro possibilità
acustiche. Ma c'è anche un'altra faccia: che le istituzioni ci supportino a dovere
senza lungaggini e pastoie burocratiche e poi la speranza di trovare uno sponsor
nazionale che investa in modo significativo senza voler minimamente interferire
sul programma.
Per tutti i dettagli www.roccellajazz.net
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
31/05/2010 | Intervista a Jean-Luc Ponty: "Negli Stati Uniti, durante gli anni '70, è stato davvero entusiasmante, perchè c'era molta sperimentazione: era lo spirito del tempo. Avveniva nella società, con i movimenti per cambiarla, ed era lo stesso nell'arte e nella musica. Erano gli artisti a tracciare la strada, mentre oggi sono gli uomini d'affari a decidere ogni cosa. Tutti, nei programmi radio, i dj, le case discografiche, specialmente in America, erano veri appassionati di musica, molto spesso musicisti loro stessi, così noi eravamo totalmente liberi di esplorare, di sperimentare, e infatti le novità erano molto apprezzate..." (di Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 05/09/2010
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