Quattro chiacchiere con...Youn Sun Nah luglio 2013
di Alceste Ayroldi
"Lento": di nome, ma non di fatto. Youn Sun Nah
riesce sempre a stupire per la sua voce, fatta di strati di velluto inchiodati da
lamine acuminate, e per la sua capacità di comporre e inventare cose nuove e belle.
Tanta aria fresca che sembra nata ieri, mentre di dischi ne ha già fatti un bel
po': come leader siamo a quota otto. "Lento"vede consolidarsi il
suo apparentamento con Ulf Wakenius, sempre più stupefacente e con Lars
Danielsson, le cui note rimangono scolpite perché brumose e stentoree. Altra
conferma è il percussionista Xavier Desandre-Navarre, che è oramai
sintonizzato sulle note agogiche della voce della bravissima cantante coreana. Nuovo
ingresso lo fa un fisarmonicista che sembra caduto da un altro pianeta: Vincent
Peirani. Il musicista francese con la fisarmonica può fare – e fa – tutto; tutto
ciò che altri non sono riusciti a fare, soprattutto aprire un ventaglio di dinamiche
inaudite. E' un disco da ascoltare almeno una volta al giorno.
Il brano che
dà il titolo al suo lavoro si base si di un tema di Alexander Scriabin. Cosa la
lega a questo compositore?
Non c'è una relazione in particolare. Mi è venuto in mente questo tema, che avevo
conosciuto da ragazzina, durante la preparazione di "Lento". I miei
genitori hanno sempre ascoltato, e hanno anche lavorato, brani di musica classica
e io ho scoperto questa musica attraverso loro.
Ciò che penso è che lei sia parecchio
cresciuta anche nella fase compositiva rispetto anche al suo precedente album Same
Girl. Le composizioni che troviamo in Lento erano già nel suo cassetto o sono state
appositamente create?
Pensi che le ho create in poche settimane prima della registrazione! Avevo davvero
un sacco di idee, ma non sapevo se sarei riuscita a realizzarle. Io non sono molto
brava a comporre, mi ci vuole molto tempo. Comunque, i brani che ho scritto sono
abbastanza semplici. Successivamente ho chiesto ai musicisti se potevano anche scrivere
qualche brano per l'album. Sapevo che ognuno di loro mi avrebbe proposto qualcosa
di diverso rispetto agli altri e che avrebbero arricchito le dinamiche e la registrazione
stessa del lavoro.
Come è iniziata la sua collaborazione
con Ulf Wakenius?
Suoniamo insieme da sei anni. La prima volta che ci siamo incontrati è stata…sul
palco! Sì, infatti a causa di alcuni problemi con i mezzi di trasporto, lui è arrivato
al nostro primo concerto solo la notte precedente, così non abbiamo potuto fare
le prove prima. Ma ogni cosa andò per il meglio, così creando un forte legame tra
di noi. Da quella volta abbiamo mantenuto questa abitudine e non proviamo quasi
mai: preferiamo cercare, testare nuove cose direttamente sul palco durante i concerti.
C'è anche un'altra sua importante collaborazione,
quella con Lars Danielsson.
Lars è uno dei più completi musicisti che io conosca. Ha un tocco così particolare
sia con il contrabbasso che con il violoncello, che rappresentano il suo universo
e lo si può riconoscere facilmente. Lui produce i suoi lavori per sé stesso e per
gli altri. Inoltre mette il 100% di sé nei progetti degli altri, così come nel mio
caso.
Quindi arriva nella tua band Vincent
Pierani, anziché Mathias Eick…
La prossima volta potrei fare qualcosa con entrambi…Conosco Vincent da oltre dieci
anni. Per due anni e mezzo abbiamo spesso suonato in quartetto, con Ulf Wakenius
e Simon Tailleu al contrabbasso. Ho sempre amato la fisarmonica, ma solo
da quando Vincent suona con me ho l'impressione di aver scoperto tutte le possibilità
che ha questo strumento. Prima che iniziassi la registrazione dell'album avevo poche
idee, in particolare, di cosa avrebbe dovuto fare Vincent; quelle cose che gli avevo
sentito fare sul palco e che volevo facesse ancora, specialmente alcuni suoni e
alcuni arrangiamenti. Ma ciò che sentiamo in "Lento" è solo
una piccola parte di ciò che Vincent può fare.
Perché una band drumless?
Suonare in duo, chitarra e voce, mi ha aperto nuovi orizzonti. Così, quando ho deciso
di ampliare il duo in quartetto, ho preferito non inserire le percussioni da subito,
perché cercavo nuove visioni per stimolare la mia creatività. Ci siamo ritrovati
in quattro, al 100% una band acustica, dello stesso tipo delle band che fanno
chanson. Questo ci ha spinto ad esplorare ogni meandro della nostra creatività
e raggiungere luoghi che non avevamo mai pensato. I musicisti furono felici di questa
scelta. Ne abbiamo parlato diverse volte e nessuno desidera, al momento, che la
band si evolva in un quintetto con percussioni o batteria.
In alcuni casi sembra che lei ricerchi
il contrasto tra musica e parole. Potrei sbagliarmi, ovviamente…
Lei pensa questo? Non lo, francamente non ci ho mai pensato. Però, la prossima volta
che ci incontriamo voglio parlarne!
Il suo primo album è Reflet. Ritiene
che la sua musica sia cambiata nel corso del tempo?
Sì, "Reflet" è il mio primo disco. Quando l'ho registrato non pensavo di
poter avere una carriera nella musica. Volevo tornare a Seoul con un bel ricordo
degli anni trascorsi a Parigi, da registrare con i miei amici musicisti: questo
succedeva dodici anni fa… Durante tutti questi anni, la mia musica è cambiata parecchio,
il mio modo di cantare, così come nell'affrontare lo studio di registrazione e il
palco. L'esperienza maturata in questi anni, mi ha aiutato ad avere un po' di libertà
in più. Nonostante tutto, una sola cosa non è cambiata: il piacere di cantare dal
vivo.
Il suo stile è unico: anche qui, ritiene
di aver cambiato qualcosa nel corso del tempo?
Grazie mille! Ma non ritengo che il mio stile sia unico. Non ho mai pensato di crearmi
uno stile. Sin da quando ho iniziato a studiare musica, sono come una spugna: ascolto
e vado alla ricerca sempre di un sacco di musica e ascoltare gli altri musicisti
è per me ossigeno! Penso che queste sia le ragioni dell'evoluzione della mia musica.
I suoi testi narrano della sua vita?
Sì, è vero: i testi parlano della mia vita, che è quello che mi viene in mente quando
scrivo. Penso di essere incapace di scrivere di altre cose che non siano le mie
esperienze, le mie emozioni, il mio stato d'animo.
Risulta che il suo percorso musicale
sia partito dalla musica classica. Quando ha scoperto il jazz?
No, non iniziato con la classica. C'è un po' di confusione in tal senso, perché
ho suonato Korean Symphony Orchestra: ma suonavamo un repertorio gospel! Ho scoperto
il jazz solo quando avevo venticinque anni, quando sono arrivata in Francia per
studiare musica.
Invece, quando ha deciso di fare della
musica la sua professione?
All'inizio volevo studiare musica e non pensavo di diventare una cantante professionista.
Non c'è un momento in particolare dove mi sono detta che volevo fare della musica
la mia professione. Però, ho spesso pensato di smettere tutto…
Lei è nata in Corea, ma si è trasferita
in Francia: per quale motivo?
Sono andata in Francia per studiare musica, ma anche perché amo la cultura francese,
in special modo la letteratura e la canzone. Sono stata in Francia, tra Lione e
Avignone, già otto mesi nel 1989, ma non perché
abbia esitato troppo sulla mia destinazione.
Qual è la situazione musicale in Corea?
Quali sono i jazzisti che lei reputa interessanti?
Il jazz è arrivato in Corea dopo la guerra (quella di Corea), ma non ha avuto molte
opportunità di svilupparsi. Il Paese ne uscì distrutto e doveva ricostruirsi, quindi
la musica non era una priorità, ancor meno il jazz. C'erano solo pochi musicisti
attivi tra gli anni Sessanta e Settanta. Kang Tae Hwan era uno di questi: un meraviglioso
sassofonista che impressionò John Zorn, ma che ha suonato solo per poco tempo
in Corea. A partire dagli anni Novanta, il jazz è molto più presente, ma la sua
notorietà è ancora lontana dalla musica classica, dal pop e dalla world music. Ci
sono alcuni artisti particolarmente interessanti che stanno crescendo ai margini
del jazz e della world music, come il suonatore di geomungo (in coreano Komungo,
è uno strumento a corde tradizionale, n.d.r.) Yoon Jeong Heo. Finalmente, da dieci
anni a questa parte, il più importante festival jazz asiatico, si tiene in ottobre
in Corea, nell'isola di Jarasum.
E cosa ne pensa della scena jazzistica
europea?
Naturalmente ci sono alcuni musicisti meravigliosi in Europa. In Germania, Francia,
Italia: ovunque. Potrei fare un lungo elenco, tra questi ci sono le cantanti che
mi hanno spinto a cercare e trovare un mio personale percorso: Norma Winstone,
Maria Joao, Sidsel Endresen.
Con chi le piacerebbe poter collaborare
in futuro?
Ce ne sono parecchi e anche qui potrei fare una lunga lista. Farò un nome che appartiene
alla categoria con cui mi sembra impossibile poter collaborare: Peter Gabriel!
Chi è il suo mentore?
I miei genitori.
Quali sono i suoi programmi futuri?
Non ho programmi specifici. Voglio lavorare nel miglior modo possibile per poter
essere in grado di ottenere il massimo dalla fortuna che mi è data nel fare regolarmente
concerti.