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Esce anche in e-book il libro di Alceste Ayroldi sulla legislazione dello spettacolo e il diritto d'autore delle opere musicali.

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Nasce Pantuk, sinergia tra Pannonica e Tuk Music.

Alceste Ayroldi pubblica un libro sulla legislazione dello spettacolo e il diritto d'autore in musica .

Si è spento all'età di 95 anni la grande icona della chitarra jazz Franco Cerri..

Annunciato il San Severo Winter Jazz Festival 2021, 7 concerti internazionali dal 29 ottobre al 1 aprile 2022..

Ciao Paolo, musica e Jazzitalia in lutto per la scomparsa del sassofonista Pietro Paolo Mannelli. Aveva 84 anni..

Disponibile dal 2 dicembre per Adda Editore il libro "Paolo Lepore e la Jazz Studio Orchestra" curato da Alceste Ayroldi.

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Esce Pentatonic Pyromania di Mimmo Langella, un manuale per arricchire tecniche e fraseggio per chitarra in ambito Pop, Rock, Jazz e Fusion.

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Cinzia Tedesco
Like a Bob Dylan



CNI Music 2010

1. Lay Lady Lay
2. Mr Tambourine
3. To Make You Feel My Love
4. I Shall Be Released
5. Just Like a Woman
6. Knocking on the Heaven's Door
7. Like a Rolling Stone
8. Meet Me in the Morning
9. Hurricane (instrumental)
10. Blowing in The Wind

Cinzia Tedesco - voce
Stefano Sabatini - arrangiamenti e pianoforte
Luca Pirozzi - contrabbasso
Pietro Iodice - batteria e direzione musicale
Giovanna Famulari - violoncello


Vocalist e compositrice, in possesso di una salda cultura jazz ma anche soul, blues e latina, Cinzia Tedesco ha all'attivo numerose esibizioni live sia in radio (come "In diretta da Via Asiago" su Radio 1) che in televisione (come "Numero 1" su RAI 1, "Il piacere dell'Estate" su RAI 2), tanto che venne chiamata a rappresentare le blue notes italiane in occasione della visita romana di Bill Clinton.
Nel 1998 registra il suo primo CD ,"Vento d'Africa" (AD Records), con artisti del calibro di Pietro Iodice, Rosario Giuliani e Giovanni Amato. La prova seguente l'avvicina più decisamente al mondo del jazz ("Rite Time", UM Record) in cui presenta brani originali di propria composizione. Molte le sue esibizioni dal vivo, al Festival di Spoleto, a Villa Celimontana in Roma, A Umbria Jazz Winter, a PugliaJazz, alla Casa del Jazz, all'Auditorium romano, al SALT Jazz Festival, al Teatro Sistina…
Collabora stabilmente con La "Roma Jazz Ensemble" di Pietro Iodice e Mario Corvini, nota come Pmjo ("Parco della Musica Jazz Orchestra"), lavora nel musical "Fin de Siécle" con Piera Degli Esposti, collabora con Carl Anderson, Javier Girotto, Maurizio Giammarco, Stefano Sabatini.
Particolarmente coinvolta in progetti ONLUS, nel 2004 è stata nominata "Ambasciatore di Pace" dal Centro Internazionale di Pace di Assisi per il suo impegno artistico a favore di iniziative a sostegno di popolazioni disagiate e soprattutto dei bambini in zone di guerra.
Nel 2008 incide "Ballata per i bambini di Nassiriyya" a supporto del progetto di scolarizzazione per l'infanzia coinvolta dal drammatico conflitto in terra irachena.

Nel 2010 arriva per Cinzia Tedesco il momento di interpretare Bob Dylan nel modus delle blue notes, di farne divenire le canzoni "songs" o "ballads", operazione del resto da sempre congeniale al mondo del jazz.

Ciò che sorprende è la capacità di Stefano Sabatini di cogliere il senso profondo della sensibilità del musicista statunitense ed interpretarla secondo armonie intense e luminose, pensarle per l'intimismo di un trio di strumentisti davvero creativi e molto attenti ed affidarle, attraverso una cura melodica fine e moderna, al vocalismo di una singer né folk né rock né pop. Operazione temeraria solo ad immaginarla, oggettivamente difficile da realizzare, non fosse altro per il ricordo indelebile che la voce pastosa e nasale di Dylan o dei suoi tanti interpreti (e dei suoi tanti epigoni) ha lasciato nel corse di un cinquantennio. A rendere apparentemente ancor più ardua la rilettura è forse la definizione stessa di folk-blues, che qualcuno ancora si ostina ad usare pensando ai suoi accordi come ad un archetipo di genere, in un mondo sempre alla ricerca di definizioni, o forse la sua singolare e dissacrante capacità di assorbire ed assimilare tutto quel che è accaduto prima e intorno a lui.

In ogni caso fu l'american minstrel (ma quanto poco gli piacque questo epiteto…) a dare indicazioni sul caso: "non hanno importanza tutti i nomi che la gente e la critica inventano per la musica; potrebbe chiamarsi musica arsenico o musica di Fedra…io per la mia musica non posso usare alcun termine…penso che sia più esatto parlare di musica e basta" (Intervista di Nat Hentoff, Playboy 1966). Tant'è. Ed allora, non più inaspettatamente, ci si accorge quanto gli arrangiamenti non tradiscano mai l'inconfondibile pathos del one man band del Minnesota, inquieto nei suoi pentagrammi, ruvido e lirico allo stesso tempo: la scelta è quella di renderne intense le tonalità più profonde sottolineate da un violoncello, per sua natura strumento adatto e versatile nel descrivere la vocalità più distesa in modo vibrante.

I cambiamenti improvvisi dello slang styling, il peso delle sue intenzioni, i balzi d'immaginazione divengono una prerogativa della rilettura della vocalist in una deframmentazione versatile capace di adattare evocazioni provenienti dalle più diverse tradizioni culturali (non ultima quella klezmer, peraltro, guarda caso,da sempre viva nel jazz) in un sofisticato amalgama melodico, esattamente come Dylan stesso volle nella maggior parte della sua produzione discografica.

Ottima la scelta dal repertorio dylaniano, ottimo il risultato, raffinato, caldo ed accurato nel fraseggio della Tedesco, cui non difetta coloritura o morbidezza vocale (specie nei medio-acuti) né affabilità né tanto meno passionalità nelle curvature più meditanti: un'ampiezza di pensiero musicale notevole, di grande significato estetico e, soprattutto, gradevole e di profondo spessore umano.

Ne parliamo con Cinzia.

Cosa spinge una jazz singer ad accostarsi al songbook di Bob Dylan, la matrice blues, la malleabilità armonica dei pentagrammi o semplicemente il riconoscimento della completezza artistica della sua opera?

All'inizio ho solo pensato che la proposta che mi era stata fatta dalla Giampiero Turco Production fosse una sfida emozionante e l'occasione di realizzare un progetto che poteva davvero essere caratterizzato da elementi di originalità grazie alla voce femminile ed al mood interpretativo moderno con cui pensavo di affrontare questo repertorio. Con un po' di "timore reverenziale" ho iniziato lo studio del songbook di Dylan che, confesso, non conoscevo bene, ed ho felicemente scoperto che la matrice blues è uno dei pilastri su cui Dylan ha costruito il suo mondo, un pilastro su cui naturalmente fondo la mia musica. Con Stefano Sabatini, che ha curato gli arrangiamenti, ho lavorato per sfruttare quella che correttamente chiami "malleabilità armonica" senza però snaturare il significato originale dei brani, navigando nel brano guidata dal testo, dalle parole scarne e spesso durissime, dalle frasi idiomatiche che poeticamente disegnano il mondo di Dylan. Ho cercato di rispettare il significato di ciascun brano e di vivere sul palco l'emozione che quelle parole suscitano quando vengono capite a fondo. Per questo ho voluto realizzare un CD live, per registrare l' "emozione del momento" e non filtrarla in studio, per avere più che la "perfezione dei suoni" quella che amo definire 'la potenza del feeling". E sono felice che Paolo Dossena abbia voluto stamparlo e distribuirlo con la sua CNI Music.

Cosa senti di attuale nelle canzoni di Dylan?

Dylan è assolutamente moderno perché ha raccontato la disperazione, la durezza del mondo, la difficoltà di vivere, la necessità di dire "no" alla guerra, l'amore...la vita. I suoi personaggi sono drammaticamente veri ed attuali. E' sorprendentemente "Jazz" perché profondo e creativo nei suoi testi. Anche la sua musica,apparentemente "semplice" nei suoi costrutti, si rivela difficile da interpretare per un cantante che non sia '"cantautore". Credo infatti che per chi canta pensando più alle note che al testo rischia di non rendere un buon omaggio al grande menestrello di Duluth.

Quale emozione ti ha spinto ad affrontare i versi di "Blowin' in the Wind", "Knocking on the Heaven's Door" o "Like a Rolling Stone", versi che potremmo considerare patrimonio della poesia moderna?

L'emozione di vivere, quasi fossero "le mie", storie toccanti come quella del pistolero che in punto di morte, mentre '"bussa alla porta del Paradiso", rinuncia e quasi rinnega il suo passato di violenza e chiede alla madre di seppellire le sue pistole, o quella della donna benestante che a causa dell'alcool finisce per diventare homeless, vivendo le sue giornate lasciandosi trascinare dalla forza nefasta del suo destino, come una "pietra che rotola"...per non parlare dei brividi che sento nelle vene quando lancio l'urlo disperato di Dylan che recita 'how many deaths will it take till he knows that too many people have died?'...risposte nel vento...Per non parlare del momento in cui, in "Just Like a Woman", rimango sola con il drumming incisivo di Pietro Iodice a creare l'atmosfera giusta per sottolineare la difficoltà di una ragazzina che vende l'amore come fosse una donna ma ne soffre come una bimba... Questi brani, se si vivono intensamente, sono emozione pura.

La natura di una formazione jazzistica è assolutamente differente da quella di una rock band; quanto ha influito questo nella tua scelta interpretativa, nel tuo modo di affrontare e riflettere sul brano?

Il Jazz è per me libertà di espressione, creatività che si esercita però all'interno di un quadro d'insieme che vede tutti i musicisti compartecipi e protagonisti, libertà dunque nel rispetto degli altri e dell'autore della musica che si esegue. Con jazzisti del calibro di Stefano Sabatini al piano, Luca Pirozzi al contrabasso e Pietro Iodice alla batteria avevo l'ambizione di raggiungere in questo progetto un punto di equilibrio tra jazz e blues, equilibrio difficile e che spero di aver trovato, necessario a mio parere per non snaturare l'opera di Dylan. L'inserimento di Giovanna Famulari, con il suo violoncello, ha dato poi un tocco particolare e caldo al suono d'insieme, un calore che amo particolarmente. Sono felice di aver creato una squadra che si muove compatta, dove ciascun musicista poggia la sua creatività non solo sul proprio talento ma anche su quello degli altri. Sul palco può succedere di tutto quando si fa jazz, ma l'incertezza, che poi rende questa musica così affascinante, è pari alla certezza che tutti si ascoltano e costruiscono una storia comune. Di questo lavoro musicale e della registrazione live del CD "Like a Bob Dylan" sono davvero soddisfatta non solo perché è "molto mio", ma anche perché i miei amici e compagni di palco hanno dato molto del loro talento al progetto e di questo li ringrazierò sempre.

Potresti immaginare di rileggere l'opera di un altro musicista non jazz?

Ti rispondo dandoti una notizia in anteprima...sto già lavorando in questa direzione con l'arrangiatore e direttore d'orchestra Luigi Giannatempo. Nel 2011 debutteremo con Il "James Taylor Songbook"per voce ed orchestra...sono molto emozionata perché amo particolarmente la big band ed ho lavorato molto in passato con la Corvini&Iodice RJE di Mario Corvini e Pietro Iodice e con la Pmjo, big band stabile dell'Auditorium Parco della Musica di Roma. Sarò felice di avere gli amici di Jazzitalia quando debutteremo e vi informerò per tempo... A te Fabrizio un grazie di cuore per questa intervista. Buona Vita!

Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 18/11/2010

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