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XXIV edizione di "Rumori Mediterranei"

Reggio Calabria, Martone, Roccella Jonica, Marina di Gioiosa - 16/22 agosto 2004
di Enzo Fugaldi
foto di Gianmichele Taormina

La 24a edizione del Festival "Rumori Mediterranei", diretta come sempre da Paolo Damiani con la consulenza artistica di Stefano Benni, era intitolata "Monsters" e dedicata a Steve Lacy. I mostri evocati dal festival calabrese erano tali nel senso dell'unicità, della stranezza, della prodigiosità, e hanno fatto la propria comparsa tra le pieghe dei ben 18 concerti tenutisi nei sette giorni di durata della manifestazione. Manifestazione che, come ogni anno, ha affiancato agli eventi musicali la sezione "Esplorazioni", con una ricca serie di seminari (con Ada Montellanico, Danilo Rea, Terje Rypdal, Achille Succi, Salvatore Maiore e Paolo Vinaccia) e laboratori di danza (con Giorgio Rossi), fotografia (con Roberto Serra), composizione (con Uri Caine), musica d'insieme (con Enrico Rava) e musicoterapia (con Mariaconcetta Rosa e Costanza Amoruso), oltre ai consueti ascolti collettivi delle novità ECM (il nuovo disco del trio di Keith Jarrett, The Out-of-Towners) ed Egea (Lirico di Danilo Rea, Il circo di Lello Pareti e Ladybird di Paolo Damiani). Grazie alla presenza del produttore dell'etichetta perugina è stato possibile fare un breve ma interessante viaggio nei meccanismi della produzione discografica e della dialettica tra produttore e musicista.

Il festival si è aperto anche quest'anno, all'Arena sul mare di Reggio Calabria, il 16 agosto. La serata, favorita dalla presenza di un folto pubblico, è iniziata con una sorta di salto nel passato del glorioso festival di Roccella, con l'esibizione dei Tenores di Neoneli insieme al batterista italiano trapiantato a Oslo Paolo Vinaccia, con il quale il gruppo aveva già collaborato nel 1996 per il disco 'Mbara Boom, uscito per la Polygram. E' stato un fecondo accostamento tra una percussione profondamente rispettosa della natura della musica popolare sarda e le coinvolgenti armonie create dal canto di Tonino Cau, Nicola Loi, Ivo Marras, Peppeilosu Piras, dall'organetto e dalle launeddas di Orlando Mascia e dalla fisarmonica di Bruno Camedda. Dunque ancora una volta una riuscita celebrazione dei "rumori mediterranei", che ha ricordato bei momenti del passato del glorioso festival calabrese, tra cui l'incontro tra i Tenores Di Bitti e Don Moye.

Di tutt'altro genere, ovviamente, la musica proposta dalla newyorkese Soulbop Band, un gruppo di all stars guidato dal trombettista Randy Brecker e dal sassofonista Bill Evans, con una eccezionale sezione ritmica: Dave Kikoski alle tastiere, il leggendario ex bassista dei Weather Report Victor Bailey al basso elettrico e Wolfgang Haffner alla batteria, con l'apporto di un fin troppo esuberante Hiram Bullock alla chitarra. Con un leggero calo di tensione nella parte centrale del concerto, i sei hanno proposto una serie di originals firmati Evans, Brecker e Bullock, all'insegna di un granitico funky che ha mandato in visibilio il pubblico dell'arena reggina, fino all'immancabile bis reclamato a gran voce e quanto mai trascinante. Il solista più interessante è parso Brecker, mentre l'apporto di Victor Bailey lo qualifica senz'altro come uno tra i pochi grandissimi del basso elettrico oggi in attività.

Nella consueta raccolta piazzetta della cittadina collinare di Martone, il 17 agosto, la serata è iniziata con il quintetto della cantante Diana Torto, coadiuvata dal giovane pianista Claudio Filippini, dal clarinetto basso di Achille Succi, dal violoncello di Salvatore Maiore e dalla batteria di Roberto Dani. I cinque, dopo un'iniziale canto popolare abruzzese, La Castellana, hanno proposto un repertorio di composizioni originali su cui hanno prevalso i toni meditativi, con momenti iniziali a tempo libero che sfociavano in altri ritmicamente sostenuti dal drumming atipico di Dani.

Ma ben più atipico è stato, come sempre, il supporto ritmico di Han Bennink, in trio insieme a Simone Zanchini (fisarmoniche) e Antonello Salis (pianoforte e fisarmonica), nel secondo concerto della serata. Bennink ha svolto un ruolo da moderno sciamano del ritmo, consentendo alle infinite capacità improvvisative di Salis e alla stupefacente perizia di Zanchini di esprimersi al meglio, tra lisergiche interpretazioni di 'Round Midnight, brani sudamericani e colori popolari. Da segnalare anche l'intelligente utilizzo di una fisarmonica midi da parte di Zanchini, impegnato anche tra percussioncine e fischietti vari, al servizio di una musica piena di freschezza, energia, gioia e solarità, che riconcilia col mondo.

La prima delle serate a Roccella, il 18 agosto, è stata preceduta da un incontro musical-letterario pomeridiano, all'Auditorium (luogo che ospitava una splendida mostra fotografica di Roberto Serra e le proiezioni dei filmati di Ciprì e Maresco su Steve Lacy), con le voci recitanti dell'attore Antonio Catania e di Sylvia De Fanti impegnati in una lettura di brani di Edgar Allan Poe con il supporto di Christian Thoma all'oboe, Emanuele Parrini al violino e Yann Gourdon alla ghironda elettroacustica, che hanno improvvisato in modo radicale, coadiuvando le voci senza mai sovrastarle.

Al Teatro al Castello la serata è stata aperta dal gruppo della cantante Amalia Grè, che ha proposto il repertorio tratto dal proprio disco d'esordio, brani di sua composizione e classici quali Moon River, The man I love, Estate, per concludere con una canzone di De Gregori. Pur avendo avuto delle esperienze di studio negli States con Betty Carter, Bob Dorough e Bobby McFerrin, è arduo classificare la Grè come cantante di jazz. È una pop singer particolare, che ama le atmosfere jazzy e una gestualità forse troppo costruita, che convince poco (mi veniva in mente in contrapposizione la splendida, dolcissima, naturale gestualità di Maria Joao), e che andrebbe probabilmente affiancata da musicisti migliori per potersi esprimere più compiutamente.

La serata è stata conclusa splendidamente da un lungo concerto del nuovo ensemble di Uri Caine, in anteprima assoluta, denominato, in assonanza al tema del festival, "Godzilla", con il leader al pianoforte, fender rhodes e sintonizzatore, Dave Binney sax alto e live electronics, Brad Jones basso, Cornell Rochester batteria, DJ Olive piatti, Sadiq Bey voce recitante. L'ensemble, che si avvale dell'apporto di primo piano di DJ Olive e del carisma della voce di Sadiq, si incentra soprattutto sul pianismo del leader, qui più in sintonia con la musica proposta al piano elettrico che a quello acustico, e sul solismo di Binney, sassofonista dalle insospettabili origini calabresi, forse poco conosciuto al grande pubblico ma estremamente apprezzato tra i musicisti con cui ha collaborato (tra i tanti, Gil Evans e Bobby Previte), che ha ben affiancato il leader nella proposta di una musica solidissima, con alcuni riferimenti ad esperienze del movimento M-Base, giustamente premiata da un'ovazione finale del pubblico dell'anfiteatro.

Il pomeriggio del 19 agosto era dedicato allo spettacolo che ha dato il titolo all'edizione 2004 del festival, "Monsters". Nulla di improvvisato stavolta, con una performance curata nei minimi particolari dalla avventurosa voce di John De Leo, dalla chitarra di Fabrizio Tarroni e dal pianoforte di Danilo Rea, e dalle estemporanee creazioni dell'artista visuale Massimo Salciccia Ottoni, con la scenografia di Stefano Cortesi Malatosano ed i suoni manipolati di Franco Naddei. All'inizio una dimensione soprattutto recitativa, pienamente da teatro contemporaneo, tutta dominata dalle non comuni capacità vocali di De Leo, che ha recitato testi di Richard Matheson, propri e di Stefano Benni, per poi passare ai brani cantati, da Stormy Weather, al montaggio di due canzoni di Luigi Tenco (Vedrai, Vedrai e Un Giorno Dopo L'altro), a Birdland dei Weather Report, fino al bis di Cheek to Cheek. De Leo ha impegnato la sua ardita vocalità, spalleggiato egregiamente da chitarra e pianoforte da soli o insieme, creando linee di walking bass, suoni di batteria, utilizzando tutto il suo vasto repertorio tecnico. Da citare sotto l'aspetto teatrale il curioso finale, con i tre musicisti visti come sagome dietro uno schermo, mentre vengono fatti scorrere i titoli di coda con le credits dello spettacolo.

Steve Lacy avrebbe dovuto suonare a Roccella proprio nella serata del 19, ma purtroppo la morte ce lo ha portato via lo scorso 4 giugno. Bene allora ha fatto il direttore artistico del festival ad invitare alcuni suoi compagni di viaggio, Enrico Rava (tromba), Steve Potts (sax alto e soprano), Bobby Few (piano), John Betsch (batteria) e Jean Jacques Avenel, il contrabbassista preferito da Lacy. Il quintetto ha proposto la musica dell'amico, con i caratteristici temi semplici e sghembi, da Prospectus a The Bath, The Rent, Flakes, Bone, Esteem, per concludere con un bis di Thelonious Monk, Bye Ya. Tra tutti sono apparsi più convincenti ed ispirati il contrabbassista (peraltro reduce da una grave malattia) ed il batterista, che oggi suona persino meglio che nel suo glorioso passato con Lacy e Archie Shepp.

Un altro omaggio, questa volta ad un artista vivente, che non si esibisce dal vivo da molto tempo, è stato quello dedicato dalla trombonista inglese Annie Whitehead a Robert Wyatt, dal titolo Soupsongs. Questo progetto, anticipato da un disco registrato dal vivo nel 1999 e pubblicato l'anno seguente (Soupsongs Live. The Music of Robert Wyatt, Jazzprint, JPVP101CD, 2000), vedeva sul palco oltre alla leader la voce e la chitarra elettrica di Jennifer Maidman, il piano e le tastiere di Steve Lodder, il contrabbasso di Dudley Phillips, la batteria di Liam Genockey, la tromba e il flicorno del sudafricano Harry Beckett, il sassofono di Larry Stabbins e due ospiti vocali d'eccezione: Sarah Jane Morris e Cristina Donà. La Whitehead ha una storia musicale ricchissima, avendo collaborato tra gli altri con i musicisti sudafricani esuli a Londra e, in ambito non jazzistico, con la mitica Penguin Cafè Orchestra. In questo progetto ha arrangiato brani di Wyatt tratti da dischi storici come Rock Bottom (Sea Song, Alifib, Alifie, Little Red Riding Hood Hit The Road), dall'ultimo album Cuckooland (Old Europe e Forest), da Ruth in Stranger than Richard (Soup Song), da Old Rottenhat (Vandalusia, Gharbzadegi, Alliance) da Dondestan (Left on Man, Dondestan), da Shleep (Heaps of Sheeps, Free Will and Testament, Maryan di Philip Catherine), avvalendosi dell'apporto vocale quanto mai wyattiano dell'ottima chitarrista Maidman, e delle due cantanti ospiti, che meritano entrambe un plauso ed un cenno: l'inglese Sarah Jane Morris, star internazionale dalla graffiante voce soul e da una presenza scenica incredibile, e l'italiana Cristina Donà, giovane cantautrice che ha avviato da tempo una collaborazione con Wyatt, realizzando insieme a lui una canzone di straordinaria bellezza, Goccia, che ha cantato nella serata di Roccella.

La stessa Cristina Donà ha avuto poi uno spazio tutto per sé, con il supporto del batterista Cristian Calcagnile, il pomeriggio del 20 agosto. Ha qui proposto una lettura di poesie di Silvia Plath ed alcune canzoni proprie, accompagnandosi alla chitarra e al pianoforte, sostenendo con efficacia e convinzione anche la parte recitativa.

La serata del 20 è iniziata con il quartetto del contrabbassista Lello Pareti, reduce dall'incisione de Il Circo per l'etichetta Egea. Ha proposto proprio le musiche di questo disco, insieme ad Antonello Salis alla fisarmonica, Stefano Cantini al sassofono e Bebo Ferra alla chitarra, arricchendole di spontaneità e momenti solistici, e concludendo con First Song di Charlie Haden.

Il momento davvero magico della serata è venuto con il quartetto di Charles Lloyd, con Geri Allen al pianoforte, Reuben Rogers al contrabbasso e Eric Harland alla batteria. A 66 anni, Lloyd è sempre attivissimo, avendo pubblicato negli ultimi anni una lunga serie di fortunate incisioni per l'ECM, in studio e dal vivo. Ha proposto per gran parte del lunghissimo concerto il suo volto più coltraneano, tranne in un brano in cui ha suonato il flauto ed il bis dedicato a Jacques Brel, Ne Me Quitte Pas, esposto con una sonorità sussurrata, per concludersi con una coda travolgente. Ed è sorprendente il modo in cui riesce ad essere comunque personale, riconoscibile, pur pagando un doveroso tributo a Coltrane. Nel concerto ha suonato splendidamente anche Geri Allen, lontana ormai anni luce dalle esperienze M-Base, a suo agio sia nei brani a tempo libero che su quelli ritmati, ma è emerso anche il giovane batterista Eric Harland, attento a cogliere ogni sfumatura della musica, e a commentare adeguatamente il lavoro dei solisti. Non resta che attendere un disco di questo eccezionale quartetto, e pare che l'ECM sia in procinto di pubblicarlo.

L'ultima giornata della parte centrale del festival, il 21 agosto, è iniziata nel pomeriggio all'auditorium di Roccella con un incontro tra musica e parola davvero riuscito, forse uno dei più intensi e fecondi di tutta la storia di "Rumori mediterranei". Insieme ad un trio composto da Riccardo Tesi all'organetto, Mirko Guerrini al pianoforte e sassofono e Damiano Puliti al Violoncello, lo scrittore Stefano Tassinari si è cimentato in una lettura scenica di sei propri brani, con una dizione precisa e intensa ma pacata nonostante l'impegno politico dei temi trattati, e con un sostegno musicale davvero pertinente. Dal cd Lettere Dal Fronte Interno, pubblicato per l'etichetta Mobydick, ha proposto A Passo D'ombra, l'ipotetica lettera scritta alla moglie da un desaparecido, ormai ombra di nebbia sul cielo di Buenos Aires, e il Frammento 5, sul tema dell'amore e dei fantasmi-mostri dell'abbandono; dal cd Sguardi D'istinti, pubblicato dall'Azienda Trasporti di Bologna, ha letto un partecipato ricordo dello studente Francesco Lo Russo, militante di Lotta Continua ucciso a Bologna dalla polizia nel 1977; quindi è stata la volta di un testo inedito, che tratta con straordinaria sensibilità il tema del terrorismo, L'amore Degli Insorti, dialogo tra una coppia in cui la moglie ha deciso di intraprendere la strada sbagliata; e ancora un brano dal suo romanzo Assalti Al Cielo (Calderoni, 1998), ispirato dalla morte per suicidio di Alex Langer. Infine una sconvolgente invettiva contro il potere americano, contro i "signori della guerra", Ti Ricordi America, inedita a stampa ma leggibile sul sito (click).

A Roccella può succedere anche di assistere nella stessa serata all'esibizione dei due migliori batteristi italiani. Il primo concerto serale era quello del trio del chitarrista Terje Rypdal, con Staale Storloekken alle tastiere e Paolo Vinaccia alla batteria, un trio denominato Skywards, lo stesso nome già utilizzato per la realizzazione di un disco ECM nel 1996 con un organico più ampio. Rypdal alterna come sempre atmosfere sognanti a momenti hendrixiani, sfoderando tutti i timbri della sua Fender, confermando le sue profonde radici nel jazz-rock, e dando un grande spazio al travolgente drumming di Vinaccia, che sarebbe bello potere ascoltare più spesso in Italia.

Il secondo grande batterista era naturalmente Roberto Gatto, ascoltato in una dimensione quasi "leggera", con Enrico Rava, Rosario Bonaccorso, Danilo Rea e Gino Paoli, in una rivisitazione in chiave jazzistica di alcune delle canzoni più conosciute del cantautore genovese, da Sapore Di Sale, a La Gatta, Senza Fine, Che Cosa C'è, Sassi, Il Cielo In Una Stanza, insieme ad alcuni classici come All Of Me, Garota de Ipanema e My Funny Valentine, con un iniziale Art Decò di Don Cherry eseguita dal solo quartetto. Lodevole l'intenzione di Paoli di cimentarsi nell'impresa, peraltro già collaudata e abbastanza godibile, grazie alla consumata perizia dei musicisti, e premiata dalla presenza di un foltissimo pubblico.

Ed ancora Roberto Gatto ha affiancato il pianoforte di Danilo Rea nella serata di chiusura del festival, nella vicina Marina di Gioiosa, la sera del 22 agosto. Il duo, ben collaudato da due incisioni discografiche (Improvvisi e Baci Rubati n. 1. Live at Villa Celimontana) ha pienamente convinto con la consueta riproposizione di classici della canzone, da O Que Será a Un giorno dopo l'altro di Tenco, a Stormy Weather, Besame Mucho, Here Comes The Sun, con il pianoforte di Rea sempre in primo piano, all'insegna di una fantasia improvvisativa e di una capacità di rendere personale ogni tema proposto davvero senza pari in Italia.

Prima del duo Rea-Gatto si è brevemente esibita una orchestra formata dagli allievi dei seminari, seguita da una non prevista esibizione di Ada Montellanico con il pianista Giovanni Ceccarelli, che hanno donato al pubblico del festival una versione di Mi sono innamorato di te di Luigi Tenco davvero memorabile.







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Data pubblicazione: 24/10/2004

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