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Vijay Iyer
Solo
ACT MUSIC 2010 – ACT 9497 2 Distribuzione Egea
1. Human Nature
2. Epistrophy
3. Darn That Dream
4. Black & Tan Fantasy
5. Prelude/Heartpiece
6. Autoscopy
7. Patterns
8. Desiring
9. Games
10. Fleurette Africane
11. One For Blount
Vijay Iyer - pianoforte
Nel 2011 compierà quarant'anni, perlopiù divisi tra musica e fisica, visto che oltre
ad una laurea in musicologia, ha nel suo carniere una formazione scientifica, al
momento tenuta nel cassetto. Genitori indiani e sangue newyorkese, aveva già messo
a terra i "grandi detrattori", benpensanti e nostalgici di
Bill Evans
o Keith Jarrett
riportando il piano trio ad una condizione di creatività perduta, epurata da imbarazzanti
clonazioni e paragoni. Tanto che nel 2010 ha vinto il più che prestigioso American
Jazz Journalist Association Award, ambito premio – non "clicca e vinci", come
è italica consuetudine – della critica statunitense.
Vijay Iyer (che si pronuncia, per sua stessa ammissione, VID-jay EYE-yer)
è sul mercato discografico dal 1995, ma in Italia è giunto solo da pochissimo tempo
e solo grazie alla capillare distribuzione dell'Egea. "Solo" è un album dedicato
a sé stesso, introspettivo come pochi album solipsistici – di questi tempi – sanno
essere (essendo, la maggior parte, esempi del virtuosismo autocelebrante e ginnico
esercizio). Un lavoro da "giano bifronte" che vede una parte fatta di originals
ed altra di un repertorio "timeless" interpretato à la Iyer. Human
Nature è riedificata da un'esecuzione magistrale, asciugata dagli orpelli
pop nel comping della sinistra, incalzante, fino a giungere al conclusivo pianissimo.
Il vessillo del bebop Epistrophy di Monk gioca sul mascheramento del
tema, la melodia è accantonata per dare libero sfogo alla creazione di complesse
figure poliritmiche. C'è anche Van Heusen con Darn That Dream, affrescata
dai principali dialetti del pianoforte jazz moderno che confinano la sua immediata
fruizione, non snaturandola. Doppio elogio a Duke Ellington, prima con Black
& Tan Fantasy con tanto di stride e vibrato e, dopo, con Fleurette
Africain, dal ritmo "negro" percussivo, evocatore delle notti nel deserto sub-sahariano.
L'altra faccia della luna di Iyer è quella autografa, fatta di spesse tessiture
armoniche, energia pura (Heartpiece, Autoscopy) che diventa danzabile,
incantata per acquistare nuova densità, con effetti di accelerazione sorprendenti
(Patterns). Desiring è più attenta alla melodia, con
note fissate e opportunamente calibrate.
Dopo aver stupito in trio, Vijay Iyer riesce a strappare applausi a scena
aperta anche in solo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 06/01/2011
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