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Vijay Iyer Trio
Accelerando
ACT (2012) 9524-2
1. Bode
2. Optimism
3. The Star Of A Story
4. Human Nature
5. Wildflower
6. Mmmhmm
7. Little Pocket Size Demons
8. Lude
9. Accelerando
10. Action Speak
11. The Village Of Virgins
Vijay Iyer - pianoforte
Stephan Crump - contrabbasso
Marcus Gilmore - batteria
E' strana la musica, ancor più il jazz. Perché naviga in un mare non ben definito,
piuttosto oscuro e ricco di flutti malevoli. Vijay Iyer è un talento, riconosciuto
da tanti (per non dire tutti), ma dopo sedici album sembra essere sempre in prova.
Eppure "Historicity" ha meritato pure una nomination ai Grammy Award; il
suo "Solo" ha scatenato l'apprezzamento di mezzo mondo, ma lui è sempre lì
in bilico tra paragoni fuorvianti, imbarazzanti e inutili. Per non parlare dell'Italia
poi, che non lo vede primo attore nei palinsesti del tourbillon di festival estivi
e rassegne invernali. E se accade, è sempre di rado.
Per fortuna Iyer va per la sua strada e continua a costruire belle cose, interessanti
da ogni punto di vista, come "Accelerando" che ruota intorno a originali
sostanziosi, come "Optimism" infiocchettata dal fraseggio asistolico
del pianista indiano-americano e dalla metrica sussultante nelle frasi ritmiche
sovrapposte di Gilmore e nella tavolozza di timbri offerta da Crump.
Nel sound di Iyer coesistono gli States belli da sentire e non appassiti e l'Europa
più ruvida. Insomma, la nota non è pesata e contro pesata, ma è liberata in una
struttura ritmico-armonica iridescente, calcata da un crescendo impetuoso. Come
nell'arrangiamento di "The Star Of A Story", firmata da Rodney Temperton
che ha la marcia di un treno in corsa. Il leader è affascinato – e affascina con
– dalle micro-variazioni, dalle pause brevi e coprenti, dal particolare gusto di
tenere sempre in mostra la melodia rapidamente scomponendola, ma altrettanto rapidamente
ridisegnandola, così in "Human Nature" e nella entusiasmante rivisitazione
di "Wildflower" di Herbie Nichols, con Crump che sciorina un vocabolario
di ritmica e armonia superlativo. Idem dicasi per "Little Pocket Size Demons"
di Henry Threadgill, con l'ostinato sporco di Iyer che si alterna a sofisticate
mescolanze di timbri e frasi spezzate. "Lude" è firmata dal pianista
e parte col volume basso per dare spazio all'improvvisazione più rocciosa e tempestosa,
che sa controllare nel crescendo sonoro imposto dai suoi sodali. Il brano eponimo
è omen nomen: accelera, decelera, ondeggia sembra giungere a una libertà
tonale per poi ricostituirsi. In "Action Speak" Vijay Iyer agisce
in velocità, sempre stoppando e ripartendo come un razzo, associando una pulsazione
specifica in opposizione ai timbri.
Ennesima prova di carattere da parte di Iyer, che conferma di essere uno tra
i pochi pianisti in circolazione capace di dire qualcosa di nuovo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/04/2013
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