Non siamo obbligati ad incravattare un musicista in una corrente,
uno schema o dare al suo suono un'assomiglianza a generi, o altri artisti, né siamo
costretti a dover definire l'appartenenza geografica – e la relativa corrente di
pensiero – di un'artista. Non v'è quest'obbligo che pare sia oramai uno stereotipo
della critica. Certo, nulla si crea dal nulla, ma da qui a dire che tutti siano
dei cloni di suoni del passato più o meno recente, è francamente troppo.
Luca Aquino è giovane ed il suo sound lo è altrettanto.
Ciò non sta a significare che abbia messo al bando la tradizione, significa solo
che ha svolto un lavoro che va ben oltre la ricerca stilistica. Un lavoro onnivoro,
mai scontato o mellifluo.
Tredici brani mordenti, vividi ben strutturati e ben suonati dal trombettista
campano e dai suoi compagni di ventura, tutti musicisti provetti e di comprovata
bravura.
Mirko Signorile al pianoforte, sempre attento alle sfumature più
calde ed accorto a stillare passioni, Gianluca Grasso amalgama note e ritmi
con le sue tastiere, l'assoluta esperienza ed originalità espressiva di Luca
Bulgarelli al contrabbasso ed il raffinato drumming di Vincenzo Bardaro
alla batteria. Questo combo "appulo – campano" è completato da un nutrito gruppo
di ospiti tra i quali spicca il nome di un decano del jazz europeo: il trombettista
– qui solo al filicorno – olandese Ack Van Rooyen.
Le tracce dondolano tra tessiture irregolari impreziosite dall'elettronica
– il grintoso e filmico brano che apre il lavoro è meramente indicativo - e sonorità
a tratti ovattate. Così Bossando con Mapà e
Dancing with Sarè sembrano allontanare l'ascoltatore
dal tessuto connettivo che forma questo album. La Stazione,
invece, sgretola nuovamente il sistema degli stereotipi, così come
You don't know e la palindroma
Van Laar sounds: sarebbe perfettamente ascoltabile
anche capovolgendone le parti. Due brani in una sola storia.
Tre composizioni meritano una citazione a parte: la title track
Sopra le nuvole, di Aquino e Grasso,
danzabile in ogni suo momento ed urgentemente cantabile. La nitidezza di
Soft Shoulders (di Fritz Hajek), dove il
leader e
Signorile somministrano accenti con particolare sensibilità mantenendo,
complici Bulgarelli e Bardaro, un equilibrio musicale ben calibrato.
La triade si chiude con una composizione di
Mirko
Signorile, Il Crepuscolo della Dea
che mette in risalto tutte le doti del giovane pianista pugliese sia in fase compositiva
che esecutiva. I voicings pianistici sono densi ed eseguiti con impareggiabile nonchalance
dall'intero combo che fa proprio l'eleganza tematica imposta da
Signorile.
Luca Aquino ha la sua voce, il suo modo di suonare e comporre, anzi di
narrare le sue storie. Diamo tempo al tempo. Per ora godiamoci questo lavoro dalle
mille anime.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 16/11/2008
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