Jazz & Wine Of Piece
Cormons (Go), Teatro Comunale 25 -27 ottobre 2007
di Giovanni Greto
25 0ttobre 2007
Renaud Garcia-Fons "Arcoluz"
R.G.-Fons: contrabbasso a 5 corde
Antonio "Kiko" Ruiz: chitarra flamenca
Pascal Rollando: percussioni
Trio 3
Oliver Lake: sassofono contralto e sopranino, flauto
Reggie Workman: contrabbasso
Andrei Cyrille: batteria
26 ottobre 2007
Marc Copland – Gary Peacock – Bill Stewart Trio
Don Byron Ivey Divey Trio
Don Byron: clarinetto, sax tenore; Ed Simon, piano; John Betsch,
batteria
27 ottobre 2007
Lars Danielsson Trio
L.Danielsson: contrabbasso, violoncello
Leszek Mozdzer, piano
Havier Desandrè Navarre, percussioni
Ravi Coltrane Quartet
Ravi Coltrane, sax tenore e soprano; Luis Perdomo, piano
Drew Gress, contrabbasso; E.J.Strickland, batteria
La X edizione di Jazz & Wine ha confermato la buona qualità
della manifestazione che ha spaziato dal jazz al folk fino alla world music, aprendo
anche alla New Age. Abbiamo assistito solo alle prime tre serate e di queste, quindi,
parleremo.
Non ci ha convinto il trio guidato
da Renaud Garcìa – Fons, che ha presentato il suo ultimo disco "Arcoluz",
nel quale, continuando ad esplorare i suoni del mondo, dall'Andalusia alla Francia,
dall'India al mondo arabo, ha aggiunto al suo percorso il flamenco e la cultura
gipsy. Garcia Fons ha suonato un contrabbasso a 5 corde, utilizzando
spesso l'archetto. Ne sono scaturiti suoni vicini a viole medievali e rinascimentali,
pensando all'occidente, ma anche a certi strumenti ad arco persiani. La sua
è stata una fusion acustica, che a lungo andare ci è parsa un po' troppo monotona.
Buoni comunque i suoi partners, il chitarrista flamenco Kiko Ruiz e il percussionista,
attento a non sovrastare, Pascal Rollando.
A seguire, hanno confermato il proprio valore e la loro
creatività, i componenti del Trio 3, vale a dire Oliver Lake, ai sassofoni
contralto e soprano, il contrabbassista Reggie Workman, a ricordare il grande
Coltrane, ed Andrew Cyrille, identificato tra i veterani, come il
batterista free per antonomasia. I tre hanno dato vita ad un set intenso, con improvvisazioni
feroci da parte di Lake, sempre molto meditate, un attento Workman,
essenziale nei solo, un instancabile Cyrille, che ha reso anche omaggio,
con un lungo assolo iniziale, in "Buhaina",
allo stile inimitabile di Art Blakey. I tre hanno pensato inoltre ad Eric
Dolphy, iniziando la loro performance proprio con "Gazzelloni"
che apre il lato B di "Out to lunch". In scaletta, comunque, parecchi originali,
che hanno mostrato la perizia compositiva dei tre.
Doppio trio il 26. Il primo ad esibirsi è stato quello
del quasi sessantenne pianista Marc Copland del quale sono usciti per la
Pirouet due CD intitolati "New York trio recordings", entrambi con Gary
Peacock al contrabbasso, ma con due diversi attori alla batteria. Nel primo,
"Modinha" troviamo proprio Bill Stewart. Nel secondo, "Voices",
Paul Motian. Il set è durato, purtroppo, solo un'ora, a causa forse della
rigidità di Peacock, di cattivo umore...Un set comunque ben congegnato, tra
standard ed originals, che all'inizio ha stentato a decollare, e che ha messo in
mostra una maturità sorprendente in Bill Stewart, capace come pochi, di rientrare
nel tema, dopo un infuocato assolo, con il giusto volume sonoro.
A seguire, ha suonato a lungo il trio di Don Byron,
cui piace sempre di più cimentarsi con il sax tenore, anche se, in generale, i più
lo preferiscono al clarinetto. Il leader, ancora una volta, ha spaziato nel
repertorio di Lester Young ("Ivey Divey" riprende una frequente espressione
che il sassofonista usava per dimostrare approvazione), mutando formazione. Al piano
sedeva il pianista venezuelano Ed Simon, pulito e preciso, che in qualità
di leader non ci aveva entusiasmato lo scorso gennaio, assieme a Scott Colley
e
Brian Blade. Alla batteria, John Betsch, parco negli assolo,
intento più ad accompagnare e a colorare i brani. Byron è apparso di buon
umore e in buona forma, tant'è che è la prima volta che lo vediamo dialogare così
a lungo con il pubblico, per cui il concerto, pur con alti e bassi, è arrivato fino
alla fine sulle note della coltraniana "Giant Steps".
Ad aprire il doppio concerto del 27 il trio del contrabbassista
svedese Lars Danielsson con una musica indirizzata verso orizzonti fatti
di suoni campionati, uso del wah wah e di effetti, ambient, musica classica e ritmati
funk-rock. Accanto a lui il pianista polacco Leszek Mozdzer, con il quale
il leader aveva inciso lo scorso anno "Pasodoble" ed il percussionista francese
Havier Desandre Navarre, assai applaudito in sala, per la sua platealità
e per qualche verso "circense". Personalmente, pur senza entusiasmi, ci aveva maggiormente
soddisfatto il disco in duo. Comunque ci sono idee interessanti accanto a segnali
onirici e melanconicità nordiche sono affiorate anche nell'esecuzione dal vivo.
La conclusione della serata è stata affidata a Ravi
Coltrane, figlio del grande John, che, spesso nelle sonorità, ha ricordato l'irraggiungibile
padre. Il quartetto, pur essendo composto da musicisti capaci – il pianista Luis
Perdomo da un po' al centro dell'attenzione come nuova scoperta, il versatile
contrabbassista Drew Gress e il batterista E.J Strickland – non ha
mostrato quella grinta che riesce a trascinare qualunque tipo di pubblico. La platea,
comunque, non ha lesinato applausi e richiami a gran voce che hanno prodotto l'esecuzione,
come bis, di "Giant Steps" fungente da sigla
del gruppo, con le presentazioni dei singoli.
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Data pubblicazione: 06/04/2008
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