Dal 27 al 31 agosto la splendida località di Santa Teresa Gallura in Sardegna ospiterà
la nona edizione del Festival di "Musica
sulle Bocche" voluta e organizzata da
Enzo Favata
La Musica, le Parole, il Pensiero: nove domande a Enzo Favata
Intervista di Viviana Maxia
luglio 2009
Dall'alba a notte inoltrata: quest'anno, l'idea di
Enzo Favata
per il suo Festival è quella "di affrontare un viaggio verso il continente sudamericano
riletto in chiave jazz. Non solo la musica, ma anche il cinema e la fotografia racconteranno
al pubblico il grande continente al di là dell'oceano Atlantico".
Beppe Severgnini sarà il protagonista di "Racconti sulle bocche" che
si confronterà in anteprima, il 26 agosto, con Flavio
Soriga, tra saggistica e narrativa sul tema annuale: il viaggio nella sua accezione
più ampia.
In cinque giorni di concerti ed eventi - a tutte le ore del giorno e in diversi
luoghi - Santa Teresa di Gallura diventa la "casa " della musica, come ci racconta
Enzo Favata
in nove domande in cui, lasciando correre la mente anche oltre la rassegna, apre
la porta del suo mondo fatto di musica suonata e pensata.
L'anno prossimo saranno 10 anni che la rassegna ha preso
"il mare", un breve consuntivo sulle precedenti edizioni.
"Musica
sulle Bocche" ha una caratteristica diversa rispetto agli altri festival:
è la de-contestualizzazione del luogo in cui vengono eseguiti i concerti e la proposta
musicale è data da questo rapporto strettissimo tra musica e natura. Questa è la
carta vincente che ha fatto di un piccolo festival un evento da trentamila presenze
l'anno. Sono un musicista sempre in giro per il mondo per cui conosco gli altri
festival; magari ho anche preso qualche idea, ma la nostra è una rassegna che in
nove anni si è costruita una forte personalità. Il pubblico è cresciuto edizione
dopo edizione fino a farla diventare una importante e bella realtà.
Come si è evoluta la rassegna e quali sono stati i tratti
distintivi rispetto alle altre rassegne musicali sarde?
La Sardegna è un luogo speciale per quanto riguarda la musica jazz nel mondo. Se
guardiamo la percentuale di musicisti jazz, festival e indotto di pubblico, sicuramente
in Italia è una regione che non ha rivali. Per esempio in Norvegia si è sviluppata
una serie di musicisti e festival di una certa importanza. La Sardegna è quasi allo
stesso livello, unica differenza la Norvegia è una nazione, mentre la Sardegna è
una regione con tutti i limiti che ne conseguono. Nello specifico: le tipologie
degli altri festival sono varie, secondo me la carta vincente di "Musica sulle Bocche"sta
proprio nel rapporto molto libero che si è instaurato con il pubblico che si reca
qui apposta, nonostante ci sia la propensione a vedere la Sardegna come classico
luogo di vacanza. Il nostro pubblico è consapevole di trovare da noi musica di un
certo livello e ne approfitta per legarlo al buon cibo e al buon vino. È un pubblico
variegato, ma che si è fidelizzato. Esiste ed è una realtà il pubblico affezionato
di "Musica sulle Bocche"che sceglie di ritornarci ogni anno.
Come si differenzia dalle altre la rassegna di quest'anno
Il programma che viene proposto è molto vicino alla mia idea di musica. Io sono
un jazzista assolutamente in linea con le influenze contemporanee della musica jazz;
un po' differente è il mio modo di pensare che è assimilabile ad una grande partitura
su cui compongo tutti i tempi di questa grande suite. In questo modo, le novità
si sommano anno dopo anno. Per esempio le location, come le famose albe alle
sei del mattino sulla spiaggia della Rena Bianca, con il pubblico che ascolta
davanti al mare che si affaccia verso la Corsica. Lo scorso anno abbiamo introdotto
un concerto al tramonto a Capo Testa, luogo che si trova a quattro chilometri
dal centro abitato di Santa Teresa di Gallura, molto conosciuto. Abbiamo
poi introdotto il jazz raccontato ai bambini, e, ancora, la musica nelle chiese.
La novità di quest'anno è il tema legato sia al viaggio che al "mito" del viaggio:
il Sud America, non inteso come raccolta di musicisti del posto, ma come mito del
Sud America visto con gli occhi del musicista europeo. Sono anni che vado in tournée
in quei luoghi, conosco molti musicisti sudamericani e ciò che mi interessava era
far sentire quest'idea, offrendo uno sguardo più intimistico, particolare del Sud
America. Quest'anno poi, oltre ai "Racconti sulle bocche" di cui è protagonista
Beppe Severgnini, il 26 agosto ci sarà un'anteprima del festival con lo stesso
Severgnini e lo scrittore sardo Flavio Soriga, protagonisti di una serata letteraria
sempre dedicata al viaggio, nella chiesa di Santa Lucia. Ogni anno c'è qualcosa
di nuovo, non mettiamo limite alla fantasia e soprattutto non vogliamo essere il
festival che continua a proporre sempre e comunque il grande musicista ma che, piuttosto,
è diventato un po' talent scout per le nuove proposte musicali. Otto anni fa, durante
la seconda edizione di "Musica sulle Bocche", nella piazza centrale di Santa Teresa
suonava un giovane
Stefano
Bollani, che allora non era ancora esploso e non immaginava che
tre anni più tardi sarebbe diventato il talento internazionale che tutti oggi conoscono
e ci invidiano. Ancora, i The New Village – in tentetto con i
Tenores Di Bitti, che hanno debuttato a "Musica sulle Bocche" e poi sono
stati prodotti e proposti come nuovo progetto. Una varia serie di produzioni ha
visto la luce proprio con il festival, come, ad esempio, anche il quartetto con
Enzo Favata,
Omar Sosa e Marcello Peghin, nato durante uno dei
tramonti di "Musica sulle Bocche" dello scorso anno.
Quanta parte ha ormai il jazz in "Musica sulle Bocche"
e quanta parte invece appartiene alla world music.
Louis Armstrong
diceva: "Se ti chiedi cos'è il Jazz non lo saprai mai". Questa frase
è rimasta l'emblema di molti jazzisti che hanno aperto le porte all'avanguardia.
Questa era l'intuizione di una persona che decise di allargare i suoi orizzonti,
mentre se vogliamo parlare ad esempio di Coltrane, o Charlie Parker
o altre personalità di questo tipo possiamo dire che erano più conservatori.
Quanto c'è di jazz nel festival? C'è tanto jazz, soprattutto se consideriamo che
è un genere sempre in evoluzione. Se si considera la mia affermazione, nata perché
sono un musicista molto curioso, ovviamente non collima con l'idea di jazz dei conservatori
italiani per i quali i repertori si fermano agli anni '60.
Grazie al cielo ci sono talenti ovunque; talenti che poi si liberano dell'idea della
scuola e del classicismo anche nel jazz. La world music invece è un'etichetta
che vuol collocare qualcosa che è in costante movimento, è una musica che ha paura
di essere rinchiusa. Se vogliamo, la musica popolare del mondo rispetta quello che
è lo sviluppo dei materiali popolari con una particolare attenzione per l'improvvisazione
e comunque, al suo interno, c'è sempre tanto jazz. Ricordiamoci che ci sono musicisti
come Egberto Gismondi che non sono musicisti di world music ma jazzisti con
una grandissima cultura anche classica. Io credo che la grande scommessa negli anni
a venire sarà quella di liberarsi del modello afroamericano Beris pre elettrico
e finalmente dare libertà alla creatività perché quest'ultima spesso è venuta a
mancare e questo è un grosso pericolo perché così facendo la musica muore.
Beppe Severgnini e i Racconti sulle Bocche: come si integrano
con la musica e cosa rappresentano
I "Racconti sulle Bocche" costituiscono un appuntamento fisso ogni anno. In una
delle prime edizioni ho sviluppato questa formula con Carlo Lucarelli, un
mio carissimo amico. In questa edizione avremo protagonista Beppe Severgnini che
ogni sera sul palco centrale leggerà i suoi racconti "improvvisati" composti per
l'occasione durante la giornata appena trascorsa, sotto l'impulso sonoro delle giornate
musicali.
"Musica sulle bocche" è una realtà oramai consolidata,
ma non è solo l'alba su Rena Majore, cos'altro è?
L'alba sul Rena Majore contribuisce a ricreare un'atmosfera quasi magica e a dare
al pubblico la sensazione di condivisione, di happening quando ci si ritrova tutti
insieme: musicisti, natura, gente comune. L'uno di fianco all'altro condividono
quel momento e magari alla fine suggellano l'esperienza con un bagno mattutino.
Ma ci sono tante altre location pensate appositamente per ogni musicista e ogni
tipo di evento, ma soprattutto chi sceglie di venire a Santa Teresa ha il piacere
di godersi appieno ogni momento facilitato dal fatto di avere tutto a portata di
mano, con distanze minime percorribili anche a piedi. E quindi può scegliere tra
un tramonto a Capo Testa, un faro a ridosso del vento, gli spettacoli nelle chiese,
i concerti appositamente pensati per i bambini accompagnati dai loro genitori; tutto
nel giro di pochi chilometri.
Musica sulle Bocche 2007: Concerto all'alba
foto di Luca D'Agostino - Phocus Agency
Raccontami dell'adesione a "impatto zero": come si integra
questa adesione al protocollo di Kyoto con la manifestazione e che significato ha
questa adesione per Enzo Favata?
Siamo stati il primo festival, lo scorso anno, ad aderire al protocollo di Kyoto.
Quando abbiamo iniziato c'era il "deserto dei Tartari" qui in Sardegna; si studiava
sui dischi jazz che arrivavano perché non c'erano altre occasioni di ascolto della
musica. L'idea di mettere in pratica quello che per tanti, a volte, resta solo teoria
forse deriva proprio dal fatto che ci siamo sempre un po' arrangiati. Noi siamo
per la salvaguardia dell'ambiente e per questo combattiamo, ma facendo qualcosa
di concreto in modo da lasciare un segnale tangibile al nostro pubblico:
quest'anno insieme al biglietto d'ingresso (un obolo simbolico di uno o due euro)
regaleremo a tutti degli erogatori da applicare al rubinetto dell'acqua, che ossigenano
il getto riducendolo del 30%. È una cosa assolutamente economica, ma è proprio il
segnale pratico che si sposa con la difficoltà che la Sardegna ha ogni anno con
la penuria di acqua.
L'organizzare questo appuntamento non ti distoglie dalle
sperimentazioni e commistioni musicali per le quali sei conosciuto come musicista?
Io lavoro sempre molto, sia con gli orchestrali, sia in altri ambiti, tipo quello
delle colonne sonore ed in queste occasioni mi è capitato di creare delle cartoline
sonore che sposano la musica al paesaggio. "Musica sulle Bocche" per me è quindi
una grande partitura che, ogni anno, cerco di racchiudere in una cartolina sonora
di qualche minuto contenente la "summa" del festival stesso.
Faccio il direttore artistico del festival, ma la mia attività di musicista continua
per tutto l'arco dell'anno, anche perché ho uno staff straordinario che lavora ogni
anno per la sua buona riuscita. È un format assolutamente collaudato, nonostante
sia molto faticoso dal punto di vista economico perché bisogna applicare molte energie
nella ricerca degli sponsor; ma questo è un problema comune che coinvolge tutta
l'Italia. Andando spesso in giro per il mondo, noto che all'estero si hanno meno
difficoltà a produrre musica di alto livello, anche con l'aiuto degli enti pubblici
che danno un grosso apporto alla cultura musicale. Sono sempre molto concentrato
sulla produzione della musica e dei concerti durante il resto dell'anno perché mi
fido della macchina organizzativa ormai consolidata. Ci si può fermare un mese e
non di più, progettando il festival e facendo in modo che si svolga nel migliore
dei modi. Un'annotazione sociologica ed economica: lo scorso anno uno studente di
Economia del Turismo della "Bocconi" ha analizzato nella sua tesi lo spaccato economico
di "Musica sulle Bocche" e ne è venuto fuori un dato importante: nel periodo del
festival, nell'indotto di Santa Teresa Gallura c'è una resa che ammonta a circa
due milioni di euro, e anche questo è sintomo del suo successo.
Quanto ti emoziona suonare e quanto sentire suonare gli
altri.
La curiosità di sentir suonare gli altri è la curiosità di conoscere, e questa credo
sia la cosa più importante in un musicista, come in un artista o uno scrittore.
È importante non chiudersi mai dicendo che qualcosa non ci interessa senza averla
prima ascoltata. È chiaro che c'è qualcuno che mi emoziona più di altri, subentra
il gusto personale, ma ognuno, dall'avanguardista più incallito al melomane più
normale, ha sempre qualcosa di buono che fa parte del bagaglio culturale che ognuno
di noi dovrebbe avere. Mi emoziona capire che dietro a uno strumento batte il cuore.
La musica ha due possibilità: quella che arriva e quella che non arriverà mai. La
prima categoria appartiene a musicisti che, a prescindere dal loro stile, sono guidati
dal cuore. L'altra appartiene alla categoria degli "impiegati". Parlando di me,
mi emoziona suonare ogni giorno, mi emoziona suonare strumenti nuovi, come il sassofono
soprano e poi il sopranino, con cui mi piace giocare e sperimentare cose che hanno
a che fare con strumenti arcaici. Ho scoperto uno strumento, nuovo per me ma che
Mozart conosceva molto bene, che è il Corno di Bassetto: è uno strumento
che ha dei timbri che ricordano il duduk armeno e dei suoni assolutamente
arcaici, incredibili. Poi mi emoziono facendo suonare il soprano sul ritmo e sul
tempo e il tenore in maniera molto metropolitana, come si può ascoltare con i "The
Village", in cui
Daniele
Di Bonaventura e Alfonso Santimone hanno due modi
di suonare completamente diversi (suonano il pianoforte acustico e il pianoforte
elettrico, con il contrabbassista
Danilo Gallo
e Riccardo Pittau, trombettista di altissimo livello, ad accompagnare
le loro evoluzioni. Oltre all'emozione di suonare strumenti nuovi, mi riferisco
sempre a Coltrane che sosteneva che "non è ancora arrivata la musica che suonerai"
e quindi sono sempre convinto che ci sia una musica nuova da suonare domani.
Le parole di Enzo
Favata descrivono, in un forte impatto emozionale la sua vocazione di
musicista e amante di tutto ciò che è creativo e sostenibile, tranne delle "etichette",
che partendo dal mare sardo pieno di musica e armonia, lancia lo sguardo e parla
con il cuore verso le "bocche" del Mondo.
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Data pubblicazione: 22/08/2009
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