Correggio Jazz 2019 17. Ma Edizione 13 maggio - 1 giugno 2019 di Aldo Gianolio foto di Tiziano Ghidorsi e Roberto Cifarelli
Inserito nel circuito Crossroads Correggio Jazz, come sempre,
chiude la lunga itinerante manifestazione musicale emiliano-romagnola. Fedele alla
sua originaria impostazione (molto spazio al jazz italiano, soprattutto dei nuovi
talenti, tanto che per alcuni anni è stato gemellato con lo Young Jazz Festival
di Foligno, frammisto a qualche grosso nome internazionale), dal tredici maggio
al primo giugno il festival ha offerto nella sua diciassettesima edizione dieci
date con
dodici concerti, sei dei quali da noi seguiti.
Il 13 maggio hanno aperto il festival The Bad Plus,
con Orrin Evans al pianoforte, Reid Anderson al contrabbasso e
David King alla batteria. Evans ha da qualche anno preso il posto di Ethan Iverson,
ma non è cambiato lo stile inconfondibile che caratterizza il trio dal
2000, anno della fondazione: un blend di melodismo
pop e di complicatezza "progressive", con dentro un po' di glam-rock, di New Thing
degli anni Sessanta e di impressionismo debussiano. Certo, Evans dimostra di essere
diverso da Iverson: più groovy e bluesy, mentre Iverson più classicheggiante (sinfonico-concertistico);
Evans più coinvolto nelle complicatezze armonico-melodico-ritmiche dell'assolo in
sé, mentre Iverson più attento alla struttura generale dei singoli brani; ma anche
questa volta il trio ha offerto una musica splendida, che si rifà ai tempi e ritmi
del pop e del rock - mai al canonico tempo "swingato" - e spesso dispari, con singulti
sincopati asimmetrici, con reiterazioni tematiche, calibratissimi crescendo e diminuendo,
parti nervose dovute ad accumuli di situazioni agitate e altre calme e rilassate,
quasi estenuate in un fine diradarsi di suoni.
Il 15,
Paolo Fresu
alla tromba e flicorno,
Dino Rubino
al pianoforte e Marco Bardoscia al contrabbasso, hanno omaggiato
Chet Baker
con "Tempo di Chet"; Fresu, che ha in Baker, oltre che in Miles Davis, il
principale modello di riferimento, in questa performance ne ha portato all'estremo
il "bel suono", riempendolo di risonanze sentimentali: un suono limpido, privo di
vibrato, su cui s'innesta un fraseggio rilassato, ma inesorabile nel procedere esatto
e chiaro, pur nella sua complicatezza, con enfasi del registro medio e altri sparuti
riferimenti a Kenny Wheeler e
Clark Terry;
assieme ai compagni ha rievocato, di Chet, il grande magistero in un flusso musicale
omogeneo, coerente e personale.
Il 17 è stata la volta di Rob Mazurek che in "Immortal Birds Bright Wings",
con lui alla cornetta assieme ai bravissimi italiani Pasquale Mirra al vibrafono,
Fabrizio Puglisi al piano, Danilo Gallo al basso elettrico e
Cristiano Calcagnile
alla batteria, ha mantenuto in schemi articolati e aperti la forza del free jazz
senza essere free, perché ogni nota improvvisata è risultata essere interamente
al servizio della composizione, il tutto con una grande energia che si è risolta
in forte e sottile tensione. I cinque hanno fatto levitare un sound audace e sempre
chiaro, anche quando la matassa si è notevolmente complicata; hanno coperto con
le dinamiche uno spettro ampio, arrivando a intensità spasmodiche, ma sempre facendo
brulicare suoni fitti e al contempo distinti, basati sul gioco ipnotico delle iterazioni,
sulla complessità dei poliritmi e l'insinuarsi costante del suono della tromba,
un suono smagliante e fiero, con richiami da una parte a Don Cherry, Lester Bowie
e Bill Dixon e reminiscenze dall'altra di Woody Shaw, Charles Tolliver e, per certi
andamenti strutturali, Booker Little, senza scordarsi gli antichi e la loro forza,
come l'attacco prepotente di Jabbo Smith.
Nel concerto del 25, già dalle prime battute del brano d'apertura, la celeberrima
"Retrato em branco e preto" di Antonio Carlos Jobim, s'è capito come
Enrico Rava,
in tour con "80th Anniversary Concert" per festeggiarsi gli ottant'anni,
fosse in una forma smagliante. Assieme a Makiko Hirabayashi al piano,
Jesper Bodilsen al contrabbasso e Morten Lund alla batteria, ha prodotto
una musica tesa, solare e a tratti giocosa (solo qualche scarno accenno di inquietudine),
introspettiva nei brani lenti, astratta e sfrontata nei più mossi. Rava, che ultimamente
adopera solo il flicorno (se lo è fatto costruire con massima soddisfazione da un
mastro artigiano olandese, Hub van Laar) ha suonato a meraviglia, ricco di idee,
pieno di pathos, sicuro nel procedere in sentieri che ormai conosce a memoria, ma
sempre riuscendo a dare una sorpresa, un guizzo che incanta, che incanala nella
sua propria personale classicità dalla bella sonorità ferma, morbida nei toni medi
e penetrante negli alti, e dalle linee chiare e avvincenti, costruite attraverso
una specie di "recita a soggetto".
Il 28, due performance: Francesco Bearzatti e Carmine Ioanna in duo, seguiti dal
trio di Mirko Signorile.
Bearzatti al sax tenore e clarinetto e Ioanna alla fisarmonica hanno proceduto senza
alcuna previa preparazione, nemmeno mettendosi d'accordo sulla scaletta: uno comincia
e il compagno gli va dietro, in una consonanza di intenti sorprendente. Sono due
mondi musicali differenti, quello di Ioanna più legato alla musica popolare e un
po' anche alla musica colta occidentale, quello di Bearzatti all'hard bop più estroverso,
ma perfettamente integrantesi in un tutt'uno stilisticamente omogeneo, pieno di
richiami, sottintesi, citazioni, mescolando sperimentazione e gioco con grande maestria
strumentale e solistica. Mirko
Signorile, al piano, accompagnato dagli ottimi Francesco Ponticelli
al contrabbasso ed Enrico Morello alla batteria, ha portato l'arte del piano
trio (ricordando quello di Jamie Saft) verso combinazioni, romanticamente espresse,
di forme brevi e reiterate con altre lunghe e distese, di dinamiche alternate di
forti e piani, di esili linee melodiche contrapposte a profondi e risonanti block
chord, costruendo con tocco delicato (a parte qualche estemporaneo volo improvvisativo
più puntuto e di temperamento) un morbido e fascinoso tappeto di rarefatte introspettive
sonorità e insistenti ripetizioni, vagamente ubriacanti, ben supportate dalla icastica
sezione ritmica che spesso martella su figure ritmiche reiterate basate su unici
centri tonali.