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Katja Cruz feat. Oliver Lake
Hexaphone - The Cosmology of Improvised Music
Rudi Records (2013)
1. Hexahedron - Earth - 10.36
2. Octahedron - Air - 9.24
3. Icosahedron - Water - 8.12
4. Dodecahedron - Ether, The Universe - 9.33
5. Hexagon - 10.20
6. Hexagram - 10.02
7. The Flower Of Life - 12.12
Katja Cruz - voice Oliver Lake - alto sax Andrea Massaria - guitar Howard Curtis - drums Patrick Dunst - alto sax, bass clarinet, alto flute, duduk Patrik Lechner - electronics, visuals
"Hexaphone" è un disco registrato dal vivo a Graz da una formazione guidata dalla
vocalist Katja Cruz, austriaca con evidenti origini sudamericane. Sono con lei il
sassofonista autoctono Patrick Dunst, il batterista afroamericano Howard Curtis,
l'italiano
Andrea Massaria alla chitarra più un ospite davvero speciale,
uno degli storici componenti dello World Saxophone Quartet, il celebre Oliver
Lake. Nel cd si ascolta una musica sospesa su atmosfere irreali, vagamente claustrofobica.
Le ance o la chitarra producono suoni lunghi, persistenti, su cui la cantante volteggia
con vocalizzi diretti verticalmente o orizzontalmente, per mezzo di una melopea
priva di testo, che suggerisce un clima assorto e a volte dolente. Le percussioni
non tengono il tempo: non è richiesto questo compito al batterista. I sette brani
si sviluppano, infatti, senza un'idea ritmica definita. Si va avanti con una giustapposizione
di assoli in un discorso complessivo che risulta come la somma di tante creazioni
istantanee individuali collegate da un analogo modo di intendere l'improvvisazione
avant-jazz. Così negli interventi dei due sassofonisti si possono riscontrare tutta
una serie di cliché del jazz più avanzato, come i colpi di lingua secchi sugli strumenti,
il soffio affannato, battendo sulle chiavi dei sax senza produrre note ortodosse,
la ricerca dei sovracuti, i suoni parassiti, il fraseggio nervoso e aggrovigliato.
La voce della Cruz è penetrante, sinuosa, tagliente o meditabonda. E' l'elemento
cardine su cui gira tutto il resto del quintetto.
Andrea Massaria,
da parte sua, adopera la chitarra come un organo e contribuisce a determinare l'aspetto
timbrico della singolare suite con un ricorso sistematico a manopole e pedali.
Howard Curtis colpisce piatti e tamburi ascoltando quello che fanno gli altri
per distanziarsi dal loro modo di procedere e trovare un tipo di allacciamento con
il gruppo proprio nel tentativo di non seguire semplicemente il percorso dei partner.
Oliver Lake in questo calderone di spunti e controindicazioni, rimane sé
stesso e, pur dovendo scavare per rinvenirla, si può reperire nel suo eloquio la
sua anima jazzistica, il senso del blues, insomma.
Il cd è corredato da un dvd che riporta l'intera performance dal vivo a Graz. Si
possono così osservare forme geometriche proiettate su uno schermo alle spalle dei
musicisti, opera di Patrick Lechner. Le figure tridimensionali si compongono e si
scompongono, come la musica di questo album che si apre e si chiude, si distende
e si ritrae, si allarga e si restringe in modo sorprendentemente omogeneo, viste
le premesse metodologiche.
Nei settanti minuti dell'esibizione non mancano i momenti di stanca, di mancanza
di idee vincenti, ma il cd si raccomanda perché ci fa conoscere un'artista originale,
poco nota dalle nostre parti, come Katja Cruz e ci fa apprezzare ancora una volta
la voce del sax graffiante ed espressivo di un personaggio importante del jazz degli
anni ottanta e novanta quale Oliver Lake.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/03/2015
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