Magnus Öström Live a Istanbul, energia bollente e
liquida
Concerto al Salon KSV, Istanbul, Turchia, 18 gennaio 2014
di Monica Mazzitelli
foto di Ali Guler
Magnus Öström - batteria,
percussioni
Andreas Hourdakis - chitarra
Daniel Karlsson - pianoforte, organo e Fender Rhodes
Thobias Gabrielson - basso elettrico, basso synth, tastiere
Concerto sold out per una città dove il jazz davvero pulsa come
in pochi altri luoghi europei e mondiali; una scena da tenere bene d'occhio e che
si guarda avidamente intorno. La Turchia è affamata di musica di qualità e innovativa
e chi la ama, spesso, è incredibilmente giovane rispetto alla media di altri paesi:
mai visti così tanti ragazzi e ragazze a un concerto jazz. E qui Magnus Öström
è più che di casa: tutto ciò che è legato all'Esbjörn
Svensson Trio gode di un culto amorevole e caldo, non "adorante": il distacco
tra pubblico e palco è minuscolo, e l'energia bollente e liquida che è caduta copiosa
in platea ha suscitato grida, applausi, singhiozzi e sospiri che nessuno sentiva
il bisogno di trattenere. A prima vista tutti i presenti erano consci non solo della
magnitudo di Öström, ma anche di quella dei suoi sodali: musicisti di pregio, ognuno
dei quali attore di uno o più progetti da leader. A cominciare da Daniel Karlsson,
uno dei migliori pianisti scandinavi, che non rinuncia ad imporre la sua personalità
nonostante lo spiccato eclettismo, o di Thobias Gabrielson (uno che ha suonato,
per dire, anche con Nils Landgren) che dal vivo ha mostrato ancora più classe che
sul disco, o di Andreas Hourdakis, la cui chitarra ha davvero impresso una
riconoscibile cifra al lavoro di Öström.
Il concerto è quasi interamente dedicato all'ultimo eccellente
album, Searching For Jupiter, con solo due pezzi di Thread Of Life,
e ne segue anche l'ordine cronologico. Si parte infatti con The Moon (And
The Air It Moves) dove Gabrielson esprime una forza spettacolare al basso, e
prosegue con Dancing At The Dutchtreat, ancora più metheniana che sul disco,
che si conclude con una bellissima coda. Continua l'ordine cronologico del disco
perché segue Mary Jane Doesn't Live Here Any More, dove le spazzole di Öström
sono più che altro una lunghissima carezza, fino a che l'improvvisazione magistrale
di piano di Karlsson non dà il via a un'improvvisazione generale di ciascun musicista.
Su Searching For Jupiter è la chitarra di Hourdakis che vola via libera e
potente, sostenuta sul finale dal basso granitico di Gabrielson, che non cede di
un millimetro neanche sulla nuova improvvisazione del piano, con il pubblico che
finisce a urlare delirante sulle note di Hourdakis, fatte cadere come frammenti
di caramella.
Deviazione per il quinto brano in scaletta: Weight Of Death, preso da
Thread Of Life. La luce sul palco si fa caravaggesca e Gabrielson lascia inizialmente
il basso per toccare solo elettronica mentre Karlsson lavora sull'organo, con la
batteria quasi in silenzio in un'esecuzione minimale al punto da essere quasi irriconoscibile,
fino a una coda dalla quale Gabrielson tira fuori un ritmo funky dal basso synth
e tutto si trasforma in un tribalismo duellato con la batteria dove anche il piano
di Karlsson si fa percussione, e Öström produce un suono che sembra elettronica,
non batteria. Due accordi e il pezzo scivola dentro Through The Sun con un
assolo di basso strepitoso. Gabrielson finisce per duettare con la chitarra acidissima
di Hourdakis finché non riatterrano tutti sulla traccia spalancandola in un crescendo
finale.
Happy And The Fall, racconta Öström, gli è stato ispirato dal vedere la capacità
dei suoi bambini a rialzarsi in piedi dopo le cadute durante le corse, senza far
drammi; il corpo del brano libera uno dei migliori assoli di pianoforte di Karlsson.
L'ultimo brano prima del bis non poteva che essere At The End Of Eternity:
un capolavoro che ospita come un diamante il mastodontico assolo di Öström. Sembra
sdoppiarsi, fare ritmi dispari con una mano e pari con l'altra, cambiando per quattro
volte completamente direzione ritmica: sembra duellare con se stesso. E dopo una
accelerata a tavoletta esce dal trance per ritrovare i compagni per una gloriosa
esaltante conclusione. Ma il pubblico incontenibile non ne vuole sapere e dopo un'uscita
brevissima i quattro sono di muovo in scena per l'unico bis, dal primo album,
Piano Break Song: bella come l'originale con il triplo dell'energia, e Thobias
Gabrielsson che tira fuori il suo miglior groove sul finale.