Coreana d'origine, ma residente da tempo in Francia, la cantante
Youn Sun
Nah si è fatta conoscere per la sua camaleontica capacità di esprimersi attraverso
jazz, pop, chanson francese, rock e bossa. Una eterogeneità che l'artista coreana
dimostra di padroneggiare interpretando i diversi brani in numerosi idiomi, incurante
di confini stilistici e geografici.
Un'artista cosmopolita e curiosa che si conferma nella sua recente uscita discografica,
intitolata "Same Girl", pubblicata dalla tedesca ACT.
Come il jazz è entrato nella tua vita?
Per puro caso. Non avrei mai pensato che un giorno sarei potuta diventare una cantante
di jazz. Ho studiato Letteratura all'Università e poi ho lavorato per una compagnia
di moda, tutte cose che non hanno niente a che fare con il jazz. Dopo aver lasciato
il mio lavoro, mentre ero ancora in Korea, ebbi la possibilità di lavorare in una
commedia musicale. Fu questa esperienza a farmi decidere di studiare musica. Ma
quale tipo di musica, mi domandai? Chiesi perciò consiglio ad un mio amico musicista
che mi suggerì il jazz. Gli chiesi il perché, e lui mi rispose "Il Jazz è alla radice
di tutta la popular music.". Decisi così di trasferirmi a Parigi senza nessun'altra
informazione su questa musica. Semplicemente, ho avuto il coraggio di farlo!
Durante le tue prime esperienze musicali hai avuto la possibilità di collaborare
con la Korean Symphony Orchestra. Cosa ti ha insegnato questa esperienza in termini
di approccio al canto?
Mi ha aperto sicuramente gli occhi su molte cose. È stata la mia prima apparizione
pubblica e trattandosi di un esibizione con la Korean Symphony Orchestra, ero molto
nervosa. Mi ha fatto realizzare però, che per realizzare grande musica bisogna necessariamente
imparare a saper collaborare e dare il tuo meglio. In termini di canto, invece,
ho compreso che avevo ancora tanto da imparare.
Veniamo al 1995, anno in cui hai deciso di
trasferirti in Francia per studiare il jazz e la chanson francese. Qual è l'ambiente
musicale che hai trovato in questo paese quando sei arrivata, rispetto a quello
da cui provenivi?
Sfortunatamente non è possibile fare paragoni. Abbiamo una storia jazzistica molto
più breve di quella francese. In Korea, il jazz sta crescendo rapidamente e ora
abbiamo il jazz festival più grande dell'Asia. Un fattore che sta sicuramente aiutando
lo sviluppo del mercato jazzistico nel nostro paese.
La Francia è il paese in cui è possibile trovare facilmente tutti i tipi di musica.
I francesi non sono del tutto riluttanti nel ricevere persone o culture differenti.
È un paese che è stato capace di darmi tante opportunità. A Parigi ho potuto sperimentare
diversi approcci con musicisti provenienti da ogni parte del mondo e scoprire quella
che sarebbe diventata la passione della mia vita.
La tua interpretazione del celebre standard "My Favourite Things"
è tra le più interessanti del tuo ultimo album. Come è nata l'idea di eseguirla
con il solo aiuto della kalimba?
Ho ascoltato questa canzone per la prima volta quando ero molto piccola,
guardando in TV il musical "The sound of Music", e me ne innamorai immediatamente.
Divenne ancora più importante per me quando mia madre fu scelta per partecipare
alla versione koreana di questo musical ed andavo a vederlo ogni giorno. Avendo
ascoltato diverse interpretazioni di questo brano, ho voluto darne una mia personale
versione. Quando acquistai la mia prima kalimba, questa fu la prima canzone che
suonai ed ora ho deciso di condividerla con i miei ascoltatori.
Puoi dirci qualcosa su "Kangwondo Arirang", il brano tradizionale koreano che
hai scelto di interpretare in questo disco? Hai ricordi particolari di questo canzone
popolare originaria del tuo paese?
Ho sempre cercato di inserire una canzone koreana nei miei album o nei miei concerti.
É il mio modo di presentare la mia terra d'origine al pubblico. Questa canzone in
particolare è stata scelta perché Ulf Wakenius, il mio chitarrista, aveva
già avuto modo di riarrangiarla precedentemente e intendeva eseguirla da tempo.
Non ho un ricordo particolare legato a questa canzone ma ho ascoltato questa e numerose
altre canzoni tradizionali molte volte. Le amo tutte.
Sorprende la scelta di interpretare "Enter Sandman", un brano della famosa heavy
metal band americana Metallica. Come nasce la scelta di inserire questo brano in
scaletta?
È stato Ulf a suggerirmela. La conoscevo già, ma la sua proposta mi ha comunque
sorpresa. Ho provato a cercare una versione alternativa del brano che presentasse
l'esecuzione da parte di una cantante femminile ma non sono riuscita a trovarla.
All'inizio ero un po' impaurita dall'affrontare questo famoso brano heavy metal
ma Ulf mi disse che avrei dovuto semplicemente cantarla nel mio stile. Ci abbiamo
provato e spero che il risultato non sia stato deludente.
Sin dal tuo arrivo in Francia, la chanson francese ha attirato la tua attenzione
e stimolato la tua sensibilità artistica. Questo aspetto è sottolineato dalla presenza
de "La Chanson d'Hèlène" di Philippe Sarde, in questo disco. Qual è l'aspetto che
ti affascina maggiormente in questo genere musicale tipicamente francese?
È l'aspetto emozionale di queste canzoni ad attrarmi. In qualche modo ho sentito
un'affinità a livello profondo con tutte le chanson francesi in cui mi sono imbattuta.
Forse sono stati i miei studi di Letteratura francese a rendermi particolarmente
sensibile verso questo genere musicale.
Tra i tuoi originali presenti sul disco c'è un brano intitolato "Pancake". Perché
un "tributo"al cibo?
Si tratta di una canzone molto semplice. Parla principalmente del cibo e di come
ce ne serviamo ogni giorno. Ci troviamo davanti ad una scelta ogni qualvolta si
tratta di mangiare, e dovremmo sempre scegliere quello che è più salutare per noi.
Una delle volte a cui stavo pensando a cosa mangiare, mi è venuto in mente che poteva
essere un buon tema per una canzone. È una delle più dirette che abbia scritto.
Certo, il fatto che adori mangiare ha influito sulla scelta.
Tra i brani presenti ce ne sono alcuni poco noti come "My Name Is Carnival",
scritta dal cantautore folk Jackson C. Frank e "Moondog", appartenente al batterista
britannico Terry Cox. Di cosa ha bisogno una canzone affinché tu scelga di interpretarla?
Solitamente sono attratta da una canzone per il suo testo o per la sua musica, ma
allo stesso modo posso esserlo dalla vita del compositore che l'ha scritta o dal
processo creativo che ha portato alla sua realizzazione. Ad esempio, "My Name is
Carnival" è un brano che ritengo descriva molto bene le nostre vite. Lo stesso è
successo per "Moondog": sono stata molto colpita dalla storia dell'omonimo musicista,
compositore e poeta americano non vedente, a cui questo brano è dedicato.
Sono dunque molte le fonti d'ispirazione a cui hai attinto per "Same Girl". Qual
è il trait d'union che unisce tutte le composizioni di questo album?
Sono queste le canzoni che ho ascoltato crescendo e che ho imparato ad amare. Tutte
loro rappresentano molto per me e in un certo qual modo mi hanno aiutato a tenere
i piedi a terra nella vita e nella musica. Fondamentalmente sono loro le mie canzoni
preferite.
L'eclettico chitarrista svedese Ulf Wakenius, insieme con Lars Danielsson
e Nguyen Lè, è tra i musicisti che hanno suonato con te in questo album e tra i
tuoi partner musicali più consolidati. Hai da poco, infatti, iniziato un tour nel
quale è lui l'unico musicista ad accompagnarti sul palco. Quanto ha influito la
sua presenza sul tuo approccio musicale e sulla tua performance live e come mai
hai scelto di esibirti accompagnata da un solo strumento?
In questi anni mi sono esibita in molteplici formazioni e contesti. Sono ora giunta
ad una fase della mia crescita artistica in cui ho sentito il bisogno di spogliarmi
di tutte le sovrastrutture cercando di lavorare in maniera più minimale. Penso che
uno possa esprimersi in modo migliore quando si trova ad operare in contesti musicali
più piccoli. Mi piace lo spazio d'azione per esplorare che mi viene messo a disposizione
in queste performance in duo. Suonare in altre formazioni è altrettanto bello, ma
in questo momento è questo quello che mi piace fare. Ulf è un musicista straordinario
e credo che anche lui sia in una fase in cui trovi stimolante le possibilità di
interazione e ricerca che possono crearsi in una formazione così ridotta.
In questi anni sei tornata spesso nella tua terra d'origine per esibirti. Qual
è la risposta che oggi il jazz riceve in Korea?
Il jazz sta ricevendo un interesse sempre maggiore nel mio paese. Sono molti oggi
i musicisti che scelgono di esibirsi in Korea, dimostrando quanto la domanda di
questa musica stia crescendo. Ma il segno più emblematico di questa crescita è il
Jarasum International Jazz Festival, una manifestazione giunta al suo ottavo anno
di attività e che ogni anno attrae più di 150.000 spettatori nei tre giorni della
sua durata. Credo sia una cosa molto positiva che la Korea mostri un interesse così
importante verso il jazz.
Qual è la qualità del jazz che più ti attrae?
L'interazione. Ho sempre apprezzato quella capacità di interplay che i jazzisti
sfoggiano sul palco e che gli permette di creare della buona musica. Credo che sia
proprio a causa di questo aspetto che la gente ritorni per averne ancora.
Citando il titolo del tuo disco, "Same Girl", quali sono gli aspetti musicali
che ti hanno permesso di rimanere "la stessa ragazza" dall'inizio del tuo percorso
musicale?
Ho sempre ricordato a me stessa di restare umile e cercare di fare sempre del mio
meglio. Ancora oggi significa molto per me, così come lo è stato dal primo giorno
in cui ho iniziato a cantare.
Progetti nel tuo prossimo futuro?
Sto provando altre formazioni e creando nuova musica con musicisti differenti. Un
processo che credo mi condurrà verso il mio prossimo progetto.
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 6.038 volte
Data pubblicazione: 18/09/2011
|
|