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Maria Pia De Vito, Silvia Bolognesi
Suoni dal carcere
Rudi Records (2013)
1. Concerto 43:58
Extra:
2. Arrivo Al Carcere 2:31
3. Prove 3:09
4. Cartoline Da Ventotene 1:19
Maria Pia De Vito - voice Silvia Bolognesi - double bass
"Non solo erano in prigione, ma l'assurdo è che non potevano vedere neanche il mare".
Più o meno sono queste le parole di
Maria Pia De
Vito quando fa ingresso nel carcere borbonico di Santo Stefano, che
mettono in rilievo la doppia punizione: non poter vedere il mare. E per una donna
mediterranea come la De Vito è sinonimo di welzschmerz, dolore cosmico. Un
carcere celeberrimo, così come lo è Ventotene: una gioiellino che si prende un pezzo
di Tirreno e dal passato importante, perché luogo di confino fin da quando era colonia
romana e vi finivano alcuni membri più bricconcelli delle famiglie imperiali. Ne
comprese l'utilità in tal senso anche il fascismo, che spedì tutti i più facinorosi
pensatori, tra cui Sandro Pertini, Giorgio Amendola, Giuseppe Di Vittorio; d'altro
canto i lungimiranti Borboni avevano già spianato la strada edificando un carcere,
che oggi definiamo meraviglioso ma che all'epoca non abbacinava per le sue bellezze
architettoniche.
All'interno di queste solide mura, oggi un po' malconce, si è consacrato l'incontro
tra due improvvisatrici, tra le migliori in circolazione, anche perché schiette
e brave come pochi. Un concerto-simbolo, perché da quando la prigione fu chiusa
per cessata attività – anno 1963 – eventi del genere non si sono tenuti.
La performance risale al 2012 nell'ambito del
festival Rumori nell'isola che l'illuminato sindaco Giuseppe Assenso porta avanti
da qualche tempo (e si spera che possa farlo ancora).
Le immagini aiutano i suoni e viceversa. Il dvd è in due parti: il concerto, che
occupa buona parte dello spazio, più una sezione extra che racchiude "lo sbarco"
di Maria Pia
De Vito e Silvia Bolognesi, le prove prima del concerto e una
"cartolina" di Ventotene: pochi minuti per apprezzare le bellezze dell'isola e gli
inquietanti anfratti del carcere borbonico.
Una zona d'ombra conquistata in uno spicchio del cortile protegge musiciste e pubblico
dal sole che accarezza e picchia. Contrabbasso e voce a confronto: di esempi nella
storia della musica ce ne sono a bizzeffe: molti riusciti, altri un po' meno. Il
connubio tra la contrabbassista toscana e la vocalist partenopea è di quelli che
appartengono alla prima specie: perfetto. Perfetto, perché preziose sono le sillabe
musicali scandite dall'una e dall'altra che inondano l'inconsueta area e mettono
insieme
Ornette Coleman, Rufus Wainwright, Totò e Lucio Dalla con
naturalezza e all'insegna di un'improvvisazione sentita. "Siamo due improvvisatrici",
dice la De Vito e gli apparecchi volanti (aerei o elicotteri) che sorvolano l'isola
non le distraggono, anzi sono spunti per un dialogo ancor più serrato. Silvia
Bolognesi inanella note profonde, aperte, slabbrate, dondolanti e anche torride
che si affastellano sulla voce camaleontica di
Maria Pia De
Vito: ferma, graffiata, sofferta, gioiosa. Vocalizzi, scat, intonazione
luminosa anche nel recitar-cantando Si fosse n'auciello del principe De Curtis
(che dedica alla Bolognesi). Decisa e corposa nelle liriche di Come è profondo
il mare di Lucio Dalla, che riserva la bella sorpresa di una traduzione
in napoletano della stessa De Vito. L'atmosfera è tutt'altro che minimalista, perché
le due artiste dominano la ridotta scena e afferrano per mano il pubblico catapultandolo
in un momento non intimo, ma di condivisione collettiva della musica. Passaggi in
cui i suoni si scompongono, diventano mesmerizzanti per ricomporsi intorno al tema
principale, tagliando a fette il vento e l'aria che abbraccia l'isola.
Un concerto sì, ma anche un pezzo di storia dell'improvvisazione verace, genuina.
Che non sempre è dato sentire e vedere.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 02/06/2014
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