Auand
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Bobby Previte
Pan Atlantic
1. Deep Lake
2. Stay on Path
3. The Eternity Clause
4. Destruction Layer
5. Pan Atlantic
6. Question Mark
7. Veltin
Gianluca Petrella
- trombone
Wolfgang Puschnig - sax alto & baritono
Benoît Delbecq - fender rhodes
Nils Davidsen - basso elettrico
Bobby Previte - batteria, fender Rhodes in Veltin
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Auand Records di Marco Valente
via XXIV maggio, 40
70052 Bisceglie (Ba) Italy
tel&fax +39.080.3929215
mobile +39.347.6107026
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Il titolo dell'album, Pan Atlantic, è invero
anche il nome di uno dei tanti progetti che il newyorkese Bobby Previte anima
da un po' di anni a questa parte: una crew trans-nazionale composta da musicisti
presi al di qua e al di là dell'Atlantico. Certo Previte non poteva che scegliere
musicisti a lui affini volti decisamente verso canoni ideativi e interpretativi
di moderna fattura.
Il Pan-Atlantic project osserva l'odierno e lo rende fonte d'ispirazione.
Come non notare, ad esempio, la globalità nella ricerca dei musicisti (Francia,
Austria, Danimarca e Italia) oppure la volontà di sganciarsi da strutture musicali
riconoscibili. Gli spazi improvvisativi non cercano il mero solismo bensì sono funzionali
per lo svolgimento e il prosieguo del brano: ogni intervento tende all'esaltazione
dell'immagine concordata e non all'affermazione dell'estro individuale. In questo
senso, Pan Atlantic vuole essere un'opera collettiva, di concetto, una forma
d'arte, non a caso portata avanti da artisti che vogliono essere anche performers.
Ogni traccia è figlia altresì dell'onda psychedelic-rock, altissima a
cavallo degli anni '60-'70, cavalcata disinvoltamente proprio nelle terre che delimitano
l'Atlantico a nord dell'equatore: luoghi e tempi votati a spericolate sperimentazioni,
ricerca ma anche attenzione al contesto sociale. Penso, uno fra molti, al Jerry
Garcia che suonava sulle immagini di Zabriskie Point.
Non sono musicisti de-sensorializzati, quelli che suonano in Pan Atlantic,
bensì persone in toto: ciò non accade di frequente. Spesso un disco di jazz
è a-temporale nel senso che, al di là delle tecniche di ripresa fonica, potrebbe
essere registrato negli anni '30, così come negli '80. Questo, invece, è un disco
sentitamente attuale che fa della musica un veicolo di idee non solo musicali. Sono
troppi anni che il jazz si ripiega su sé stesso cercando nuove vie o percorrendone
altre troppo accidentate, qui si viaggia bene e c'è un'incantevole panorama.
Il disco è per chiunque e, quale che sia l'estrazione musicale dell'ascoltatore,
nessuno ne resterà deluso.
Paolo Incani per Jazzitalia
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 10/04/2010
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