Roccella Jazz Festival 29a Edizione
Rumori Mediterranei 2009
« Basta con i capolavori »
Direzione Artistica:
Paolo Damiani
Reggio Calabria, Roccella Jonica, Polistena, San Giorgio Morgeto, Caulonia, Cinquefrondi,
Martone - 12-22 agosto 2009
di Vincenzo Fugaldi
foto di Sergio
Cimmino
La ventinovesima edizione dello storico festival calabrese è iniziata,
come ormai consuetudine, a Reggio Calabria, nella piazza antistante il castello,
con un concerto del quartetto del sassofonista norvegese
Jan Garbarek,
accompagnato da Trilok Gurtu,
batteria e percussioni, Rainer Brüninghaus, tastiere e Yuri Daniel,
basso elettrico.
Garbarek
- che non incide da tempo in studio - ha recentemente pubblicato un doppio cd dal
vivo per l'ECM ("Dresden") con il medesimo quartetto, con
Manu Katchè
alla batteria al posto di Gurtu.
Dunque è questa per il momento la dimensione più congeniale all'artista, che non
si è certo risparmiato, suonando per oltre due ore al sax tenore, al sopranino ricurvo,
al flauto, riproponendo buona parte del materiale inciso sul cd live. La forza della
musica di
Garbarek è data dalla riuscita commistione tra culture musicali diverse,
qui i poli estremi della sua Norvegia e dell'India di
Gurtu, che si fondono in una proposta
di affascinante e compiuta sintesi, grazie al legante del basso e delle tastiere.
Se tutti hanno concorso alla riuscita del concerto, un merito particolare va alla
fantasia percussiva di Gurtu, che
insieme al basso di Daniel costituisce una potente macchina ritmica, e i momenti
migliori sono stati gli assoli del leader al tenore, con la sua sonorità e il fraseggio
unici, inconfondibili.
La Sezione "Ritratti", presso il Convento
dei Minimi, condotta come sempre con garbo e professionalità dal musicologo Maurizio
Franco, è iniziata con Daniele D'Agaro, qui al clarinetto e al sax tenore.
Nell'interessante intervista che ha preceduto il concerto, il musicista friulano
ha raccontato le proprie origini musicali, e le sue lunghe esperienze in Europa,
fra Berlino e l'Olanda, lo studio prima del sassofono e poi del clarinetto, la passione
per la tradizione e per l'avanguardia, la scoperta di spartiti inediti di Don Byas.
Il concerto ha confermato la sua statura di artista di assoluta levatura europea,
coniugando Monk (una incredibile Little Rootie Tootie al tenore), Ellington
(The Girl in My Dreams Tries to Look Like You, composizione interpretata
nel 1951 da Ben Webster) e libera improvvisazione con tecnica sopraffina ed elevata
espressività.
Livio Minafra, che vanta, nonostante sia giovanissimo, una già
consistente esperienza al pianoforte solo (ha praticamente suonato in solitudine
sin dall'inizio della sua carriera), non ha improvvisato, ma proposto tre brani
del suo repertorio: Campane, Choo Choof e Muezzin, tra un campionario
di campanelle, trastulli fanciulleschi, strumenti giocattolo, muovendosi con grande
perizia tecnica tra le composizioni evocative dell'infanzia e della sua terra, la
Puglia.
Al pari di D'Agaro,
Gianluca Petrella,
dopo aver risposto alle precise domande di Maurizio Franco, ha reso una performance
di trombone solo, senza effetti elettronici, di eccezionale impatto. Un viaggio
totalmente improvvisato tra vari stili trombonistici, gesti musicalissimi, glissati,
bassi profondi, ballad, con lo strumento usato nei modi più inusuali, smontato,
riempito d'acqua, in un flusso di composizioni istantanee, tra prorompente energia
e swing senza fine.
Lewis Porter, docente di storia del jazz – autore tra l'altro del volume
"Blue Trane. La vita e la musica di
John Coltrane"
–, ha proposto un programma di sue composizioni e classici come Body And Soul
e Giant Steps, con un procedimento di scomposizione e reinvenzione dei
brani.
L'ultimo incontro al Convento dei Minimi si è tenuto con il vocalist John
De Leo che, con il fondamentale supporto di Massimo Ottoni, video scenografo
che creava e scomponeva figure in tempo reale grazie ad una attrezzatura semplice
ma ingegnosa, utilizzando come materiale la sabbia, e di Franco Naddei, chitarra
e live electronics, ha realizzato una performance vocale intensa, dai toni tenebrosi,
mettendo in gioco la ben nota tecnica ed estensione vocale, complesse manipolazioni
elettroniche della voce in tempo reale e le sue doti di compositore.
I concerti in provincia di Reggio hanno avuto inizio a Polistena, con il
progetto "Malagun" di Silvia Malagugini, voce e Daniele Segre Amar,
chitarra e live-electronics: una performance basata sulla tradizione del canto popolare
elettronicamente rivisitata, seguita da un lungo concerto della Minafric Orchestra,
diretta in alcuni brani da
Livio Minafra e in altri dal padre Pino, con la presenza
tra gli altri di Roberto Ottaviano, Sandro Satta, Lauro Rossi,
Giovanni Maier, Vincenzo Mazzone e l'apporto del quartetto vocale
Faraualla. Tra i brani eseguiti, Le Minafric, Maccaroni,
Mediterraneo, Terronia, Fowa. L'orchestra è garanzia di buona
musica e di uno spettacolo coinvolgente, grazie principalmente agli ottimi solisti,
alle turgide e festose composizioni, alla divertente e divertita gestualità direttoriale
di Livio, che suona anche la fisarmonica e al piano elettrico ha un approccio jazzistico,
molto diverso dalle sue prove discografiche e concertistiche in piano solo. La presenza
del quartetto vocale ha leggermente irrigidito il discorso musicale, togliendogli
spontaneità. La stessa piazza del Popolo di Polistena ha ospitato, la sera successiva,
i Quintorigo con il loro progetto "Plays Mingus".
Nell'incantevole cornice di San Giorgio Morgeto, l'Italian Tango Quartet
diretto dalla fisarmonicista Giuliana Soscia e da
Pino Iodice,
apprezzato pianista della Pmjo, con
Aldo Vigorito
al contrabbasso e Emanuele Smimmo alla batteria. I quattro hanno proposto
alcune composizioni originali (Kiltango, Passaggio dei delfini), e
brani di Astor Piazzolla (Camorra III), con un buon taglio jazzistico assicurato
dalla consolidata perizia di
Iodice
e Vigorito.
Sulla stessa piazza, a tarda ora, il gruppo della cantante algerina Hasna El
Becharia.
Il lungomare di Caulonia ha ospitato l'interessante progetto di world
music di Antonio Calogero, chitarra classica e acustica, con Paul
McCandless, sax soprano, oboe e clarinetto basso, e le percussioni di Andrea
Piccioni e Davide Bernaro. Un quartetto che ha proposto delle composizioni
originali molto gradevoli, senza un preciso baricentro, ma delicate e liriche, suonate
con stile ed eleganza, grazie all'apporto di tutti: dalle leggere trame create dai
percussionisti, alla superba tecnica del leader sia alla classica che all'acustica,
alla presenza di McCandless, il cui contributo aggiunge sempre un tocco di raffinatezza.
Ha chiuso la serata il gruppo del batterista argentino Minino Garay y Los Tambores
del Sur, con una musica festosa e danzante, epidermica, tra latin,
rap e funky.
Il paesino di Cinquefrondi, dopo l'esibizione dei migliori allievi dei
seminari 2008 con Luca Bulgarelli al
contrabbasso, sotto l'appassionata e volenterosa direzione di Daniele D'agaro,
ha ospitato uno dei migliori concerti dall'intero festival: "Sol" di
Fabrizio Bosso
e
Javier
Girotto, con la tromba e i sassofoni dei leader, il pianoforte,
la voce e le tastiere di Natalio Mangalavite, il basso elettrico di Luca
Burgarelli, la batteria di
Lorenzo Tucci,
e la presenza speciale delle gloriose percussioni di Minino Garay. Tre argentini
di Cordoba e tre italiani per una festosa kermesse di afrocuban bop, tra
il solismo supersonico di Bosso e Girotto, l'esuberanza della sezione ritmica, con
meriti speciali a Mangalavite e Garay, e una scelta di splendidi brani originali.
Doverosa, e ovvia, la standing ovation finale del foltissimo pubblico intervenuto.
A Martone due concerti: il primo, una performance del gruppo del pianista
Gianni Lenoci
con la voce di Benat Achiary, il violino di Carlos Zingaro, il contrabbasso
di Joelle Leandre, le percussioni di Marcello Magliocchi e il danzatore
giavanese Norontako Bagus Kentus, ha visto una improvvisazione radicale che
si articolava tra vocalizzi, letture poetiche e suggestive coreografie indonesiane.
Il secondo il nuovo quintetto "Lost on the Way" di Louis Sclavis,
coadiuvato dal fido batterista François Merville, con i giovani Matthieu
Metzger ai sassofoni soprano e alto, Maxime Delpierre alla chitarra elettrica
e Olivier Lété al basso. Una proposta rigorosa e innovativa, che conferma
il clarinettista francese ai vertici delle migliori esperienze musicali europee,
sempre alla ricerca di suoni e soluzioni musicali modernissime, coerenti, non prive
di danzante lirismo e riuscita sperimentazione. Interessanti gli equilibri all'interno
del quintetto, con il bassista e il chitarrista alla ricerca di brillanti e nuove
sonorità metalliche. Tra i pregevoli brani dell'ultimo cd suonati dal gruppo,
De Carybde en Scilla, Lost on the Way, Bain d'Or, Le Sommeil
des Sirènes, L'Heure des Songes.
Un
paragrafo va dedicato agli eventi pomeridiani, tenuti come di consueto nell'auditorium
comunale di Roccella, tutti riusciti e di grande successo. L'apertura è toccata
ad Elio, con il suo felicissimo e collaudato "Concerto/lettura semi-seria nel
centenario dell'uscita del manifesto del Futurismo di Marinetti". Era coadiuvato
da un gruppo acustico quanto mai pertinente, con Giampaolo Bandini alla chitarra,
Enrico Fagone al contrabbasso, Corrado Giuffredi al clarinetto,
Cesare Chiacchiaretta alla fisarmonica e Danilo Grassi alle percussioni.
Lo spettacolo di teatro-canzone, dedicato con sagace e garbata ironia alla retorica
futurista, consisteva in dieci testi e dieci canzoni firmate da Nicola Capogrande,
lo stesso Elio e Piero Bodrato. Seguiva una esilarante lettura di
massime tratte dal volume "Come si seducono le donne" di Filippo Tommaso
Marinetti, e infine delle vere canzoni degli anni Trenta di sorprendente attualità,
composte da Rodolfo De Angelis.
I due pomeriggi successivi sono stati caratterizzati dalla predominanza della
voce, lasciando ai musicisti uno spazio necessario, ma umile e discreto. Nel primo,
al violoncello, era il direttore artistico del festival,
Paolo Damiani,
a supportare al meglio Lella Costa nella lettura scenica di alcuni brani
tratti dal volume di racconti dello scrittore sardo Flavio Soriga, "L'amore
a Londra e in altri luoghi", in particolare "Aprile" e "Candele".
Soriga, autore anche di "Sardinia Blues", ha una scrittura musicale, danzante,
e la Costa trova sempre i modi e i tempi giusti per le letture sceniche, e si avvale
della sua notevole tecnica recitativa senza metterla mai in evidenza, ponendosi
con gusto e sincera emozione al servizio del testo.
Il terzo pomeriggio ha visto insieme il pianoforte di
Rita Marcotulli
e una grande signora dello spettacolo italiano, Franca Valeri, in un'antologia
di suoi celebri monologhi, caratterizzati da una forte, memorabile ironia.
L'ultimo era "Cinema Songs. Canzoni nel cinema" di
Danilo
Rea. Con il grande pianista, sul palco la voce di Diana Torto,
la tromba di
Marco Tamburini, il violino di
Marcello
Sirignano, il contrabbasso di Franco Testa e la batteria del
glorioso
Ellade Bandini. Sullo schermo, un pregevole montaggio elettronico
di Riccardo Sai degli storici film nelle cui colonne sonore originali erano contenute
le canzoni interpretate dal sestetto, da "L'amore è una cosa meravigliosa",
"Schindler's List", il disneyano "Biancaneve e i sette nani" con il
tema in 3/4 Someday My Prince Will Come, "La strada" con lo struggente
tema di Nino Rota, "Colazione da Tiffany" con Moon River, l'indimenticabile
Maigret interpretato da Gino Cervi con Un giorno dopo l'altro di Tenco, la
splendida Anna Magnani di "Bellissima" con ‘O surdato ‘nnamurato,
"C'era una volta il West", "The Mission", "Come eravamo". Mirabile
la forza degli arrangiamenti, in sintonia con il montaggio delle immagini sullo
schermo, e in gran spolvero i musicisti, tutti impegnati al meglio, dal leader,
concentrato e lirico, a Diana Torto, dalle ottime doti vocali, qui a suo
agio sia sulle più conosciute canzoni americane che sui vocalizzi sui temi di Morricone,
e sinceramente commossa nell'interpretare splendidamente l'omaggio alla Magnani.
Le serate al Teatro al Castello sono iniziate con il gruppo "Tubolibre" di
Gianluca Petrella.
Insieme al trombonista il bianco sousaphone di Mauro Ottolini, la chitarra
elettrica di Gabrio Baldacci, la batteria di
Cristiano Calcagnile
e, in qualità di ospite,
Bob
Stewart al basso tuba. La musica libera e aperta del gruppo, fortemente dominata
dalla straripante personalità del leader, con una lunga e articolata suite centrale
costruita su riff, sui contrasti fra i colori metallici della chitarra e quelli
cupi degli ottoni, tra acide sonorità hendrixiane, intriganti omaggi a Ellington
(The Mooche) e trascinanti blues, pur non valorizzando a pieno l'illustre
ospite americano, ha convinto per coesione e capacità di sintesi tra generi e atmosfere
diverse, grazie anche alla fantasiosa batteria di Calcagnile, pronto a sottolineare
con tecnica personale e grande vitalità ritmica ogni momento dello sviluppo musicale.
Dee Dee
Bridgewater, con Edsel Gomez al pianoforte, Pernell Saturnino
alle percussioni, Ira Coleman al contrabbasso e Minino Garay alla
batteria, si è prodigata con il consueto pieno e sincero impegno in un lungo e fortunato
concerto, con un repertorio per niente scontato e preziosamente arrangiato da Gomez.
Per citare solo i brani migliori: Afro-Blue di Mongo Santamaria, la shorteriana
Footprints con un testo della stessa cantante, una lenta Besame Mucho,
una
intensa e sofferta Four Women di
Nina Simone,
una ironica e sensuale Speak Low, la ballad Meanwhile, composta dal
pianista e dalla Bridgewater. Un gruppo efficacissimo, fortemente caratterizzato
dalla interazione tra gli eccezionali percussionista e batterista, con un contrabbassista
di classe sopraffina e un pianista semplicemente perfetto.
La Lydian Sound Orchestra, nel ventennale della sua costituzione,
con la direzione e gli arrangiamenti di Riccardo Brazzale, e musicisti di
valore come
Nicola Fazzini,
Pietro Tonolo,
Rossano Emili, Kyle Gregory, Roberto Rossi, Dario Duso,
Paolo Birro,
Marc Abrams e
Mauro Beggio,
ha suonato con gusto e classe alcuni raffinati arrangiamenti di brani originali
(Joseph The March, Turkish Cuckoo, Rosenstrasse 39), e classici
come King Porter Stomp di Jelly Roll Morton, Wee See di Monk, Boogie
Stop Shuffle di Mingus.
Sarah
Jane Morris ha cantato con un buon gruppo interamente acustico: Henry
Thomas, chitarra basso; Tony Remy e Kevin Armstrong, chitarre;
Liam Genokey, batteria. La Morris, sempre generosa, comunicativa e irruenta
sulla scena, ha proposto con arrangiamenti validi, essenziali e asciutti molti dei
brani del suo repertorio recente e trascorso, tra folk rock e soul.
Bob
Stewart ha unito il suo basso tuba alla voce e al pianoforte di Amina Claudine
Myers e alla voce e alla chitarra elettrica di Jerome Harris. Originariamente
prevista ma poi cancellata, la mancata presenza della batteria di
Hamid Drake
ha pesato non poco sugli esiti del concerto, che ha segnato passi leggermente discontinui,
con i momenti migliori riservati al florido pianismo churchy della Myers
e al suo intramontabile, appassionato canto gospel, e a un omaggio a Don Cherry.
È stato emozionante ritrovare uno storico protagonista della fusion,
il grande violinista Jean-luc Ponty, che ha portato a Roccella il suo quartetto,
composto da William Leconte, tastiere, Guy Nsangué Akwa, basso e
Pierre-françois Dufour, batteria. Musicista internazionale, dalle molteplici
sfaccettature,
oggi
Ponty è un tranquillo gentleman, sereno e posato, che ha ritrovato uno splendido
suono acustico grazie alle tecnologie audio oggi a disposizione, e mette la sua
ineguagliabile tecnica al servizio di un jazz-rock elegante, coadiuvato da partner
di grande qualità. Dalle composizioni più recenti, dalle caratteristiche forse leggermente
patinate (Back in the Sixties, Point of No Return, Without Regrets),
a un gradito salto indietro nel tempo, con i più sanguigni brani degli anni
'80 e '70
(Gig, Mirage, The Struggle of the Turtles to the Sea). Si è
concesso anche una felice incursione nel jazz più classico, eseguendo in duo col
pianista una Monk's Mood profondamente rispettosa dell'originale.
Già registrato su un cd live alla Casa del Jazz pubblicato da «L'Espresso»,
"Progressivamente", l'omaggio al rock progressive di
Roberto
Gatto ha chiuso in bellezza, prima dell'esibizione di Piero Pelù
e gli Acquaragiadrom, l'edizione del festival. Gatto, come molti appartenenti
alla sua generazione, è profondamente affezionato a quel particolare filone del
rock inglese, costituito da musicisti coraggiosi e innovativi, che hanno inciso
dischi che hanno rivoluzionato la storia del rock. E dimostra il suo
affetto con la cura con cui ha costituito una sorta di supergruppo:
Gianluca Petrella
al trombone,
Luca Mannutza al pianoforte e tastiere,
Maurizio
Giammarco ai sax e al flauto,
Fabrizio Bosso
alla tromba, Roberto Cecchetto alla chitarra, Francesco Puglisi al
basso e John De Leo alla voce. Insieme hanno eseguito la celebre Money
dei Pink Floyd, con un ottimo arrangiamento di Giammarco, e altri classici del
progressive più o meno noti, come la splendida Matte Kudasai dei King
Crimson, la wyattiana Sea Song affidata alla sempre sorprendente vocalità
di De Leo, che ha interpretato anche i suoi Le chien et le flaçon e Zara.
Hanno suonato anche una parte della barocca suite Close to the Edge degli
Yes, Watcher of the Skies dei Genesis, e una parte della suite Trilogy
degli Emerson, Lake & Palmer introdotta da un duo tra sax e pianoforte. Tutti i
musicisti in grande forma per l'occasione, con una menzione speciale per Mannutza
e, soprattutto, per Petrella.
Gallery su Roccella Jonica (by Sergio Cimmino)
Jean
Luc Ponty
Bob
Stewart
Dee
Dee Bridgewater
Elio
e i Futuristi del futuro
Lydian
Sound Orchestra
Sarah
Jane Morris
27/08/2011 | Umbria Jazz 2011: "I jazzisti italiani hanno reso omaggio alla celebrazione dei 150 anni dall'Unità di Italia eseguendo e reinterpretando l'Inno di Mameli che a seconda dei musicisti è stato reso malinconico e intenso, inconsueto, giocoso, dissacrante, swingante con armonizzazione libera, in "crescendo" drammatico, in forma iniziale d'intensa "ballad", in fascinosa progressione dinamica da "sospesa" a frenetica e swingante, jazzistico allo stato puro, destrutturato...Speriamo che questi "Inni nazionali in Jazz" siano pubblicati e non rimangano celati perchè vale davvero la pena ascoltarli e riascoltarli." (di Daniela Floris, foto di Daniela Crevena) |
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 25/10/2009
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