Jazzitalia - News: E' morto Roy Hargrove!! Il geniale trombettista statunitense è deceduto il 2 novembre 2018. Il cordoglio dei musicisti e della comunità tutta in ricordo del suo grandioso talento
Il geniale trombettista statunitense Roy Hargrove, è deceduto venerdì 2 novembre
2018. Soffriva di una malattia renale per cui era ricoverato presso un ospedale
di New York dove ha avuto un arresto cardiaco che gli è stato fatale. Aveva solo
49 anni e lascia la moglie Aida, la figlia Kamala, la madre Jacklyn e il fratello
Brian.
Il cordoglio degli amici e colleghi ha abbracciato generazioni di musicisti in
segno di quanti lo stimassero, lo amassero.
Uno dei primi a darne notizia, il suo amico sassofonista Antonio Hart
che su Facebook ha pubblicato il seguente post:
Adesso è in pace con Dio e con gli atri grandi Maestri. Ricordiamolo il suo
genio e la gioia che ha donato al mondo. Vi prego di rispettare la sua memoria e
la sua famiglia!!!!! R.I.P Roy. Grazie per ciò che sei stato per me
Ma poi anche molti altri hanno ricordato Hargrove:
Roberta Gambarini, per molti anni sua partner in concerti in tutto il
mondo:
Per 20 anni, sei stato il mi ounico fratello - il fratello che non ho mai
avuto biologicamente dalla mia famiglia. Posso semplicemente non immaginare un giorno
della mia vita se te in essa.
Sonny Rollins esprime stima nei confronti del talento e della classe
di Hargrove, chiude con "Egli è e sempre sarà"
Chris McBride: "Non ho parole per descrivere la perdita di colui
che è stato un fratello per 31 anni, Abbiamo suonato tantissime volte insieme,
abbiamo viaggiato, riso insieme e non cambierei quello che siamo stati per
nient'altro al mondo."
Spike Wilner, proprietario dello Small's e del Mezzrow, dove Hargrove ha
suonato innumerevoli volte:
Cari amici,
La bandiera del Jazz sventola a mezz'asta. Lacrime amare mi scendono sul viso mi
bagnano la tastiera mentre scrivo queste parole. Il mondo ha perso Roy Hargrove
questo fine settimana e con lui ha perso un tesoro incalcolabile di conoscenza
musicale e indomabile forza spirituale. Si tratta di una ferita alla nostra
comunità Jazz, che non si rimarginerà mai più. Roy, come suggerisce il suo nome,
era il re. Un re tranquillo e saggio che governava con il suo flicorno. Con
modesta tenacia e tenacia da operaio, notte dopo notte, ha dato il buon esempio.
Indipendentemente dai suoi gravosi problemi di salute, era inarrestabile. Era un
tradizionalista e suonava in modo puro - puro jazz, puro bebop, senso della
melodia e grazia, swing e romanticismo. Pieno del vero sentimento blues, non
c'era nessuno che potesse rappresentare di più la nostra musica o dare di più.
Era informale. Roy iniziava a suonare un brano e, che lo sapessimo o meno, ci
univamo e facciamo del nostro meglio. Se davvero non ce l'avessimo fatta, lui
semplicemente sorrideva e noi provavamo qualcos'altro. Zero finzione e solo puro
jazz. Nelle pause, nel backstage, mi esprimeva la sua preoccupazione per
l'attuale stato del jazz - dove stava andando? Era preoccupato per l'estetica.
Si occupava delle melodie, della musica, della frase, della bellezza e del
gusto. Era generoso con i giovani. Una grandissima musicalità.
Nella battaglia contro la mediocrità, era un eroe. In una società insipida e
ostile all'arte, era una luce splendente.
Addio Roy Hargrove, ora sei al posto che ti spetta nel pantheon delle leggende.
Spike
E così oggi tutta la comunità internazionale del jazz condivide fotografie, video, che possano far suonare ed ascoltare ininterrottamente, da un capo all'altro del mondo, questa splendida voce, questo immenso talento che troppo presto ha abbandonato la vita terrena lasciando tutti sgomenti e, sicuramente, orfani di quel pezzo di arte che quando manca scopri far parte della propria vita. E allora anche noi di Jazzitalia ci uniamo in questo canto corale condividendo una performance di Roy, insieme ad un'orchestra che vede molti dei suoi più cari amici e dove suona in modo solenne, "puro", come Spike Wilner dello Small's ha detto, la straordinaria ballad di Benny Golson "I Remember Clifford", scritta in memoria di Clifford Brown, trombettista che più volte Roy ha omaggiato. So long Roy, R.I.P.
37. Internationale Jazzwoche Burghausen, Wackerhalle,
Germany, March 15, 2007.
SLIDE HAMPTON - direct, bass trombone
ROBERTA GAMBARINI - vocals
BOBBY LAVELL - tenor sax
ANTONIO HART - alto sax
MARK GROSS - alto sax
ANDERS BOIARSKY - tenor sax
FRANK BASILE - baritone sax
CLAUDIO RODITI - trumpet ROY HARGROVE - trumpet, fugelhorn, vocal (8)
FRANK GREENR - trumpet
GREG GISBERT - trumpet
JAMES BURTON - trombone
JASON JACKSON - trombone
STEVE DAVIS - trombone
DOUGLAS PURVIANCE - bass trombone
JOHN LEE - bass guitar
ROY ASSAF - piano
DENNIS MACKREL - drums
Nato in Texas il 16 ottobre 1969, Roy Hargrove fu scoperto da Wynton Marsalis. Dopo un anno trascorso al Berklee College of Music di Boston, si trasferisce alla New School di New York ed effettua la sua prima registrazione con Bobby Watson, Mulgrew Miller e Kenny Washington. Nel 1990 pubblica il suo primo album solista, "Diamond in the Rough", e riceve, dalla Lincoln Center Jazz Orchestra, l'incarico di scrivere "The Love Suite: In Mahogany".
Nel 1994, sotto contratto con la Verve, registra "Wioth The Tenors of our Tim" con Joe Henderson, Stanley Turrentine, Johnny Griffin, Joshua Redman e Branford Marsalis.
Vince il suo primo Grammy Award nel 1998 per l'album "Habana" con una band afro-cubana da lui stesso fondata e chiamata Crisol. Vince poi un secondo Grammy Award nel 2002 per l'album "Directions in Music: Live at Massey Hall" inciso insieme a Herbie Hancock e Michael Brecker.
Sempre volto alla ricerca ma saldamente ancorato alla tradizione Hargrove ha poi continuato ad essere sempre ai vertici mondiali con i suoi gruppi RH Factor, Soulquarians, The Soultronics effettuando uniche ed innovative fusioni con la musica afro e facendo uso di groove e funk.