European Jazz Expo. International Talent Showcase
25° Jazz in Sardegna
Cagliari, 15-18 novembre 2007
di Enzo Fugaldi
foto di Agostino Mela
La
Gallery di Enzo Saba
Sono impressionanti i numeri dell'expo cagliaritana: 7 sale affollate in
4 giorni da oltre 400 artisti e oltre 20.000 spettatori, in una Città della musica
allestita appositamente all'interno della Fiera internazionale della Sardegna. Quest'anno
si festeggiavano i 25 anni dell'esistenza di questo celebre evento, nato negli anni
'80 all'incirca negli stessi anni in cui in
Calabria nasceva "Rumori mediterranei", il Festival di Roccella Jonica orientato,
al pari di questo, a stimolare incontri creativi fra le migliori risorse artistiche
afroamericane e quelle europee e mediterranee. Una scommessa non semplice, che ha
dato spesso esiti di grande rilievo sul piano artistico, e ha contribuito a far
maturare negli artisti e negli ascoltatori una nuova sensibilità nei confronti delle
contaminazioni fra musiche diverse. Il mensile «Musica Jazz» ha reso omaggio ad
entrambi questi festival con appositi inserti, un cd antologico dedicato a Roccella
e un filmato in dvd sul festival sardo.
Orientarsi all'interno della pantagruelica offerta musicale cagliaritana
è arduo. L'inizio, dopo un premio al maestro di launeddas Luigi Lai, è stato
affidato al duo
Rava-Bollani,
protagonista del recente ottimo cd ECM "The Third Man".
Se l'umorismo sfrenato di
Bollani
riesce a tirar fuori anche l'anima fanciullesca di
Rava,
non si può non lodare all'infinito la musica che i due realizzano insieme, che dal
vivo diventa travolgente, grazie alla sfrenata fantasia dei due che agiscono da
anni in perfetta simbiosi, sia nel precedente quintetto che in questo duo. La versione
di Estate di
Bruno Martino,
che apre il cd e ha chiuso il concerto, era come illuminata da una bianca luce lunare,
e svelava sfumature inedite del celebre brano italiano divenuto da tempo uno standard
del jazz, grazie soprattutto a
Michel
Petrucciani. I due hanno iniziato con il ¾ di
Sun Bay, unito a un mosso e fantasioso
Algir Dalbughi (un titolo apparentemente orientale
che nasconde nient'altro che la traduzione piemontese di "Il giro del boogie"),
seguiti da Felipe del compositore brasiliano
Moacir Santos, una divertentissima Cheek to Cheek,
da Retrato Em Branco y Preto di Antonio Carlos
Jobim, e dalla raviana Bandoleros.
Se sulla carta l'incontro fra
Jack DeJohnette,
il fido Jerome Harris, John e Ben Surman con l'etnomusicologa
e cantante brasiliana Marlui Miranda si presentava molto interessante - tenuto
conto della recente riuscitissima esperienza in quintetto del batterista con la
cantante sudafricana Sibongile Khumalo -, non è stato di fatto possibile
ascoltare l'intero gruppo in azione, a causa di un malore improvviso che ha colpito
John Surman e soprattutto
DeJohnette.
Così sono state utilizzate basi preregistrate per dare spazio ad alcuni assoli di
Harris e a interventi di Surman e della Miranda, con esiti intriganti
che destano comunque curiosità verso il progetto.
Un momento problematico ma di grande intensità è stato l'incontro assolutamente
estemporaneo fra tre consolidati duetti, quello fra il pianoforte di
Antonello
Salis e il sax alto di Sandro Satta, che partiti da un iniziale
Naima hanno passato il testimone ai timbri norvegesi
dei sassofoni di Trygve Seim e della fisarmonica di Frode Halti, che
a loro volta hanno dato spazio ai sassofoni di
Javier
Girotto e alla fisarmonica di
Luciano Biondini, per poi ripassare il testimone al primo duo,
per momenti sempre più azzardati, sino a confluire in un collettivo, festoso e liberatorio
St. Thomas.
Salis
ha dato anima e impresso direzione all'improvvisato sestetto, all'insegna del suo
pianismo inimitabile, straripante, pieno di energia, rabbia, calore, tenerezza,
tutto ciò che la musica deve contenere per entrare nei cuori, e restarci.
Non sempre gli incontri artisti diversi danno esiti perfettamente compiuti.
Quello fra il trio vocale sardo delle Balentes e di
Rita Marcotulli,
con le chitarre di
Bebo Ferra, la mandola di Mauro Palmas e i tamburelli di
Carlo Rizzo, fra belle composizioni della pianista e omaggi ad Andrea
Parodi, nonostante le ottime e differenziate personalità musicali coinvolte,
si presenta ancora piuttosto schematico, e necessita probabilmente di una messa
a punto per dare migliori risultati.
Ci si aspettavano grandi cose dal trio del chitarrista Larry Coryell,
mitico protagonista della fusion negli anni '70,
con il preziosissimo supporto di Mark Egan al basso e Paul Wertico
alla batteria. E così è stato, con un Coryell in evidente stato di grazia,
che si è alternato sapientemente fra sei corde elettriche e acustiche, fra robuste
e trascinanti composizioni originali dei tre tratte dall'ultimo cd "Tricycles",
omaggi alla tradizione del jazz, alla musica brasiliana, al blues. Uno dei maggiori
pregi di questo trio è di muoversi con la medesima competenza e con esiti eccellenti
fra generi diversi, mostrando una perfetta conoscenza di tutto il jazz moderno.
Lo hanno mostrato in Trinkle, Tinkle di Monk,
brano il cui tema ha una diteggiatura molto ardua da trasporre sulla chitarra, affrontato
con grande perizia. Da manuale le versioni alla chitarra acustica di
Maña de Carnaval, con un trio raccolto e intimista,
e della gerschwiniana Our Love Is Here To Stay
per sola chitarra. Il gruppo ha ripreso infine groove con un trascinante
blues hendrixiano, cantato da Coryell insieme alla giovane moglie Tracy.
A
Enrico Rava si deve da tempo la scoperta e valorizzazione di grandi
talenti della nostra scena musicale: pensiamo a
Massimo
Urbani, a
Bollani,
e oggi al ventiduenne pianista Giovanni Guidi, già al secondo lavoro come
leader, a Cagliari alla testa di un quartetto di giovani ma collaudatissimi musicisti:
il sassofonista statunitense Dan Kinzelman, il batterista portoghese Joao
Lobo e il contrabbassista italiano
Stefano Senni,
gruppo che ha già al suo attivo un cd per l'etichetta Cam Jazz, dal titolo
"Indian Summer". La notevole personalità esecutiva e compositiva di Guidi
ha regalato un concerto di straordinaria intensità, con ottime composizioni come
Frankie Bear dedicata a
Francesco Bearzatti,
la splendida canzone The House Behind This One,
ispirata a una poesia di Raymond Carver, la veloce e swingante
Second Life, e una riuscitissima versione di
Peace Warriors di
Ornette
Coleman.
Un duo che ha dieci anni e due cd al suo attivo, "Bagatelle"
e "Aria", che lavora con esiti felici sulle
sfumature, sulla gioia dell'incontro fra suoni acustici, su un interplay
fresco e naturale è quello composto dal chitarrista
Bebo Ferra,
cagliaritano trapiantato a Milano che suonava per la prima volta nella sua città
d'origine, e dal contrabbassista
Paolino
Dalla Porta. Insieme hanno eseguito alcune loro belle composizioni come
Bagatella mediterranea,
Ninna nanna per Lele,
Bagatella n. 2, Amor sacro,
amor profano, Eja.
Le magiche sonorità di "Vaghissimo ritratto",
l'ultimo lavoro di
Gianluigi
Trovesi, Umberto Petrin e Fulvio Maras, hanno dato luogo
a un concerto altrettanto affascinante, una proposta davvero unica nel panorama
jazzistico europeo contemporaneo. L'esplorazione della forma canzone del passato,
dal Rinascimento al secolo scorso, com'era naturale aspettarsi da questo magnifico
trio, non ha nulla di calligrafico: sulle cangianti basi di colore del liquido pianoforte
di Petrin e sulle pennellate elettroniche di Maras si staglia il segno
forte del clarinetto basso di
Trovesi,
nelle romantiche melodie di Primo apparir e
Terzo Apparir del compositore ottocentesco
Alfredo Piatti, poi nel danzante Serenata/Matona
mia cara con grande spazio per le percussioni, nel trovesiano
Grappoli Orfici, nel rinascimentale
El Grillo con il pianoforte che evoca un carillon,
in Canto vago di Petrin, in
Particolare di J. Donne di Maras, trascinante
passerella per le sue percussioni e in Al primo vostro
sguardo, il tutto all'insegna della massima sintesi, in brani che riescono
a dire tutto in pochi minuti. Una sorta di arte della miniatura musicale.
Il grande trombettista europeo Tomasz Stanko si è presentato alla
guida di un nuovo quartetto, costituito da eccezionali musicisti, due trentenni
e un ventenne, già protagonisti di un'incisione in trio, "Constellations",
Jazzways, 2006: Alexi Tuomarila al pianoforte,
attivo in Belgio, il norvegese Mats Eilertsen al contrabbasso e il finlandese
Olavi Louhivuori alla batteria. Come
Rava,
Stanko è scopritore di talenti, basti pensare al gruppo con cui ha inciso
il cd "Lontano" pubblicato dall'ECM nel 2006
(Wasilewski, Kurkiewicz e Miskiewicz). Anche stavolta ha fatto centro: i suoi tre
giovani nuovi affiatati collaboratori si integrano perfettamente con i temi lividi
e dolenti, le sonorità nude e sporche e il peculiare fraseggio del leader, dando
vita a una sezione ritmica interessante, ove il batterista spazia all'interno del
tempo con un piglio alla Motian, il contrabbasso dà una forte impronta ritmica e
il piano si ritaglia spazi solistici in cui sfoggia un fraseggio granitico e maturo.
L'Orchestra Parco della Musica (PMJO), al terzo anno di attività,
si è esibita a Cagliari in una matinée. La collaudata compagine diretta da
Maurizio
Giammarco, composta da solisti di grande valore, ha suonato con la consueta
elevata professionalità, in un solido modern mainstream orchestrale, alcune
fra le composizioni più frequenti nel proprio repertorio, come
Time Machine di
Pino Iodice
e G. Pleasure di
Giammarco,
con un bell'arrangiamento gilevansiano. Uno dei grandi pregi di questa orchestra
è l'ecletticità, la massima apertura alle collaborazioni: lo hanno mostrato ospitando
in due brani il trio di Randy Weston, eseguendo due trascinanti blues del
pianista. Si è sentita in questi due brani proprio un'altra orchestra, di cui il
pianista sudafricano è rimasto entusiasta, con il giusto drive, i suoni ruvidi,
il jungle style, tutto ciò insomma che occorreva per accompagnare al meglio
l'ospite.
Weston si è quindi esibito con il suo trio composto da Alex Blake
al contrabbasso e da Neil Clarke alle percussioni. Inattaccabile dal tempo,
il gigante – anche in senso fisico - afroamericano offre ancora una grande lezione
di recupero delle matrici africane, grazie al suo inconfondibile stile asciutto
e percussivo, intriso di Monk, di blues e di gospel, e al formidabile contrabbasso
di Blake, che mostra una tecnica personalissima, suonando da seduto, con un assoluto
dominio dello strumento che viene piegato a svolgere i compiti più incredibili:
le corde vengono percosse ritmicamente, accarezzate, producendo un suono ritmico
avvolgente, caldo e pastoso, che conferisce alla musica energia fisica e spirituale
a un tempo. I due erano ben coadiuvati dalle fantasiose percussioni africane di
Clarke. Tra i brani eseguiti, la splendida African Sunrise,
scritta per Dizzy Gillespie e Machito, Blue
Moses, e la rollinsiana St Thomas
come breve bis.
Tutt'altre atmosfere proponeva invece il duo del contrabbassista Lars
Danielsson e del pianista Leszek Mozdzer, reduci da una recente incisione
per la ACT, dal titolo "Pasodoble". I due hanno
proposto le atmosfere più composte, romantiche e sognanti del disco, convincendo
per l'assoluta empatia, la ricercatezza e la pulizia dei suoni, proponendo una musica
che ricorda un dialogo sommesso e struggente, un viaggio immaginario sulla scia
di immagini e ricordi, e ingloba linguaggi diversi come il jazz, la canzone, la
musica contemporanea e minimalista, fra temi lenti e temi mossi, come quello che
dà il titolo al cd.
Gal Costa, grande interprete della bossa nova, accompagnata dall'ottima
chitarra di Luis Meira, ha presentato con grazia e professionalità una carrellata
di brani celebri, fra successi di Tom Jobim, Gilberto Gil,
Caetano
Veloso, Chico Buarque, Dore Caymmi, Djavan. Immancabile
Garota de Ipanema, ma ha emozionato soprattutto
Vapor barato, un brano tratto dal disco "Fa-Tal"
del 1971, dedicato a
Caetano
Veloso in esilio a causa della dittatura.
Il sassofonista sardo
Enzo Favata
ha proposto un quartetto esclusivo che accoglie personalità molto diverse ma complementari:
il chitarrista Maurizio Brunod, il percussionista sloveno Zlatko Kaucic
e il grande violinista rumeno Alexander Balanescu. Questi, noto soprattutto
per il suo quartetto d'archi e per le collaborazioni con Michael Nyman, è
un musicista di confine che ama dare il proprio apporto a progetti jazzistici, come
nel caso della big band di
Carla Bley.
È perfettamente a suo agio nell'improvvisazione, e lo ha potuto ampiamente dimostrare
in questo progetto di
Favata, con una musica dalle maglie molto larghe, che dava grande
spazio alla fantasia dei partecipanti, con la base costante del live electronics
del leader. Ritmi balcanici, atmosfere siderali e liberissime, veicoli ideali per
le calde e intricate improvvisazioni dei solisti, in particolare del leader ai sax
e al clarinetto basso e dell'inconfondibile violinista.
La parte più schiettamente jazzistica della manifestazione cagliaritana
si è conclusa con il nuovo quartetto di Ron Carter: Stephen Scott
al piano, Rolando Morales-Matos alle percussioni e Payton Crossley
alla batteria. Nei contenuti un omaggio a Miles Davis ("Dear
Miles"), ma nella forma un sentito tributo all'indimenticabile Modern
Jazz Quartet, da parte di Carter e soci. Dunque elegantissimi abiti neri,
ma soprattutto eleganza nella musica, che ricreava magistralmente, nonostante la
differenza di organico - le percussioni al posto del vibrafono -, le atmosfere cristalline
del quartetto di John Lewis. Una ricerca della massima pulizia del suono,
che ha fatto rendere al meglio l'interazione fra il magico contrabbasso del leader
e gli squisiti colori creati dal percussionista, che impreziosivano la musica, sostenendo
mirabilmente il lavoro degli altri strumentisti. Si sono ascoltati, fra i tanti
brani legati al ricordo del Davis più classico, My Funny
Valentine, tutta per un raccolto Scott, e
Someday My Prince Will Come.
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
21/06/2009 | Bologna, Ravenna, Imola, Correggio, Piacenza, Russi: questi ed altri ancora sono i luoghi che negli ultimi tre mesi hanno ospitato Croassroads, festival itinerante di musica jazz, che ha attraversato in lungo e in largo l'Emilia Romagna. Giunto alla decima edizione, Crossroads ha ospitato nomi della scena musicale italiana ed internazionale, giovani musicisti e leggende viventi, jazzisti ortodossi e impenitenti sperimentatori... (Giuseppe Rubinetti) |
24/10/2006 | Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Bobo Stenson tra i protagonisti del Brugge Jazz 2006 (Thomas Van Der Aa e Nadia Guida) |
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Data pubblicazione: 11/02/2008
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