Outlet Summer Nights Jazz Serravalle Scrivia (Alessandria) 6-15 agosto 2011 di
Andrea Gaggero e Gianni Montano foto di Alberto Bazzurro e Gianni Montano
Quella di Serravalle è una kermesse
ricca e gratuita, organizzata e gestita completamente da un privato che
riesce nell'obiettivo di richiamare e trattenere in
loco il pubblico. Il risultato, infatti, mai come quest'anno, si può ritenere addirittura
oltre le più rosee aspettative. "Sold out" in certe serate e posti occupati per
la grande maggioranza nelle altre date. Nel numero consistente di appuntamenti organizzati
non tutti sono stati all'altezza delle aspettative, ma la rassegna ha fornito un
quadro abbastanza diversificato su quanto "gira" attualmente nel jazz o nei suoi
dintorni.
6 agosto 2011 Al Jarreau
Icona "vocalese" anni '70-'80,
anello di congiunzione tra il "classicismo" di Jon Hendricks e l'approccio
onnivoro di Bobby McFerrin, Al Jarreau dimostra oggi i segni del tempo come
cantante e ancor più, quasi paradossalmente, come autore; risulta un po' datata
la sua musica che non il suo canto e la totale padronanza del palco. Paradossalmente
perché la formazione è composta da giovani, talentuosi, granitici strumentisti,
padroni della tecnica strumentale e delle musiche che vanno dal pop al funky con
influenze soul ad atmosfere più dichiaratamente jazz. Formazione perfettamente congeniale
alla musica di Jarreau; ne è sortito un concerto prevalentemente pop di gran classe con decise influenze
funk e soul. La musica di Jarreau, che "sembra" confezionata apposta per vincere
dei "Grammy" (ne ha vinti ben sette), è decisamente pop, con un supporto ritmico
regolare, dagli evidenti influssi funky, e sostenuta da prevedibili ed efficaci arrangiamenti
finalizzati a mettere in risalto le indubbie qualità vocali di Al Jarreau.
Diversi i brani di sua composizione e tra le ballads, nonostante l'originalità dello
sviluppo tematico e narrativo, non abbiamo ascoltato una melodia memorabile e non
per la complessità e ricchezza delle stesse, ma per la loro limitata originalità.
La musica di Jarreau è energica, utilizza la forza e l'evidenza ritmica e la semplicità
armonica aggregate alla capacità di seduzione del substrato blues, per costruire
un pop levigatissimo e di grande raffinatezza, totalmente privo di sussulti. Nella
musica di Jarreau, come in tantissime altre, non c'è scommessa, non c'è sorpresa, nessun incanto
e neppure la capacità di introspezione o di racconto, prerogativa dei grandi musicisti
afroamericani. Verso la fine del concerto Jarreau ripropone due classici del suo
repertorio più jazzistico e con "Take Five", nonostante venga drasticamente semplificata
e ridotta rispetto alla sua stordente versione originale, abbiamo un'impennata,
un guizzo in avanti nella qualità della musica.
7 agosto 2011 Banda Osiris
Dopo il set del trio di Massimo Faraò, a cui non riusciamo ad essere presenti,
alle 21 e 30 sale sul palco "La banda Osiris". E' l'occasione per "testare" il nuovo
spettacolo "Fuori tempo", una cavalcata nella storia anche attraverso la musica,
dagli aborigeni australiani con il dijeridoo, a Mozart, Ciaijkoski, alla musica
leggera italiana, ma non solo. I 4 scatenati eclettici protagonisti della trasmissione
"Parla con me" di Serena Dandini utilizzano il tema "tempo" anche per incursioni
nella realtà politica e sociale italiana, oppure si dedicano, non andando fuori
argomento, al non sense, a giochi di parole acutamente costruiti in un caleidoscopio
di trovate spesso irresistibili, accanto ad alcuni momenti meno esaltanti. Come
musicisti sanno il fatto loro. Si dimostrano sempre intonati, versatili, pirotecnici
sui vari strumenti su cui si alternano. I tromboni, il basso tuba, il sax soprano
diventano parte integrante della scenografia e servono a suggerire un'immagine,
a rappresentare un quadro d'insieme. Gianluigi Carlone è bravo, oltre che come sassofonista, con quel soprano che ondeggia
sulla scena come la proboscide di un elefante, anche come cantante. Lo manifesta
in particolare nella mozartiana "Là ci darem la mano", dal "Don Giovanni" in cui
dà voce sia alla parte maschile che a quella femminile agevolmente e con la giusta
dose di ironia.
Gli altri tre si spostano sul palcoscenico, movimentano i loro strumenti, li piegano,
li allungano per quanto possibile, li alzano e li abbassano in un gioco continuo
di "effetti naturali" scenici, non prodotti dall'elettronica, né da altri marchingegni
sofisticati.
Fra i momenti più riusciti, la ripresa in varie lingue de "L'italiano" di Toto Cutugno,
che ricorda analoghi siparietti dei "Gufi". Fulminanti, poi, alcune battute in corso
d'opera "Voglio vivere in solitudine senza più amici e....senza "X factor" !" Oppure
in una improbabile lezione di solfeggio: la sequenza di note preferita da Berlusconi? " Fa-re-sol-do" e quella dei suoi seguaci in parlamento? "Mi-fa-fa-re-sol-do".
Sempre spassosa la versione-liscio, con tanto di un-pa-pa, un-pa-pa di "Certe notti"
di Ligabue, terminata con una specie di conta per bambini. Chiusura alla grande
con un "Lago dei cigni" figurato, con le coulisses dei tromboni a sostituire gli
arti della ballerina-cigno e tutto il quartetto a mimare una danza improbabile,
ma efficacissima. Nel bis viene impartita una lezione di solfeggio cantato per il
pubblico di Serravalle, coinvolto in un coro estemporaneo. Applausi convinti alla
fine dell'esibizione.
8 agosto 2011
Luis Bacalov dirige l'orchestra classica di Alessandria
Di fronte a un pubblico ancora una volta molto nutrito, è la volta di Luis Bacalov,
supportato dagli archi dell'Orchestra Classica di Alessandria: concerto inappuntabile,
di assoluta professionalità, in cui il compositore argentino alterna brani propri
e non, tipo il quasi inevitabile Libertango piazzolliano, suonato addirittura due
volte (anche come ultimo bis), e Volver di Carlos Gardel, per bandoneon solo, vale
a dire
Gianni Iorio, brillante solista ospite della serata. Non manca per impreziosire
l'appuntamento un elegante siparietto per piano solo.
9 agosto 2011
Vito di Modugno - Fabrizio Bosso Combo Quintet Vito Di Modugno
introduce la serata con un quintetto di musicisti esperti, fra i quali spicca
Fabrizio Bosso.
Musica ricca di swing, con tratti funkeggianti su un repertorio per la maggior parte
tratto da "Organ grooves" ultimo cd del bandleader. Oltre a
Fabrizio Bosso
che in qualsiasi contesto è in grado di far lievitare il livello dell'esibizione
per il suono bellissimo della sua tromba e l'alto magistero tecnico, non è da
meno anche Stefano
D'Anna con un sax tenore aggressivo e appuntito. Tiene il passo Sandro
Gibellini contribuendo a creare un clima sonoro colmo di energia, se non di
pathos. Massimo Manzi si conferma batterista deciso e sensibile. L'organista,
infine, cuce insieme il tutto con il suo hammond "vintage" ma attuale. Il concerto
è apprezzabile principalmente per gli interventi dei solisti.
Reunion Area with Maria Pia De Vito Aspettative di rilievo per il concerto successivo: la "reunion" degli
Area.
Compare, inizialmente, in scena tutto solo Paolo Tofani. Racconta dei suoi percorsi
interiori e di viaggio, la sua passione per la musica indiana e presenta un curioso
strumento fra la chitarra e il sitar, la treeKanta veena. Occupa il palco per una
decina di minuti con una sorta di raga psichedelico, piuttosto ripetitivo. Quando
entra in scena Ares Tavolazzi, si capisce subito che il rito sta per prendere
forma. Alla spicciolata prendono posto gli altri musicisti ed è immediatamente "Arbeit
Macht Frei" primo storico album del gruppo, datato 1973. Walter Paoli, alla batteria invece di Giulio Capiozzo, picchia con
vigore sui tamburi e le casse e tiene alta la temperatura. Gli altri sono loro stessi
con più anni, più esperienza, ma la stessa voglia di suonare un rock progressivo
e di tendenza, per portare avanti "un certo tipo di discorso", come si diceva nei
favolosi, per certi aspetti, '70.
La curiosità per l'approccio al ruolo che era di Demetrio Stratos, da parte
di Maria Pia De Vito è tanta. La cantante ha una
notevole estensione vocale che dispiega
in tutta la sua gamma all'interno dei vari pezzi. Non avendo la potenza del vocalist-sperimentatore
di origine ellenica, punta sulla cura delle dinamiche e su una carica controllata
di aggressività. La sua versione di una ninna nanna in greco costituisce uno dei
momenti più toccanti di un concerto che si srotola secondo copione, riversando sugli
spettatori revivalisti e non, i brani più noti di una discografia gloriosa. Si va
da "Cometa Rossa" a "Gerontocrazia" da "L'Elefante bianco" a "La mela di Odessa"
fino a "Luglio Agosto Settembre (nero)". Nell'esecuzione si
rivelano energici, incrementando
le asprezze del repertorio e dilatando la lunghezza delle canzoni, non sempre a
proposito. In certi momenti si lasciano prendere la mano e diventano, a parere
di chi scrive, prolissi.
Finale con "Gioia e rivoluzione" che fa venire la lacrimuccia a quanti fra i presenti
hanno vissuto la stagione della musica alternativa e "ribelle", come dal titolo
del famoso "inno" generazionale di Eugenio Finardi. C'è solo da registrare, a questo
punto, un vero trionfo per l'esibizione di questa nuova versione degli Area.
12 agosto 2011
Cinzia Tedesco "Like Bob Dylan" Del concerto di Cinzia Tedesco, con un progetto dedicato alle canzoni di Bob
Dylan, il primo brano che riusciamo ad ascoltare è il celeberrimo Knockin' On Heaven's Door. Complice forse la grande fortuna del brano
e la sua vena spiritual, già da qui si possono intravvedere le coordinate musical-spettacolari
di questo progetto: un quintetto acustico, con il suono suadente del violoncello
ad arricchire timbricamente il tutto, guidato dal pianismo di Stefano Sabatini
che ne cura anche gli arrangiamenti e dal batterismo solido e regolare di
Pietro Iodice.
A Luca Pirozzi, per contro, spetta il compito di sostegno ritmico armonico
che svolge con grande competenza, economia di mezzi ed efficacia. Gli arrangiamenti
raggiungono il duplice scopo di mettere in luce le doti canore di
Cinzia Tedesco
e i temi dylaniani: questi non sono mai oggetto di una rielaborazione profonda o
radicale, rimangono invece agevolmente riconoscibili; non diventano un punto di
partenza per altro, ma vengono puntualmente e chiaramente esposti, seppur con una
vena soul jazz del tutto assente negli originali e che offre una differente
visione della musica del cantautore statunitenze. I brani, poesie in musica, tutti famosissimi, scorrono
in rapida successione: la citata Knockin'.., Like a Rolling Stone,Mr.
Tambourine Man e come bis..Blowin' In The Wind. Qui Iodice usa le spazzole,
fornendo un accompagnamento delizioso al brano più famoso del cantautore statunitense.
Gli arrangiamenti, in generale, sono efficaci, anche se non molto incisivi;
Cinzia Tedesco
è cantante di sicura professionalità, coerente con la sua storia personale e
accattivante nel modo di porsi e rapportarsi con la platea. Il violoncello con
il suo timbro di voce aggiunge un tocco di raffinatezza in più. L'esibizione riceve una
buona messe di consensi.
Paolo di Sabatino - Javier Girotto with Horns
Il convinto (e convincente) modern mainstream
di Paolo Di
Sabatino tiene in gran conto la lezione del miglior pianismo anni '50-'60:
Bill Evans,
Mc Coy Tyner,
Herbie Hancock aggiungendo un gusto per la melodia, ariosa e cantabile,
tutto nostrano. La qualità di questa musica (di ogni musica?) si misura non tanto
con il metro della precisione ed abilità tecnica quanto con la capacità d'ascolto
e di interplay reciproco e con la capacità di variare e controllare le dinamiche,
in una parola infondere vita alla musica.
In "Luna del Sud", parafrasi neanche troppo nascosta di "Invitation", la musica
si ravviva e cambia improvvisamente in meglio, acquistando profondità e spessore
grazie alla presenza carismatica di
Javier
Girotto, qui in gran forma e con una formazione ideale per
far risaltare le sue grandi qualità di musicista e improvvisatore. La carica di
energia vitale dell'ospite sudamericano influenza positivamente il trio che ne beneficia
da subito. Musicista dal suono pastoso e rotondo, di grande temperamento è forse
uno dei più interessanti sopranisti che si possano ascoltare in questo momento.
Nella successiva ninna nanna su un tempo di valzer, Girotto espone, meravigliosamente,
il bel tema delicato e cullante. Il sassofonista argentino ha un suono personale
e riconoscibilissimo quasi flautato nelle note acute e dai frequenti riflessi melismatici
che aprono una visuale sulle musiche non occidentali. Lo stesso è musicista di grande
energia e passionalità in ogni istante e in ogni passaggio, nell'attacco e nel portamento
delle note e unisce alle grandi doti improvvisative, la capacità di controllare
e far evolvere l'improvvisazione. Raramente, infatti, il leader di "Aires Tango"
impiega patterns o frasi fatte.
Il bossanovistico "Rua De Bahia 301" si fa ricordare per un assolo essenziale di
Di Sabatino che, con grande economia di mezzi e buona sensibilità per lo sviluppo
musicale, ci ricorda le sue doti di compositore. Poi appare subito il fantasma del
tango, grazie ad un assolo di Girotto dalla costruzione e sviluppo magistrali, per
la cura nel dare tempo e spazio alla musica e per la capacità di ascolto e interplay
con gli altri; assolo che inizia su note "stracciate", poi ribattute che crescono
in intensità e lunghezza diventando lunghe articolate frasi.
Di Sabatino ha un talento grande per la melodia che diventa canzone; chiama così
sul palco Mirko Guerrini ad interpretare brani dal suo ultimo album "Voices". Guerrini
si rivelerà non trascendentale, nonostante la vena
melodica sicura di Di Sabatino pertanto i brani vocali sono apparsi più deboli a dimostrazione
di come questo terreno possa essere rischioso e arduo seppur estremamente stimolante.
13 agosto 2011
Guido Manusardi Trio
Guido Manusardi si presenta con un trio ben affiatato. Sono sul palco con
lui Marco Vaggi al contrabbasso e
Luigi Bonafede
alla batteria. Suonano un jazz classico, senza sorprese, ma solido. Snocciolano
standards da Cole Porter a Kurt Weill e alcuni originals. Non si può
dire che la musica del pianista lombardo sia in continuo cambiamento. Rimane piuttosto
simile a sé stessa nei tanti anni di presenza sulle scene. Per certi versi è una
garanzia. Offre quello che ci si attende. Per altri motivi è un limite. Scorre liscia
senza lasciare tracce sensibili negli ascoltatori. Tanti applausi si sentono, comunque,
alla conclusione del set.
Petra Magoni e Ferruccio Spinetti Musica nuda
Il "clou" della serata è rappresentato dal duo "Musica nuda", che partono subito
in quarta con un loro cavallo di battaglia: "Roxanne" dei Police. Sono in vena e
lo si avverte. Hanno voglia di giocare fra loro e con il pubblico e danno vita a
un'ora di spettacolo molto godibile. La Magoni mette in mostra una voce in grado
di raggiungere vette altissime con padronanza e sa operare bene sull'intensità.
E' duttile e capace di passaggi velocissimi dal basso verso l'alto. La versione
accelerata di "Bocca di rosa" è sempre un pezzo di bravura e strappa ovazioni. In
uno spiritual la cantante è virtuosistica e convincente e dimostra un sapiente uso
del microfono. Quando rimane da solo
Ferruccio
Spinetti si impegna al contrabbasso in un'"Estate" di
Bruno Martino
con echi hendrixiani, molto ben riuscita. E' stralunata, ironica e dissacrante la
sanremese "Non ho l'età", lontanissima dalla versione della Cinquetti.
Fra i brani dell'ultimo disco "Complici" si fa raccomandare "Rimando", scritta con
la collaborazione dei "Subsonica". Non manca un intermezzo classico "L'aria sulla
quarta corda" di Bach (sigla di "Superquark") con le parole scritte da Al Jarreau,
quasi a chiudere un cerchio fra chi ha introdotto la rassegna e chi va quasi a concluderla.
Fra i bis imposti dall'entusiasmo dei presenti un'altra hit del loro repertorio,
l'impagabile beatlesiana "Come together".
Tripudio finale per un concerto sicuramente popolare, ma con una sua cifra stilistica
raffinata e originale.
14 agosto 2011
Manomanouche "Django Remembering"
Quella che è in apparenza una repertory band, come il gruppo dichiara fin
dal nome, è un omaggio sentito alla musica di
Django
Reinhardt ma talmente fragrante e vitale che in nessun istante appare
l'ombra dell'accademismo o della celebrazione. Formazione stabile e unita da anni
affronta questo repertorio e stile musicale senza timori riverenziali o desiderio
di annullarsi, ma con un grande rispetto, stima e umiltà. Ciò che rende unici i
Manomanuche è il desiderio costante e strutturante di attualizzare uno stile reinventandolo
ogni giorno e la gioia di suonare questa musica. Nunzio Barbieri affronta con piglio
sicuro, grande maestria, swing, e una buona dose di "incoscienza" l'improbabile compito
di evocare Django, ma il tutto avviene con la consapevolezza costante dell'inarrivabilità
e insieme inutilità di tentare di replicare la musica di Reinhardt pertanto, intelligentemente,
si assiste al tentativo, pienamente riuscito, di rivivificare la musica gitana
con una grande dose di umiltà e divertimento. Anche il timbro inconfondibile dell'originale,
dato dalla compresenza di violino, chitarra e contrabbasso, subisce qui una, neppur
tanto lieve ma gustosissima, sfasatura: la fisarmonica di Pitzianti conferisce un
inedito colore mirabilmente in tono con quel gusto francese che pervade la musica
di Django.
Inutile soffermarsi sul singolo brano, la scaletta alterna originali a brani d'epoca
senza che si noti alcuna frattura o sfasatura a dimostrazione di come gli originali
di Django
Reinhardt siano stati fatti propri e reinventati dall'interno.