Roccella Jazz Festival 30a Edizione Rumori Mediterranei 2010 «Memorie
Future» Reggio Calabria e Roccella Jonica dal 13 al 21 agosto 2010 di Gianluca Diana foto di Sergio Cimmino
Vola soave e leggera Nicole Mitchell con i suoi
flauti. Nell'aria traccia figure armoniose cariche di storia e cultura nero ed
afroamericana, supportata da una sezione ritmica che può essere definita, senza
esagerazioni di sorta, eccellente. Harrison Bankhead al contrabasso ed
Hamid Drake
sono musicisti dotati di talento e capacità tecnica, naturale quindi per la leader
band riuscire a creare empatia con il pubblico. Donando quindi al Teatro al Castello
di Roccella Jonica un'atmosfera densa di ricordi e rimembranze degne della miglior
tradizione AACM, e firmando la migliore esibizione della edizione numero trenta
del Jazz Festival "Rumori Mediterranei".
La rassegna curata da
Paolo Damiani,
si è svolta tra il 13 ed il 21 di agosto, centralizzandosi maggiormente rispetto
agli anni passati nel comune roccellese, eccezion fatta per la data del giorno 14,
per cui è stata implementata anche l'Arena dello Stretto presso Reggio Calabria,
meravigliosa location dove al tramonto si sono esibiti Chuco Valdes & The Afro-Cuban
Messengers ed il duo Pieranunzi-Baron. Trenta gli eventi previsti dal cartellone
stilato dalla direzione artistica. Se l'eccellenza è stata raggiunta dallo show
proposto dall'Indigo Trio della flautista statunitense, numerosi sono stati, comunque,
gli elementi di interesse che sono emersi. Come di consueto per questo Festival,
diversi gli ambiti artistici toccati. Apertura infatti riservata alla cinematografia,
grazie all'anteprima nazionale del film "Io sono
Tony Scott.
Ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz", diretto dal
cineasta siculo Franco Maresco. Decisamente interessante il risultato finale: circa
centocinquanta minuti in cui la vita di Mr. Sciacca viene ben rappresentata tra
le sue nobiltà e miserie, e come di consueto condita dall'ironia agrodolce del regista.
Di rilievo anche gli intermezzi curati dal pianista
Salvatore
Bonafede e dall'attore Franco Scaldati, che hanno curato una intro alla
pellicola. Tra i live della sera, ospitati quasi in toto presso il Teatro al Castello,
in evidenza il trio di
Steve
Kuhn che con la special guest Ravi Coltrane ha proposto una nutrita
serie di classici e di standards, proposti con eleganza e sobrietà.
Toni estremamente rassicuranti sono arrivati anche dai suoni hard-bop della
formazione
del trombettista Roy Hargrove, dalla cantante Diane Schuur e dal maestro
tunisino di oud Anouar Brahem, il quale assieme la suo quartetto ha riproposto
la sua vecchia incisione discografica per ECM "The Astounding Eyes of Rita". Degni
di nota anche i francesi Ozma, autori di una miscela di jazz rock vicina a sonorità
'90s di stampo newyorchese. Delusione invece dal live proposto dalla cantante di
stampo world music Saba, apparsa francamente non all'altezza, non tanto per le qualità
vocali, piuttosto per la debole struttura musicale costruita attorno a lei. Note
di entusiasmo invece per il duo Pieranunzi-Baron, autori di un set improntato su
improvvisazioni derivanti dal loro personale repertorio. Di rilievo anche la proposta
musicale del direttore artistico
Paolo Damiani,
che ha presentato il suo nuovo disco edito da Egea dal titolo "Pane e Tempesta",
assieme alla formazione da studio. La band, composta da nove giovani musicisti alcuni
allievi dello stesso Damiani presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma, ha fornito
davvero una ottima impressione, grazie anche alla presenza dell'ospite Paul McCandless.
Elemento distintivo del Roccella Jazz Festival è oramai da anni la striscia pomeridiana
che si svolge presso l'Auditorium Comunale. Eventi quelli in programma che prevedono
forme di sperimentazione e fusione tra diversi aspetti artistici. In equilibrio
tra cinematografia (con la proiezione del succitato film su
Tony Scott),
letteratura, poesia, spoken word e danza, diversi sono stati gli spettacoli proposti.
Due quelli meglio riusciti. Il primo dal titolo "Libere forme in Movimento", ha
visto una improvvisazione a cura dei musicisti Stefano Battaglia e Michele
Rabbia - davvero ottima la loro interazione - assieme alla danzatrice californiana
Teri Weikel, che ha coinvolto gli astanti in un viaggio in equilibrio tra
movimento corporeo ed armonia musicale. Il secondo ha visto la sonorizzazione di
un testo dello scrittore emiliano romagnolo Aldo Gianolio "Il vino è meglio dell'aglio".
Qui i protagonisti sono stati la voce recitante dell'attore Vito, coadiuvato da
Antonello
Salis e
Furio Di Castri,
i quali hanno reso ancora più goliardico ed ironico il testo proposto.
Roccella Jazz Festival 30a Edizione Rumori Mediterranei 2010 «Memorie
Future» Reggio Calabria e Roccella Jonica dal 13 al 21 agosto 2010 di Vittorio Pio foto di Angelo Maggio e
Sergio Cimmino
Trent'anni e non sentirli. Malgrado difficoltà e ostacoli di ogni tipo che
hanno quasi sempre afflitto - ad ogni vigilia - "Rumori Mediterranei". E' stata
una scommessa vinta, però, a partire dal titolo fino alle dotazioni a completa disposizione
di Roccella Jonica, ovvero l'auditorium e il Teatro al Castello. Vero è che il festival
necessitava di altri e ben definiti spazi, dopo la prima ruggente e pioneristica fase
imperniata su un romantico cortiletto di una scuola elementare. Oggi invece sono patrimonio
di una intera comunità, che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e
partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri. Merito delle scelte poco
convenzionali compiute dal suo direttore artistico
Paolo Damiani,
ma anche di tutti quelli che nel corso di questo cammino si sono rimboccati le maniche
per trasformare in realtà quella che sembrava una chimera: fare in modo che da uno
sperduto angolo di bellezza nel cuore del mediterraneo venisse tracciata una nuova
via per il jazz, da alcuni considerato ormai come un fiore appassito, da altri invece
una musica ancora viva e palpitante. Nonostante il traguardo importante, non c'è
stata nessuna celebrazione particolare, forse perché in questi tempi di vacche magre
è già molto continuare ad esserci con autorevolezza.
Per l'esordio in riva allo stretto hanno brillato in particolar modo Joey
Baron ed
Enrico
Pieranunzi, apparso quanto mai a suo agio di fronte alle continue sollecitazioni
del suo formidabile partner ritmico, in una serata da incorniciare nonostante la
brevità dell'esibizione (circa tre quarti d'ora). Assai più ordinario nonostante
le consolidate doti, il concerto di Chucho Valdes; poi la scena si trasferisce
presso il suggestivo castello posto alle pendici della collina del Carafa a Roccella,
dove in apertura hanno ben impressionato il flamenco percussivo del pianista
Diego Amador e soprattutto Roy Hargrove, il cui estro sembra essere
tornato verso quell'euforia che ne caratterizzò gli esordi. Memore della lezione
impressa dai grandi boppers, l'ancor giovane trombettista texano si è riappropriato
di quel fraseggio elegante ed articolato unito alle escursioni di registro che lo
avevano immediatamente fatto conoscere ed apprezzare nel giro che conta; quello
capace di perpetuare la tradizione nel momento stesso in cui la si espande. Adesso
anche il suo gusto si è più evoluto: sarà quindi lecito attendersi qualche buon
lavoro dopo le farraginose prove del recente passato.
In continua evoluzione il
"cirko" di Mirko Guerrini, sassofonista in possesso di qualità e idee che
adesso sembra pronto a una definitiva consacrazione. Oggettivo invece il declino
di Diane Schuur, troppo insistente nel ricercare (vane) trovate ad effetto
nel momento in cui era accompagnata al piano da Randy Porter. Molto meglio nella
seconda parte del concerto, quando invece suonava da sola quello strumento che sorregge
ancora il suo inconfondibile timbro. Certo, qualche brivido si è colto, ma da una
cantante dotata come è lei, è sempre lecito attendersi qualcosa in più.
Un quid
che invece è arrivato dalla sontuosa esibizione del trio di
Steve
Kuhn completato per l'occasione da Ravi Coltrane: il pianista
originario di Brooklyn, considera il suo apprendistato nel quartetto del leggendario
John come uno dei suoi periodi migliori. Per fermare quell'attimo l'anno scorso
ha pubblicato un incensato album per la ECM di Manfred Eicher, in cui a spalleggiarlo
era Joe Lovano e la stessa ritmica collaudata (ancora il tellurico Baron,
abbinato all'eleganza del contrabbassista David Finck), sostituito per qualche
data dal vivo dal secondogenito di John e Alice Coltrane, cui ovviamente
ogni paragone sarebbe più che mai ingeneroso. Eppure il concerto è decollato immediatamente:
Kuhn è un musicista coi fiocchi capace di abbinare arditezze e cantabilità. Per
il concerto di Roccella ha scelto ballad di prima grandezza ("Stella
By Starlight") o altri cavalli di battaglia associabili a ‘Trane ("Mr.
P.C.", "Like Sonny", "Central Park West"), su cui si
è splendidamente appoggiato Ravi,
il cui eloquio ricorda maggiormente Joe Henderson piuttosto che l'irraggiungibile
padre. Dalla sua possiede un sound scuro e potente e un atteggiamento rispettoso
nei confronti di chi ha fatto grande il suo strumento. Uno sviluppo di carriera
ulteriore pare comunque problematico. Prima di loro c'era stata l'ottima anteprima
di "Pane e tempesta", mutuata dall'omonimo libro di Stefano Benni che segna anche
il nuovo progetto di Paolo Damiani, appena pubblicato dalla Egea.
Sempre intorno al
piano si è svolto un altro grande incontro di questa edizione di "Rumori Mediterranei",
ovvero quello del trio accreditato a
Salvatore
Bonafede insieme ai superbi
Eddie Gomez
e Billy Hart. Per essere "solo" la seconda volta in cui i tre si ritrovavano
il concerto si è innalzato su vette considerevoli: di Bonafede è nota la predilezione
per Bill Evans,
da lui meticolosamente studiato e diffuso, di Gomez tutti sanno che è stato uno
degli ultimi e più devoti compagni del sommo pianista del New Jersey, capace di
sovvertire definitivamente le regole fino allora note. In perfetto equilibrio fra
sottigliezze armoniche e slanci passionali,il trio si è lanciato in un set vigoroso
e melodico in cui ben calibrati originali e standards di evidente sponda ("Very
Early" è da sempre associato al genio evansiano), si sono ben avvicendati fino alla
conclusione; quest'ultima affidata nientemeno che ai Journey, nome di culto fra
i seguaci del rock, di cui è stata riletta la notevole "Don't Stop Believing".
Molto
apprezzata dal pubblico ma evidentemente decontestualizzata, la presenza della cantante
etiope ma da tempo residente in Italia, Saba. L'esatto contrario del
Quartetto Trionfale
(formato da Gunter Baby Sommer,
Gianluigi
Trovesi, Manfred Schoof e Barre Philips), capace di un set avvincente
nel puro spirito della immaginifica radicalità europea che ha aperto al meglio la
serata conclusiva nonostante l'ostica fruibilità della proposta. A loro sono seguiti
Paolo Damiani,
lo stesso Trovesi e
Paolo Fresu,
impegnati nell'accorata rilettura della suite "Roccellanea", per ricordare ancora
una volta quel clima di pieno fermento da cui si decise di partire per questa splendida
avventura. Gran chiusura con il trio formato da
Trilok Gurtu,
Omar
Sosa e ancora Fresu, alle prese con un appassionato viaggio senza steccati
nella cultura e musicalità di ognuno. Tripudio di applausi e successo meritato.
Nei pomeriggi spesi fra l'ex convento dei minimi e l'auditorium, si sono viste cose
notevoli da parte di Stefano Benni e
Danilo
Rea, i fratelli Mancuso (la loro "via dolorosa", trasfigurazione di
una laica via crucis sospesa fra poesia e canto e dedicata agli extracomunitari,
è stata così bella e sentita da lasciare senza fiato), Stefano Battaglia,
Michele Rabbia e Teri Weikel. Senza dimenticare
Rita Marcotulli,
che ha ben assecondato i guizzi da puro istrione di Rocco Papaleo.
Lunga vita a Roccella, affinchè la recente ratifica della fondazione a sostegno di questa magnifica
utopia realizzata possa alimentare l'improrogabile desiderio di stabilità; anche
al fine di riuscire a programmare il futuro con il necessario anticipo e soprattutto
senza estenuanti pastoie burocratiche.