Roccella Jazz Festival "Cose Turke" Roccella Jonica, 18-25 agosto 2012 Direzione artistica:
Paolo Damiani di Vincenzo Fugaldi foto di Fabio Orlando
e Vincenzo Fugaldi
Edizione numero 32 per il festival calabrese, che riprende la
formula itinerante dopo una stagione concentrata pressoché esclusivamente a Roccella
Jonica, toccando anche paesi che in passato non avevano ospitato concerti, come
Monasterace, Casignana, Bivongi. Edizione recuperata per un soffio, grazie allo
stanziamento di provvidenze finanziarie pubbliche incerte sino ai giorni precedenti
l'inizio.
L'inaugurazione è avvenuta come di consueto nel capoluogo, con
un concerto del trio di Gonzalo Rubalcaba, preceduto dall'ottetto del sassofonista
Pietro Tonolo
"Dajaloo", nel consueto mix tra fiati e percussioni africane, con l'apporto armonico
della chitarra, tra brani originali e classici di Coltrane e Ellington arrangiati
per la formazione. Rubalcaba, in trio con Matthew Brewer al contrabbasso
ed Ernesto Simpson alla batteria, ha suonato con stile inconfondibile, classe
ed eleganza, ottimamente supportato dai partner, amalgamando come meglio non si
potrebbe radici cubane e jazz con rigore, ma senza intellettualismi.
Il Convento dei Minimi di Roccella ha ospitato una serie di incontri
pomeridiani, condotti da Francesco Martinelli e Gianmichele Taormina,
basati su interviste e brevi concerti. Il duo tra l'artista Marcella Carboni
e la vocalist
Elisabetta
Antonini ha ripreso i brani contenuti nel bel cd «Nuance», sfiorando
con gusto e delicatezza mondi musicali distanti, l'ultimo Davis, il Brasile, Wheeler
e gli standard.
Michele Rabbia ha emozionato l'uditorio con una performance
dedicata a John Cage e Carmelo Bene che è riduttivo definire percussiva, data la
miriade di suoni di ogni tipo scaturita come per magia dal set di oggetti disposto
sul palco, tesa a dimostrare l'illusorietà e la convenzionalità dei confini tra
ritmo, melodia, suono, rumore.
"Ritratti sonori", il duo tra il sax tenore di Mirko Guerrini e la tromba
e il pianoforte di Midio Cosottini, era un curioso divertissement
su supposte analogie tra musica e fisiognomica.
La suggestiva e silente atmosfera della zona archeologica di Locri ha accolto
il premiato progetto di Giovanni Falzone su
Ornette
Coleman, con Beppe Caruso (trombone),
Francesco Bearzatti
(sax tenore e clarinetto),
Paolino
Dalla Porta (contrabbasso) e
Antonio Fusco
(batteria). Un mix tra fuoco e intelletto, tra celeberrimi brani ornettiani riarrangiati
con matura creatività e composizioni originali di assoluto valore, per un concerto
che valorizzava le grandi doti solistiche di ciascuno, con Caruso e Dalla Porta
in particolare evidenza.
Ancor più integrato e consono all'atmosfera dei luoghi il quartetto
del pianista Tord Gustavsen, con Tore Brunborg (sax tenore) Mats
Eilertsen (contrabbasso) e Jarle Vespestad (batteria), con la riproposizione
delle musiche contenute nell'ultimo cd inciso per l'Ecm, «The Well». Composizioni
dilatate, pregne di un romanticismo nordeuropeo che rapisce, con l'ombra di Jarrett
sullo sfondo, ma anche genuine personalità e originalità. Magici gli interventi
di Brumborg, integrati nell'equilibrio delicato del quartetto il contrabbassista,
spesso all'archetto, e il batterista, leggero ed efficace.
La villa comunale di Bivongi ha ospitato il quartetto di Cristiano
Arcelli (arrangiatore della Radar band) e il duo Girotto-Biondini. Arcelli,
sax alto, ha costituito recentemente il suo quartetto con Simone Graziano
al pianoforte, Daniele Mencarelli al basso e Bernardo Guerra alla
batteria. Composizioni originali valide, ben eseguite grazie al notevole e pertinente
contributo di ciascuno, con una menzione particolare per lo spiccato senso della
costruzione degli assolo di Graziano, giovane ma già affermato talento. Un viaggio
intenso e travolgente in terra di Argentina è quello che propongono da anni
Javier Girotto
e Luciano Biondini (rispettivamente sax soprano, flauto e fisarmonica),
che con totale empatia hanno suonato brani del loro repertorio, compresi quelli
contenuti nel recente lavoro «Iguazu». Cuore e tecnica, un binomio perfetto
per un duo che riesce ad avvincere il pubblico anche poco avvezzo al jazz.
L'Imperial Quartet (Gérald Chevillon sax basso
e tenore, Fidel Fourneyron trombone e tuba, Joachim Florent basso
elettrico e Antonin Leymarie batteria e percussioni), esibitosi al porto
turistico di Roccella, in un breve e intenso set ha dato misura, come avvenuto in
anni passati sulla medesima piazza con gruppi come Ozma e Sidony Box, dell'ottimo
stato di salute del giovane jazz francese, aperto a influssi di ogni genere, disinibito,
attuale.
"Suono di donna" (Ada
Montellanico voce, Giovanni Falzone tromba, direzione e arrangiamenti,
Glauco Benedetti basso tuba, Mirco Mariottini clarinetto basso,
Massimo Morganti trombone, Francesco Diodati chitarra, Gabriele Evangelista
contrabbasso, Alessandro Paternesi batteria) è il recente riuscito progetto
discografico della cantante romana, un omaggio a compositrici come Ani Di Franco,
Carol King, Carla
Bley, Joni Mitchell, Björk, Carmen Consoli. Anche nella dimensione concertistica
i preziosi arrangiamenti di Falzone, le peculiarità della formazione che racchiude
ottime individualità e la professionalità della Montellanico, determinata e in forma
più che mai, costituiscono gli ingredienti di una proposta calibrata e attuale,
che incontra il favore del pubblico e della critica.
Il nucleo centrale del festival ha ripreso la consueta formula
dei concerti pomeridiani all'auditorium comunale e dei due concerti serali al Teatro
al Castello.
L'auditorium ha ospitato i flauti e la voce di Magic Malik, che con il supporto
di Dj Oil, in un set brevissimo a causa di un guasto all'aria condizionata,
ha dato un saggio della sua personalissima poetica, assolutamente non convenzionale,
che trae spunto anche dalle Antille francesi dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza
prima di trasferirsi in Francia. Appropriato il supporto del noto dj, e inconfondibile
l'uso della voce e degli strumenti.
Lo splendido volume 101 micro-lezioni di jazz
(22 Publishing, 2011), di Filippo Bianchi, è confluito
in uno spettacolo multimediale, affidato di volta in volta a diversi musicisti.
A Roccella sulle immagini e le frasi del libro (spesso inedite, illuminanti sul
mondo e sul senso del jazz, e corredate da una grafica efficacissima e da voci fuori
campo dello stesso Bianchi e di alcuni jazzisti) hanno improvvisato, con Martux_M
(live electronics),
Danilo
Rea al pianoforte e
Flavio Boltro
alla tromba. Un insieme efficacissimo, una perfetta alchimia di suoni, immagini
e parole, una delizia per l'udito e l'intelletto.
Roberto Ottaviano, tornato dopo anni sui palcoscenici
di Roccella, ha portato il suo "Teorie di volo", in compagnia di
Rita Marcotulli
e Giorgio Vendola, che sostituiva col suo contrabbasso il violoncellista
Redi Hasa. Alternandosi con concentrazione e impegno tra sax tenore e soprano,
con il sostegno peculiare del pianoforte, Ottaviano è stato meditativo e delicato,
con momentanei slanci d'energia, inserendo tra i brani l'inconfondibile Witchi
Tai To di Jim Pepper.
Con il supporto della pianista Giulia Tagliavia, Stefano Benni infine
ha portato a Roccella la sua lettura scenica del "Cyrano de Bergerac", classico
da lui riscritto per la collana per ragazzi de L'Espresso "Save the story". Una
bella e rifinita costruzione del racconto, pause giuste e toni e movenze adeguati
per un doveroso tributo all'eterno capolavoro di Edmond Rostand.
L'atteso concerto "Sketches of the Mediterranean. Celebrating
Gil Evans", ideato e condotto da Jon Hassell (tromba e tastiere), con
Rick Cox (chitarra), Michel Benita (contrabbasso), Kheir-Eddine
M'Kachiche (violino) e i trombettisti ospiti
Enrico Rava
e Luca Aquino, è consistito in una rarefatta, dilatata e suggestiva sequenza
di atmosfere ispirate al Mediterraneo in cui affioravano a tratti pennellate elettroniche
gilevansiane, con in evidenza il violino dell'algerino M'Kachiche e la tromba di
Rava. Un progetto articolato, complesso, che avrebbe certamente avuto una resa ancora
migliore all'interno di una sala da concerto, per il quale si auspica un'incisione
discografica.
Il quintetto del grande trombettista statunitense Tom Harrell
(Wayne Escoffery, sax tenore; Danny Grissett, pianoforte e piano elettrico;
Ugonna Okegwo, contrabbasso; Johnathan Blake, batteria) ha proposto
un rinfrancante straight-ahead jazz, in un set entusiasmante, tra brani originali
e standard come Star Eyes. La formazione ha all'attivo un buon numero di
splendidi dischi, e mostra un affiatamento e una coesione assoluti, con una costante
creativa dialettica tra il lirismo del leader e il fuoco degli assolo di Escoffery,
sassofonista che si conferma come uno dei migliori oggi in attività, e il supporto
prezioso della ritmica, da Grissett, lucido ed essenziale, a Okegwo, scuro e solidissimo,
al plastico e dinamico Blake. Incastonato come una perla al centro del concerto,
un memorabile liricissimo duo pianoforte-tromba. Doverosa l'ovazione finale del
pubblico di Roccella in visibilio.
Attinente al tema del festival ("Cose turke") il primo
concerto della seconda serata, che ha visto sul palco l'ensemble di Kudsi Erguner
(ney, voce), affiancato da Hakan Gungor (kanun, una sorta di arpa a 72 corde),
Hamdi Hakatay (percussioni) e Bora Uymaz (voce). Il progetto originale,
"Sufi Invocations", apriva una finestra su musiche di antica origine, suonate
con esiti affascinanti da alcuni tra i più importanti musicisti turchi di oggi.
A seguire, il gioco musicale proposto quest'anno da Tinissima,
il quartetto di Francesco
Bearzatti, che affianca al suo clarinetto e al sax tenore (spesso filtrato
da un distorsore), la tromba e la voce di uno scatenatissimo Giovanni Falzone,
il basso elettrico di Danilo Gallo e la batteria di Zeno De Rossi.
Il gioco consiste nell'innestare su basi di notissimi brani funky, rock o heavy-metal
(da Lou Reed ai Led Zeppelin, dai Police ai Pink Floyd, per citarne alcuni), i classici
monkiani. Divertimento allo stato puro, a patto di capire e accettare il senso ludico
dell'operazione, che peraltro vede i quattro divertirsi come non mai, cantare, far
ballare il pubblico in un tripudio di ritmi e brucianti momenti solistici.
Il nuovo lavoro di
Paolo Damiani
con la Radar Band vedrà la luce su cd per l'Egea a breve, e presenta una
formazione ampia che ingloba la chitarra battente di Francesco Loccisano,
musicista che nel concerto ha dato un contributo fondamentale, come fondamentali
erano gli arrangiamenti di Cristiano Arcelli. È incentrato sul recupero e
la rielaborazione di canti popolari di area meridionale e di alcune arie composte
in passato dal leader, con l'innesto di letture affidate alla voce di Ludovica
Manzo. Buon lavoro d'insieme, e spazio anche per la prestigiosa tromba di
Luca Aquino.
Il fascino unico della tromba di
Nils Petter Molvaer,
la chitarra di Eivind Aarset e il live sampling di Jan Bang hanno
avvolto il teatro all'aperto con la potente suggestione dei loro suoni siderali,
in una sorta di flusso di coscienza sonoro liquido e cangiante, una passeggiata
ipotetica nel futuro elettronico della musica.
Dal quartetto turco del sassofonista Ilhan Ersahin si
è ascoltata una fusion piuttosto datata, ma suonata con estrema perizia,
e impreziosita dagli interventi di matrice etnica del percussionista Izzet Kizil.
Il compito di chiudere il festival è spettato all'Orquestra
Todos, diretta da Mario Tronco e Pino Pecorelli, una sorta di
doppio portoghese dell'Orchestra di Piazza Vittorio, variopinta e composita compagine
multietnica per la prima volta su un palcoscenico italiano, che ha incontrato musiche
e canti di diversi paesi con esiti coinvolgenti e ottima comunicatività.