Salviamo Roccella Jonica
le lettere aperte per il salvataggio del prestigioso festival
Facebook: Difendiamo Roccella Jazz
Sisinio Zito
Presidente dell'Associazione Culturale Jonica
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Caro Direttore,
ho letto solo qualche giorno fa, purtroppo, il bell'articolo che hai scritto sui
motivi per cui le Regioni meridionali trovano difficoltà a spendere i fondi europei
destinati al loro sviluppo. Mi ha colpito una coincidenza: il tuo pezzo è apparso
lo stesso giorno, il 20 agosto, in cui si concludeva, di fronte ad oltre tremila
persone, il Festival Jazz di Roccella. Ti chiederai: ma che cosa ha da spartire
il mio articolo con il Festival e che senso ha il loro accostamento? Ti rispondo
subito: il Festival è, nel suo piccolo, anch'esso un esempio dei mille meccanismi
invisibili (anche se sono sotto gli occhi di tutti) che alimentano il dualismo italiano
e di conseguenza la subordinazione economica, politica e culturale del Mezzogiorno
nei confronti del Centro-Nord. Contro questa subordinazione, e la copertura "ideologica"
che le danno i mass media nazionali, mi sembra che tu sia partito in battaglia e
io vorrei fornirti qualche altra cartuccia, sia pure di piccolo calibro.
Parto da un convegno che Walter Veltroni, notoriamente grande appassionato di Jazz,
tenne a Roma nel 2001, subito dopo la sua prima elezione a sindaco della Capitale.
Il succo del discorso che fece in quell'occasione fu più o meno questo: a Roma è
possibile ascoltare molti concerti di ottimo livello ma dobbiamo puntare ad organizzare
una grande manifestazione come Umbria Jazz e (guarda un po'!) Roccella Jazz.
Nessuno tra le centinaia di persone presenti – artisti, giornalisti, organizzatori
musicali – rimase minimamente sorpreso di quella accoppiata. Umbria e Roccella sono
infatti, secondo il giudizio comune, i prototipi, e ancora oggi i principali rappresentanti,
di due diverse visioni di cosa debba essere un festival jazz: tradizionale, se vogliamo
semplificare, la prima; innovativa e sperimentale la seconda.
Fammi soffermare un momento su questa particolare identità di Roccella, richiamando
una frase assai bella scritta alcuni anni fa da Franco Fayenz, uno dei maestri della
critica musicale italiana. Fayenz ricorda che i musicisti, anche i più grandi, che
partecipavano alle prime edizioni del Festival (e si riferiva a personaggi di statura
mondiale come George Russell, Steve Lacy, Ornette Coleman, Carla Bley, Abdullah
Ibrahim…) non si sono mai lamentati dei disagi inevitabili di quei tempi perchè
"capivano che Roccella Jazz era importante, che aveva programmi originali e trasversali
e che chi ci veniva (e perfino chi ci suonava) imparava ogni volta qualcosa". Fu
così che una manifestazione, nata con pochi mezzi nel povero cortile di una scuola
elementare, in un piccolo paese della "famigerata" Locride, e sul cui futuro nessuno
avrebbe scommesso una sola lira, è diventata a poco a poco "uno dei grandi festival
che hanno fatto la storia del jazz e della musica improvvisata in Europa" (parole
di Armand Meignan, direttore del festival di Le Mans).
Ma riprendiamo il filo del nostro discorso. Umbria e Roccella sono diversi per impostazione
culturale, ma sono soprattutto diversi sotto un altro aspetto, che è quello più
importante perché da esso dipende la vita o la morte di una manifestazione. Di che
cosa si tratta? Tiro in ballo anche in questo caso un convegno, organizzato anch'esso
nel 2001 e da un altro sindaco, Sandro Principe, che era allora alla guida del Comune
di Rende. Al convegno, dedicato ai Grandi Eventi, era presente anche un rappresentante
di Umbria Jazz il quale ci informò che il loro bilancio era di sette miliardi di
lire, l'ottanta per cento dei quali provenienti da sponsorizzazioni e vendite di
biglietti e il resto da contributi pubblici. Dichiarai a mia volta qual'era il nostro
bilancio: settecento milioni, costituito (in maniera esattamente speculare rispetto
a Umbria) per l'ottanta per cento da contributi pubblici e per il venti da vendita
di biglietti e da qualche piccola sponsorizzazione locale. Credo che, da allora
ad oggi, queste proporzioni non siano sostanzialmente mutate e che i numeri che
ho riportato meritino una qualche riflessione.
La prima: la Calabria organizza un festival che regge, sotto tutti i punti di vista
(qualità dell'offerta, capacità di fecondazione culturale del territorio, notorietà
nazionale e internazionale ecc.) il paragone con Umbria Jazz, con una spesa però
che è inferiore di ben dieci volte. Può accadere anche questo, dunque, in una regione
che agli occhi dell'opinione pubblica nazionale è sinonimo di sperperi e dissipazioni
senza fine. Non che questi ultimi siano estranei alla Calabria, anzi le leggiamo
spesso sui giornali. Ma spesso non è uguale a sempre e trascurare la differenza
tra i due avverbi significa fare d'ogni erba un fascio e abbandonare al loro destino
iniziative (e ce ne sono tante) che andrebbero invece incoraggiate e aiutate se
davvero si vuole cambiare la Calabria e il Mezzogiorno.
La seconda riflessione riguarda il fatto che il Festival di Roccella dipende pressoché
interamente dai contributi pubblici, essendo credo l'unica grande manifestazione
culturale nazionale che non ha uno, dicesi uno, sponsor privato di qualche rilievo
ma solo due o tre amici del posto che danno una mano quando e come possono. Che
cosa significa questo stato di fatto? E' presto detto: che il Festival, rebus sic
stantibus, non ha nessun futuro, nemmeno quello più immediato.
Vediamo schematicamente perché: a) i contributi pubblici non sono da soli sufficienti
a coprire i costi, da oltre un decennio sono in costante diminuzione e con l'aria
che tira è facile prevedere che questa tendenza non si arresterà; b) al momento
in cui si fa il programma e il preventivo del Festival (a gennaio) non si ha la
minima idea (con l'eccezione, in questi ultimi tre anni della Regione) se essi verranno
assegnati e quale sarà il loro importo; c) Dio solo sa quando i contributi assegnati
saranno poi liquidati.
Il combinato disposto, come direbbe un giurista, di queste tre circostanze produce
un aumento dei costi (un conto è prenotare un albergo a gennaio e saldare subito
la fattura, un altro è prenotare ad agosto e pagare quando si può); il ricorso alle
anticipazioni bancarie con l'accumulo di interessi su interessi e spesso il blocco
dei conti; il ritardo nei pagamenti ad artisti e fornitori con conseguenti azioni
giudiziarie e ulteriori spese connesse; la creazione di un forte indebitamento che
si alimenta da solo, e così continuando. Insomma, senza l'apporto degli sponsor
privati il miracolo (perché di questo si tratta) di mantenere in vita i "Rumori
Mediterranei" assai difficilmente si potrà ripetere. E questo, devo dirlo, mi dispiace
molto, sia per la Calabria (in nome della quale abbiamo lanciato questa sfida nel
lontano 1981) sia per il Paese, visto il ruolo che Roccella Jazz ha esercitato sulla
scena musicale italiana ed europea nel corso di tanti anni.
A questo punto, però, caro Direttore, sorge una domanda: come mai una grande banca
come Unicredit, un colosso della distribuzione come Conad, una multinazionale come
la Kraft (caffè Hag), grandi imprese come Acea, Wind, Heineken ecc., decidono di
sponsorizzare Umbria Jazz mentre non si trova nessuno, proprio nessuno, disponibile
a finanziare Roccella? Forse in Calabria non ci sono sportelli bancari che fanno
capo (e sono quasi tutti) ai gruppi bancari nazionali? E non ci sono supermercati
della Conad e delle altre catene di distribuzione? E non si consumano anche in Calabria
elettricità e gas? E non si usano i telefonini? E non si consumano bevande prodotte
altrove? E non operano imprese di costruzione nazionali che vincono appalti per
centinaia di milioni?
Il problema non riguarda solo Roccella ma molte altre iniziative di eccellenza che
si svolgono in Calabria e nel Mezzogiorno, e non riguarda solo Umbria Jazz ma la
generalità delle manifestazioni di una qualche importanza che hanno sede nelle regioni
del Centro-Nord e a cui non mancano (basta leggere la loro pubblicità sui giornali)
gli sponsor anche più prestigiosi.
Come concludere, caro Direttore, se non che siamo considerati sempre e in ogni caso,
noi meridionali, figli di un dio minore. Ci dobbiamo rassegnare o trovare la forza
per ribellarci ad una ingiustizia così insopportabile?
Grazie della pubblicazione e cordiali saluti.
Sisinio Zito
Presidente dell'Associazione Culturale Jonica
P.S.: Qualcuno potrebbe osservare, giustamente, se la situazione è quella che è
una qualche responsabilità grava pure sulle istituzioni e le forze politiche, sociali
e intellettuali della Calabria e del Mezzogiorno. Non c'è alcun dubbio, non si tratta
di un altro capitolo, che va pure trattato, ma che non può servire da alibi per
ignorare i feroci meccanismi dualistici che sono sempre all'opera nel nostro Paese.
Paolo Damiani
musicista, didatta, direttore artistico di Roccella jazz
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Caro Direttore,
intervengo nel dibattito suscitato dall'appassionata lettera del senatore Sisinio
Zito, ricordando ciò che scrisse il professor Mario Caligiuri, assessore alla cultura
della Regione Calabria, commentando l'edizione 2010 del festival "Rumori Mediterranei"
di Roccella Jonica: la cultura è il cemento più forte.
Allora, diciamolo chiaramente: i capitali spesi per la cultura devono essere potenziati
in quanto sono investimento, non elargizione. Ogni centesimo investito dal Paese
in cultura, ritorna centuplicato. Il vero profitto della cultura è la crescita sociale
del Paese, che consente nel tempo anche ricadute di tipo economico.
Le opere immateriali non sono merci e non devono immediatamente produrre profitto.
Quanto concerne cultura, educazione, ricerca, - campi che richiedono tempi lunghi,
competenze e passione. – deve essere governato con adeguati sostegni e agevolazioni,
altrimenti muore.
E' necessario quindi incentivare la creazione artistica, coinvolgendo soggetti diversi:
compositori, registi, interpreti, un pubblico numeroso e partecipe, interlocutori
pubblici e privati, sponsor.
La fruizione dell'esperienza artistica deve essere patrimonio condiviso da tutti,
in ogni individuo esiste un potenziale musicale ed artistico innato, da valorizzare
pienamente: questa è per me la Politica necessaria per rendere la Calabria una regione
davvero unita e per tutti.
Naturalmente si tratta di un processo lungo che non può che iniziare nella Scuola,
la quale ha il dovere di garantire le competenze musicali e artistiche irrinunciabili
per tutti gli studenti: l'alfabetizzazione artistica ha lo stesso valore di quella
linguistica.
E' inoltre fondamentale la produzione di nuova musica e lo sviluppo della ricerca,
mediante la creazione di centri adeguati e la nascita di organici di nuovi talenti:
in tal senso da anni auspico la nascita di un laboratorio musicale con i migliori
giovani della Regione o del Mezzogiorno, creato proprio a partire dall'esperienza
di Roccella jazz e con l'insostituibile supporto dell'Associazione Culturale Jonica.
La nostra idea di festival è stata chiara fin dall'inizio: radici e Mediterraneo,
métissage e incontri tra linguaggi diversi, progetti originali e didattica come
esperienza condivisa, ricerca di nuove relazioni, rotte di collisione, uno sguardo
autenticamente contemporaneo: il che vuol dire fare i conti col nostro tempo e ad
esso aderire, ma allontanandosene un poco.
In altri termini, per essere davvero contemporanei è necessario mantenere una certa
distanza dalla nostra epoca, se ne siamo troppo vicini ne perdiamo di vista i contorni.
Perciò Rumori Mediterranei non è mai stato soltanto un festival jazz, in qualche
modo ha osservato il jazz d'oggi da una certa distanza, aiutandolo a spostarsi verso
lidi sconosciuti e a inventare altre forme, inedite soluzioni narrative, anche pensate
in funzione degli spazi architettonici e delle loro possibilità acustiche.
Insieme abbiamo provato a progettare un'altra idea di festival, che fosse nuovo
e utile al tempo stesso, seguendo la celebre intuizione di Henri Poincaré, che su
"Scienza e Metodo" ha definito la creatività come "l'unione di elementi esistenti
in combinazioni nuove, che siano utili".
Nuovo e Utile sono immagini che inscrivono il gesto artistico nel sociale e nelle
radici, arricchendo la vita e le possibilità espressive di ogni essere umano.
L'ossessione della qualità ci abita e ci anima, una rassegna così non nasce dal
nulla, le "voci" che la compongono sono innumerevoli: organizzazione rigorosa, massima
attenzione all'ospitalità (che faremmo senza i magnifici albergatori della Locride?),
all'amplificazione ed agli strumenti, ai trasporti, alla perfetta gestione del palcoscenico,
al rapporto con gli artisti, con stampa, televisioni e radio, e con un pubblico
sempre più motivato e competente.
Poi, certo, serve un programma artistico che abbia un'identità e una poetica.
Eppure, è un festival per tutti: anzi, di tutti.
Inutile negare che le difficoltà siano ancora tante, e dopo 31 anni ormai intollerabili,:
in Francia o in Germania –ma anche in Portogallo o in Grecia - un evento così godrebbe
di ben altro sostegno, e se soltanto potessimo contare in futuro sulla metà del
budget di qualunque grande festival europeo, nell'edizione da poco conclusa non
saremmo stati costretti a cancellare tutti i seminari e i laboratori, in una Regione
ove per di più le scuole di jazz dei Conservatori funzionano egregiamente, grazie
anche alla qualità dei docenti e al talento di molti giovani studenti calabresi.
Potremmo inoltre invitare critici da tutto il mondo - che verrebbero con piacere,
li incontro nei festival ove suono e molti li conosco personalmente – e diversi
direttori artistici di altri festival, con i quali costruire reti e relazioni stabili
che consentirebbero l'abbattimento dei costi e la circuitazione dei nostri progetti
nel mondo, con conseguente esportazione del marchio "Rumori Mediterranei, Calabria
e jazz" ovunque.
Il programma di solito è pronto a febbraio, dovremmo poterlo inviare già a marzo
ovunque, incentivando il turismo e magari allungando la stagione, con ovvie ricadute
anche economiche e occupazionali, non soltanto culturali o d'immagine.
E si potrebbero moltiplicare le iniziative collaterali: mostre, installazioni, musica,
danza e teatro con i bambini, seminari e laboratori, creazione di un'orchestra jazz
di nuovi talenti, premi, concorsi, realizzazione di video e dischi (i primi 33 giri
made in Roccella li stampammo nel 1983…), convegni e conferenze in collaborazione
con Università e Conservatori.
Questo è il nostro progetto per il futuro, in un processo che deve guardare alla
Calabria e al tempo stesso al mondo che le gira intorno, alla realtà europea ed
internazionale. Ne vogliamo parlare?
Paolo Damiani
musicista, didatta, direttore artistico di Roccella jazz
Enrico Rava
Caro Paolo,
il Festival di Roccella è un punto di riferimento irrinunciabile nella scena europea.
Non posso neanche immaginare che possa sparire. Sarebbe una perdita enorme non solo
per il jazz ma anche per la cultura.
Mi auguro veramente che alla fine la ragione e soprattutto l'intelligenza prevalgano
sulla stupidità e sulla burocrazia.
Tenetemi al corrente, per favore
Enrico Rava
Paolo Fresu
Il festival di Roccella non può sparire come non possono sparire tutte quelle
realtà coraggiose che hanno fatto grande l'Italia degli ultimi trent'anni. Perché
a differenza di altre nazioni europee il nostro Paese ha mostrato, grazie a realtà
come Roccella Jonica, di essere in grado di capovolgere l'assetto tradizionale di
dipendenza dai centri nevralgici delle metropoli dando ancora di più un senso democratico
al nostro Paese. Certo, si parla di democrazia culturale ma la cultura, per quanto
se ne dica oggi, è una delle anime della nostra storia e un caposaldo nella costruzione
della nostra migliore società.
Paolo Fresu (musicista, direttore artistico e cittadino)
Giuseppe Rossi
Professore di diritto privato presso l'Università IULM – Milano
Avvocato del Foro di Milano
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Gentile Direttore,
prendo spunto dalla lettera del sen. Zito pubblicata sul Suo giornale, per ringraziare
tutti coloro che, da trentun anni ad oggi, hanno reso possibile il Festival Internazionale
del Jazz di Roccella Jonica.
Sono loro debitore di alcune delle più grandi emozioni provate in decenni di passione
per il jazz e, soprattutto, della scoperta di una terra come la Calabria, dove la
meraviglia può essere eguagliata soltanto dal rammarico per le così grandi risorse
ed opportunità sprecate, in passato e tuttora.
Una breve rievocazione: scoprii Roccella Jonica all'inizio degli anni novanta, sfogliando
le pagine di "Musica Jazz". Tra le indicazioni dei programmi di festival jazzistici
già allora numerosi, mi colpì "Rumori Mediterranei": per il coraggio delle scelte,
che traspariva già da quel titolo così insolito, se si pensa al jazz soltanto come
"musica afro-americana", e per il fatto, anch'esso insolito, che proprio in quel
piccolo paese del Meridione suonassero musicisti che rappresentavano la "classicità"
jazzistica, esponenti delle avanguardie capaci di strabiliare gli appassionati (ma
neglette da molti cartelloni), e giovani sconosciuti o quasi, tutti impegnati, spesso,
in progetti originali. Questo era raro, allora, e lo è ancor di più oggi, nonostante
il numero dei jazz festival italiani sia cresciuto assai.
Aggiungo che, per me, all'epoca studente universitario torinese senza legami con
il Sud, era giunto il momento di vedere di persona; da italiano curioso, cercavo
qualcosa al di là delle cattive notizie e dei luoghi comuni. Così, Roccella è stata
la tappa conclusiva di un viaggio di scoperta attraverso Campania, Sicilia e Calabria,
con mezzi scarsi ma, soprattutto, senza i paraocchi del pregiudizio.
È un privilegio poter dire che (quasi) vent'anni dopo, Roccella è diventata per
me ed i miei familiari un'altra casa, non solo per l'immobile che vi abbiamo acquistato,
ma soprattutto perché della casa vi ritroviamo l'atmosfera.
Il Festival è stato uno straordinario pretesto, per conoscere la Calabria e la sua
gente.
Attraverso il Festival, ogni anno, Roccella e la Calabria, suonano, nelle lingue
anche più liberamente innovative tra le molte del jazz; quei "Rumori Mediterranei"
parlano di Roccella, e della Calabria, a chiunque abbia orecchie aperte per ascoltare.
Non solo perché, ad esempio, quest'anno è stato ricordato, con un concerto - tributo
ed convegno, un musicista indimenticabile e noto a livello mondiale, come Scott
LaFaro, discendente di una famiglia della provincia di Reggio, che, all'inizio degli
anni sessanta, ha ridefinito il ruolo del contrabbasso nel jazz in pochi anni di
attività professionale, prima di cadere vittima, in giovane età, di un incidente
d'auto.
Soprattutto, perché la musica jazz si nutre delle sensazioni che, in ogni momento,
il luogo ed il pubblico trasmettono ai musicisti, che creano in maniera estemporanea.
Per questo, il jazz di Roccella è diverso da quello di qualsiasi altra parte del
mondo, è una voce calabrese, che rappresenta, da decenni, un pezzo importante
del patrimonio culturale nazionale.
Non si può accettare che questa voce sia costretta a tacere da inefficienze ed indecisioni
burocratiche, e dalla miopia di imprenditori che sembrano non comprendere quale
grande valore abbia l'abbinamento del proprio nome ad un'iniziativa così affascinante,
nata in una delle aree più tormentate del Paese, ricca di tradizione ma ancora capace
di rinnovarsi e di essere simbolo di creatività e tenacia.
Da italiani, non possiamo cedere, anche questa volta, al vizio, non soltanto meridionale,
di lasciar deperire, e così distruggere, per ignavia ed incuria, le nostre risorse
più importanti.
La ringrazio per l'ospitalità e La saluto cordialmente.
Giuseppe Rossi
Professore di diritto privato presso l'Università IULM – Milano
Avvocato del Foro di Milano
Antonio Miscenà
EGEA MUSIC group
Direttore ACISA (Associazione Costruttori Italiani
Strumenti Acustici)
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Gentile Direttore,
ho letto pochi giorni addietro la lettera sul Festival di Roccella, inviata al Suo
giornale dal Senatore Zito. Ho avuto già modo in un'altra occasione di esprimere
pubblicamente la mia opinione sul Festival. Da molti frequento il Festival sia da
utente che da addetto ai lavori. Sono originario di un paese della costa ionica,
vicino Roccella, ma da più di trenta anni risiedo in Umbria e svolgo attività, in
Italia ed all'estero, nel settore della musica: produzione discografica, editoria,
distribuzione, promozione made in Italy strumenti musicali, etc. Frequento per questa
ragione le manifestazioni del settore quasi sistematicamente. Ritengo il Festival
un evento culturale molto importante il cui significato va ben oltre i confini della
manifestazione culturale tradizionalmente intesa. Rispetto ai blasonati festival
Jazz del centro nord (Umbria Jazz, Veneto Jazz, Bolzano, Roma, etc.) Roccella, rappresenta,
per il pubblico del Sud, molto di più di una manifestazione di settore. Rappresenta
un' occasione unica per venire a contatto, per vivere e far crescere, nel proprio
territorio, un progetto serio ed ambizioso che si differenzia nettamente "dal resto
dell'offerta culturale calabrese".In tal senso i trenta anni di Roccella in Calabria
sono un vero miracolo,un caso raro. Roccella e' una delle poche realtà in Calabria
che provoca, nei residenti, un estraniamento positivo e a chi viene da fuori una
sensazione di normalità. Non è una delle tante manifestazioni estive che popolano
l'estate calabrese. Io credo fermamente che l'ottica attraverso cui guardare il
Festival sia questa. Una priorità culturale, sociale, politica. Non un semplice
festival.Anche il problema delle sponsorizzazioni, posto dal senatore Zito, dal
mio punto di vista ha un particolare significato. In italia, è difficile ovunque
ottenere risorse finanziare dal privati (banche, grandi aziende, fondazioni, etc.)
senza che vi siano indicazioni (o pressing) da parte del potere pubblico (Istituzioni,
associazioni, forze politiche). Se si analizza attentamente la composizione dell'intervento
privato nel budget di quasi tutte le grandi i manifestazioni si legge chiaramente
la paternità dell'indicazione pubblica.E' un problema di priorità. Se la Regione
Calabria, la Provincia di Reggio, il Ministero, etc. ritengono il festival di Roccella
una vera priorità, come io credo che sia, hanno modi e mezzi per sostenere e far
crescere l'esperienza come meriterebbe, nonostante la crisi che attanaglia la finanza
pubblica. E' una questione di scelte. Questo di Roccella, a differenza di molte
altre situazioni calabresi, è proprio il caso in cui le risorse impiegate per la
manifestazione non vanno considerate nella voce costi, ma in quella investimenti.In
un momento di crisi, certamente si tagliano i costi, ma è anche decisivo investire
nella direzioni ritenute prioritarie. Roccella per il contesto Calabrese assolutamente
lo è. Nel momento in cui scrivo, mi trovo a Cartagena, impegnato nella realizzazione
di alcuni progetti formulati assieme alle istituzioni colombiane le quali, da pochi
anni a questa parte, ritengono prioritari grandi investimenti in attività culturali,
sociali. Gli investimenti riguardano progetti differenti: costituzioni orchestre
giovanili, formazione di operatori per la costruzione e manutenzione di strumenti
musicali, strutturazione di grandi eventi, etc. La Colombia ha bisogno di moltissime
cose. Strutture, infrastrutture, servizi in settori strategici, etc., ma, nel caso
in questione, vengono ritenute ugualmente prioritarie attività che vanno nella direzione
della crescita culturale, sociale, civile della società, soprattutto per le nuove
generazioni. Ciò non incide direttamente, in modo immediato, nella complessa articolazione
della società colombiana, ma è un segnale, un grande segnale di rottura. Un esempio
simile, con tutte le differenze del caso, non è importante anche in Calabria?
Antonio Miscenà
EGEA MUSIC group
Direttore ACISA (Associazione Costruttori Italiani
Strumenti Acustici)
Valeria Valerio
responsabile "jazz live"
agenzia di comunicazione e marketing
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Gentile Direttore,
Cultura: complesso di cognizioni,tradizioni,procedimenti,comportamenti e simili
caratterizzanti un popolo o l'intera umanità.
Partendo da questa definizione da vocabolario, è facile capire come, al di là di
tutto (compensi elargiti, compensi dovuti, qualità attesa,qualità effettiva,ecc.)
il Roccella Jazz Festival rappresenti un evento"Culturale" di portata elevata e,mi
permetto (assumendomi tutte la responsabilità dell'affermazione!), l'unico evento
calabrese che merita di essere annoverato tra le migliori manifestazioni internazionali.
La cultura è una variabile da considerarsi come facente parte dell'assetto economico:
non è l'economia che fa andare avanti la cultura ma viceversa è la cultura che fa
crescere l'economia di un Paese. E,anche questo, è evidente nel "Caso Roccella Jazz
Festival", che ha trasformato un piccolo paese della locride in una "Città Evento".
L'organizzazione rappresentata dall'Associazione Culturale Jonica e la direzione
artistica nella persona del M°Paolo Damiani, hanno fatto sì che tutto ciò avvenisse,
lavorando sempre e solo in nome della cultura,evidentemente. Allora continuiamo
a "fare cultura" cercando di non cadere in luoghi comuni che danno spazio solo a
falsi poteri che vogliono distruggere "la cultura"perchè,non possedendola, non riescono
a dominarla. Gli imprenditori calabresi investono nella cultura ma bisogna trovare
le formule giuste e affidarsi alle giuste competenze, ma soprattutto essere attaccati
alla "cultura" e non al "denaro" !
Chiedo all'Associazione Culturale Jonica di "non mollare". Contate pure sul mio
appoggio e sul mio aiuto
grazie
Valeria Valerio
responsabile "jazz live"
agenzia di comunicazione e marketing
via G.Sisca - Cosenza
Vittorio Daniele
Docente di Politica economica – Università Magna Graecia di Catanzaro
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Gentile Direttore,
mi permetto di scriverLe in merito al dibattito suscitato dall'articolo di Sisinio
Zito, presidente dell'Associazione Culturale Jonica, con la sua lettera in merito
alle difficoltà incontrate nella realizzazione del Festival Jazz Rumori Mediterranei
di Roccella Jonica.
Non spetta a me evidenziare i meriti artistici del Festival Rumori Mediterranei.
L'hanno già fatto Zito e gli altri che sono intervenuti nel dibattito. Questi meriti
sono riconosciuti dalle migliaia di spettatori che, annualmente, assistono al Festival,
dalle innumerevoli citazioni nella stampa nazionale e internazionale, dagli artisti,
di assoluto valore, che ogni anno, da ben 31 anni, fanno di Rumori Mediterranei
un evento straordinario. Io vorrei, piuttosto, succintamente soffermarmi su altri
due aspetti. Il primo riguarda il ruolo del Festival per l'immagine e l'economia
della Calabria. Il secondo aspetto riguarda l'annoso problema dei finanziamenti
al Festival Jazz e, più in generale, agli eventi culturali realizzati nel Mezzogiorno.
È indubbio, gli eventi culturali hanno significative ricadute socioeconomiche. Non
sono solo gli studiosi ad attestarlo, ma anche l'Unione Europea, che ha più volte
ribadito l'importanza degli eventi culturali per lo sviluppo locale. Le grandi manifestazioni
culturali sono, innanzitutto, uno straordinario strumento promozionale per un territorio
e le sue risorse. Essi attraggono spettatori, cioè ospiti che occupano camere d'albergo,
consumano nei ristoranti, spendono nei negozi attivando, direttamente e indirettamente,
circuiti di spesa. Gli eventi culturali generano, poi, processi virtuosi a livello
locale: favoriscono l'innovazione, contribuiscono alla formazione del capitale umano,
aprono le comunità a rapporti più ampi, stimolano iniziative collaterali. Il Festival
Jazz di Roccella produce tutte queste ricadute. E lo fa in misura maggiore di eventi
analoghi tenuti in altre parti d'Italia. La ragione è che il Festival di Roccella
si svolge in Calabria e, più in particolare, nella provincia di Reggio e nella Locride.
Esso rappresenta uno straordinario strumento per veicolare a livello internazionale
un'immagine positiva della nostra regione, per farne conoscere le risorse, per superare
stereotipi e pregiudizi purtroppo assai diffusi, per attrarre visitatori. Tutto
ciò, naturalmente, conta molto anche sotto il profilo economico. Come dimostra un'indagine
realizzata qualche anno fa, il Festival roccellese contribuisce, in maniera significativa,
ad allungare i soggiorni turistici e a qualificare l'insieme dell'offerta turistica
della provincia di Reggio Calabria.
Veniamo ora al secondo punto. Si tratta di un punctum dolens, quello dei
finanziamenti. Come dichiara Zito, il Festival Jazz di Roccella è finanziato, in
larga misura, da contributi pubblici. Ma questo non riguarda solo Rumori Mediterranei.
Anzi, si tratta di un dato comune alla quasi totalità degli eventi culturali realizzati
nel Mezzogiorno. Qual è la ragione di ciò? È semplice: la partecipazione dei privati,
di sponsor e di Enti come le Fondazioni bancarie è insignificante. Per quel che
riguarda gli sponsor privati, cioè le imprese, le evidenze sono nette. Le multinazionali
presenti in Italia hanno, per il 95%, sede al Centro-Nord. Le poche grandi imprese
del Sud non sembrano molto attente al finanziamento di grandi eventi. Eppure la
Calabria e il Sud sono una parte consistente del mercato nazionale. Il Sud rappresenta
il 35% della popolazione italiana e una quota quasi analoga dei consumi nazionali.
Al Sud (e in Calabria) si vendono come altrove i prodotti delle multinazionali e
delle grandi imprese nazionali. Eppure, si stenta a trovare imprenditori che decidano
di investire in cultura e per la crescita dei territori.
Al Sud, poi, si raccolgono ingenti risorse finanziarie. Nel Sud ci sono 7.000 sportelli
bancari che ricevono il 21% dei depositi delle famiglie. Ebbene, alle Fondazioni
bancarie ciò non sembra rilevante. Come mostra l'ultimo rapporto dell'associazione
delle Fondazioni bancarie, in Italia esistono 88 Fondazioni, di solo 12 hanno sede
nel Mezzogiorno. Ebbene, se si considera che ben il 92% delle somme erogate dalle
Fondazioni riguarda la regione (o la provincia) in cui queste hanno sede, il conto
è bello che fatto! Al Mezzogiorno arriva solo il 5% delle somme erogate dalle Fondazioni
e nulla per eventi come il Festival Rumori Mediterranei. Verrebbe quasi da pensare
che il Festival ha un evidente difetto: quello di svolgersi nel Mezzogiorno e, fatto
ancor più grave, in Calabria.
Il Festival Rumori Mediterranei è, nel suo genere, una delle più importanti manifestazioni
italiane. Si tiene in Calabria, ma per qualità e standard artistici, potrebbe tenersi
a Milano come a Stoccolma. Il Festival è una risorsa che, però, conta su scarse
e incerte risorse economiche. Esso meriterebbe, perciò, maggiore attenzione, certezza
nei finanziamenti, l'impegno corale delle Amministrazioni, dei privati, degli Enti.
Il futuro del Festival è una scommessa per la Calabria. Se questa scommessa verrà
persa, la Calabria non rinuncerà solo a uno straordinario evento. Il Festival diverrà,
infatti, anche un simbolo (l'ennesimo) della sconfitta di una regione in cui sembra
quasi impossibile realizzare ciò che altrove, invece, è non solo possibile, ma anche
normale.
Vittorio Daniele
Docente di Politica economica – Università Magna Graecia di Catanzaro
Dr. Franco Fayenz
Giornalista
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Caro Direttore,
sono uno dei giornalisti musicali che frequentano Roccella Jazz. Lavoro per Il
Sole24Ore on Line, per la rivista Amadeus e per varie altre testate. L'età non più
verde mi dà il
privilegio di aver mancato al massimo due o tre edizioni delle 31 di Roccella Jazz,
e quindi di
conoscerne a fondo i pregi e i problemi e di esserle particolarmente affezionato.
Non c'è mai stata
la certezza, ogni anno, di poter allestire l'edizione successiva rispettando il
livello del festival,
sempre più importante, fino a diventare uno dei maggiori in campo internazionale:
un vero punto
di riferimento – senza retorica – per la Calabria, grazie al quale Roccella si è
dotata di un ampio
Auditorium e soprattutto del meraviglioso Teatro al Castello. Sono i musicisti che
lodano la visione
incantevole del Castello che hanno davanti agli occhi quando suonano. Dicono che
ne traggono
ispirazione e poi ne parlano nei loro luoghi di origine. Nel mese scorso ho potuto
scrivere di aver
assistito a Roccella a uno dei più straordinari concerti in assoluto del maestro
Ahmad Jamal in
quartetto – fra i migliori pianisti della musica afro-americana da me ascoltato
almeno venti volte in
tanti anni – che era sollecitato quella sera dalla bellezza del Castello illuminato
e dalla sensibilità
del pubblico (sono parole sue).
Ma c'è dell'altro. Roccella Jazz è un festival dal quale perfino gli esperti imparano
sempre
qualcosa, per la bontà dei programmi e per l'accortezza, specie negli anni più recenti,
di proiettarsi anche "oltre" il jazz come lo si è conosciuto nel Ventesimo secolo. Basti pensare,
per citare soltanto
un episodio, alla celebre serata della Folìa, la danza ispano-portoghese del Cinquecento
e del Seicento interpretata a Roccella dall'orchestra di George Russell documentata in
un cd, della quale
si scrisse in tutto il mondo. Dicevo che ce l'ha sempre fatta, il festival, sebbene
faticando ogni anno
in vista dell'edizione seguente. Ma adesso, con la crisi generale che conosciamo,
il problema è
diverso e più grave. Per questo intervengo anch'io pregandoti di far sapere con
la voce autorevole,
tua e del tuo giornale, che questo grande festival corre pericolo. E' inutile pensare
ai sostegni
istituzionali: lì ci sono tagli e basta. Occorre che il problema diventi ben chiaro
ai possibili sponsor
soprattutto locali, che riceverebbero pesanti contraccolpi perfino dalla sola sospensione
di una
manifestazione che ha portato il nome di Roccella e della Calabria in ogni angolo
della Terra.
Ti sono grato di quanto vorrai fare, con i più cordiali saluti.
Dr. Franco Fayenz
Giornalista
Vincenzo Fugaldi
indirizzata al direttore di Calabria Ora
Gentile Direttore, sono Vincenzo Fugaldi, uno dei
giornalisti e critici che seguono da anni Rumori mediterranei. Ho iniziato negli
anni Ottanta da spettatore, mancando solo pochi appuntamenti, e Roccella è stata
ed è per me, come per molti frequentatori, una palestra di idee, e un luogo dove
sperare che il sud - tutto il sud d'Italia - possa essere un luogo “normale”,
dove la cultura sia un elemento della quotidianità. Ho visto questo piccolo
paese crescere, dotarsi di un teatro all'aperto di grande bellezza e di un
capiente auditorium – in molte occasioni pieni all'inverosimile di spettatori
competenti ed entusiasti provenienti da ogni regione d'Italia -, di un porto
turistico, un bel lungomare, strutture ricettive. Tutto ciò grazie
all'iniziativa di un'Associazione, l'ACJ, che ha creduto in un progetto
apparentemente folle: organizzare un festival diverso dagli altri, creativo,
innovativo, in una parte d'Italia bella ma isolata culturalmente. E folle
quest'idea non era affatto, visti i risultati conseguiti sul territorio e per il
territorio, e vista la notorietà internazionale conseguita dal festival anno
dopo anno. Come giustamente ricorda il Senatore Zito, citando Veltroni,
diventando il secondo festival italiano dopo Umbria Jazz, pur con un budget
assolutamente non paragonabile a quello perugino.
Dal mio punto di vista di siciliano (una terra che non ha
mai nemmeno immaginato di organizzare un festival jazz di questo livello, pur
avendo avuto in passato maggiori risorse economiche in virtù dell'autonomia
regionale) guardo a Rumori mediterranei come a una realtà assolutamente
NECESSARIA non solo per la Calabria, ma per l'intero sud del paese, e anche per
il resto d'Italia. La posizione geografica della Locride apre sguardi inediti
sulla realtà culturale del mediterraneo, e le ampie vedute della direzione
artistica e la professionalità degli organizzatori tutti sono garanzia di
risultati coerenti, validi, duraturi.
Il grido di dolore (perché di questo si tratta, al di là
dello stile alto e signorile che sempre lo contraddistingue) lanciato dal
Senatore Zito, e confermato dalla lettera del Sindaco di Roccella, non può
lasciarci indifferenti. Occorre che questa discussione esca presto dall'ambito
regionale, e che si sviluppi un'azione di advocacy mirata a far pressione sulle
forze economiche del paese (che non possono continuare a ignorare il sud nella
programmazione dei loro sostegni, in dispregio a ogni logica economica) e sulla
realtà ministeriale, che in svariati decenni non ha mai affrontato decentemente
la problematica delle modalità di erogazione dei finanziamenti.
La partita che si gioca in difesa di Rumori mediterranei
non riguarda solo la Calabria e i calabresi, ma tutta la popolazione del sud
Italia che ha coscienza del valore economico della cultura, senza la quale non
possono aversi benessere, qualità della vita, creatività, capacità
imprenditoriali.
Vincenzo Fugaldi
Jazzitalia
Rita Marcotulli
Roccella Jonica un piccolo paese della Calabria che ha avuto la fortuna di avere
un festival come rumori mediterranei per farsi conoscere in tutto il mondo e per
far apprezzare una regione come la Calabria!
30 anni di musica di storia del jazz e non solo e che con il tempo e' diventato
uno dei festival più noti ed importanti d'Italia...
Ma è soprattutto lo spirito del festival che rimane unico ed irripetibile...
Come diceva Pessoa: "l'arte e ' la dimostrazione che la vita non basta" la consapevolezza
che l' arte e' non solo la medicina della nostra anima, ma anche l 'unica possibilità
degli uomini di evolversi...
Roccella deve continuare a vivere...
Sarebbe una grande perdita per la cultura e la musica.
Stefano Di Battista
Quando un festival di questo livello rischia di scomparire si mette a repentaglio
il complesso equilibrio che tiene vivo il senso della musica in Italia.
Roccella Ionica è un festival di cui si parla in tutto il mondo. La sua chiusura
sarebbe la perdita di un'opportunità per tutti.
Mi auguro che la Calabria continui ad essere protagonista nel mondo della musica
proprio come negli scorsi anni con questi straordinari eventi che coinvolgono musicisti
e personaggi di tutto il mondo artistico.
Rosario Giuliani
Ho sempre pensato che il Festival di Roccella rappresenti una tra le più belle realtà
del panorama jazzistico in Italia e non solo. Sarebbe veramente un peccato che un
festival di tale caratura artistica e organizzativa, che fa parlare di se in tutto
il mondo, morisse!
Sperando che le mie parole possano aiutare a sostenere tale progetto vi mando i
più sinceri in bocca al lupo! Farne parte per me è stato sempre un grande piacere
e onore.
Carmen Sergi
Qualche giorno fa, sul web, ho letto la lettera che il sen. Sisinio Zito, organizzatore
del Roccella Jazz Festival – "Rumori Mediterranei", ha inviato l'8 settembre 2011,
al direttore di "Calabria ora". In questa lettera, il Presidente Zito scrive delle
difficoltà economiche in cui versa il Roccella Jazz Festival, che rischia di morire,
schiacciato dai debiti e dalle ingiunzioni di pagamento. Tali difficoltà sono dovute
essenzialmente alla mancanza di sponsor privati, al totale disinteresse degli imprenditori.
Questa manifestazione è un festival di musica jazz, conosciuto non solo in Italia
ma anche a livello internazionale, che si svolge in agosto e che da 31 anni riunisce
a Roccella Jonica, paese della locride, giovani, talentuosi musicisti ad artisti
di fama internazionale, come Ahmad Jamal, Eddie Gomez, Ornette Coleman, Carla Bley,
Dave Douglas, Enrico Rava, Paolo Fresu e molti altri.
Ogni anno migliaia di persone, da tutta Italia ed Europa, accorrono per ascoltare
questi grandi artisti e per godere della selvaggia bellezza di quei luoghi, del
buon cibo, del caldo e del mare cristallino.
Sono un'appassionata di musica jazz o, come direbbero i miei amici, un' "infognata",
una "nerd" di questo genere e, soprattutto, sono una giovane donna calabrese che
vive a chilometri di distanza dalla sua terra perché lì non è riuscita a trovare
il modo e l'occasione per realizzarsi.
La lettura di quelle accorate parole e la concreta ipotesi che il Roccella Jazz
Festival possa scomparire, per sempre, mi hanno suscitato ansia e apprensione perché
significherebbe una grave perdita per il jazz in Italia e, soprattutto, l'ennesima
e grave sconfitta per la mia terra.
Mentre scrivo ascolto una ballad di Coltrane (uno dei miei jazzisti preferiti) e
mi si velano gli occhi di emozione al ricordo di uno dei giorni di Agosto al Roccella
Jazz Festival di quest'anno: partenza da Catanzaro Lido, in treno, ed arrivo alle
11 a Roccella per assistere al convegno su Scott La Faro … Ero lì, da sola, con
il mio block notes, ad ascoltare la storia ed i pezzi del grande contrabbassista
Scott La Faro (i suoi nonni erano originari della locride), morto giovanissimo a
causa di un incidente stradale ma, soprattutto, ero a pochissimi metri da un altro
grande del contrabbasso: Eddie Gomez. L'atmosfera rilassata, amichevole, non era
quella dei convegni formali e noiosi a cui sono costretta ad assistere per lavoro,
ed il livello culturale era estremamente alto.
La sera, invece, mi recai a sentire un doppio concerto al teatro del Castello. Fu
un'emozione unica. Avevo tutto: la mia migliore amica seduta accanto a me, un posto
suggestivo, ai piedi del castello di Roccella e la musica jazz. Come direbbe il
cantautore italiano Paolo Conte, ero "sotto le stelle del jazz", nella mia amata
terra.
Quella sera, l'anfiteatro era gremito, c'erano oltre 3.000 spettatori provenienti
da tutta Europa: tra i quali, accanto a me, tre appassionati del genere, di nazionalità
inglese, commentavano ogni assolo con convincimento ed emozione rinnovati. Dinanzi
una famiglia, composta da madre, padre e una bambina di circa 10 anni, provenienti
dal nord Italia ed, infine, persone di colore, uomini in giacca e cravatta, ragazzi
con i pantaloni larghi e sotto il cavallo, come, del resto impone, oggi, la moda…
Insomma un crogiolo di persone differenti unite a Roccella solo dalla passione per
il jazz, in generale, e per i quartetti di Roberta Gambarini ed Eddie Gomez, in
particolare, i quali sono due meravigliosi artisti, di fama internazionale.
La prima è una cantante torinese, la quale è riuscita ad emergere solo andando a
New York, conosciutissima negli Stati Uniti come la "vera erede di Ella Fitzgerald,
Sarah Vaughan and Carmen McRae" (cit. Boston Globe). La sua voce calda, l'interpretazione
intensa di alcuni dei pezzi d'amore più belli della storia del jazz, fece vibrare
d'emozione gli spettatori che sedevano sugli spalti dell'anfiteatro. Subito dopo
la sua perfomance, si esibì Eddie Gomez con il suo quartetto in un tributo a Scott
La Faro. Eddie Gomez è uno dei più grandi contrabbassisti jazz contemporanei. E'
davvero spettacolare vederlo esibirsi dal vivo: assoluta padronanza dello strumento
e, soprattutto, passione, fuoco, amore per quello che suona.
Io non sono un'addetta ai lavori, non sono una musicista, non sono una musicologa,
non conosco la differenza tra un mi bemolle e un fa diesis ma conosco la differenza
tra un esecutore e un Musicista, tra colui che è un bravo tecnico dello strumento
e colui che suona con il cuore e fa emozionare il pubblico e, credetemi, Eddie Gomez
appartiene a quest'ultima categoria.
Le emozioni di quella sera sono state per me, uniche ed irripetibili. Giro molto
per L'Italia per ascoltare concerti jazz e, raramente, ho vissuto un atmosfera magica
e quasi surreale come quella.
Il Roccella Jazz Festival è una bellissima manifestazione, di grande respiro culturale,
un fiore all'occhiello per l'Italia, la dimostrazione che la Calabria non è solo
‘ndragheta e menefreghismo, ed il lasciarlo morire non solo significherebbe perdere
una delle manifestazioni sane e di grande elevatura culturale ma, soprattutto, significherebbe
far morire definitivamente una parte della Calabria.
Dobbiamo evitare questa sconfitta, dobbiamo ribellarci a questo, utilizzando tutti
gli strumenti a nostra disposizione…. Ed è per questo che partiamo dal web, dal
social network più utilizzato del momento, Facebook. Abbiamo, infatti, creato una
pagina "Difendiamo il Roccella Jazz", dalla quale far partire la nostra campagna
e far sentire la nostra voce in difesa di questo meraviglioso sogno, lungo 31 anni.
Walter Pedullà
saggista, critico letterario, giornalista
Alcuni anni fa al ricevimento in un'ambasciata mi avvicinarono due giovani –
un americano e un orientale – ai quali era stato detto che sono calabrese: volevano
sapere dove era precisamente collocata Roccella Jonica e come si arriva. Prima di
rispondere, domandai cosa cercavano nella cittadina che si trova pochi chilometri
più a nord del mio paese natale, che è Siderno. Ebbene, erano venuti in Italia per
assistere al Festival del Jazz di Roccella. Del quale sapevano molto più di me,
peculiarità artistiche, storia, presenze prestigiose, difficoltà finanziarie, rinascite
e trionfi. Ne fui ovviamente felice e, senza retorica, orgoglioso. Ancora di più
lo fui quella volta in cui chiesi a un noto musicologo un giudizio sul festival
roccellese – troppo partigiano e preconcetto il mio di corregionale – ed egli mi
rispose che era quanto di meglio si faceva nel settore in Italia. Si ascoltava non
solo il migliore jazz ma non di rado pure il più nuovo. Non erano pochi i musicisti
che preparavano pezzi originali da suonare a Roccella. Dove si dà appuntamento un
pubblico di intenditori, professionisti e dilettanti, che ogni artista desiderebbe.
Sembra un miracolo ma questo festival è invece –ne sono testimone oculare, l'ho
visto nascere e crescere: suppergiù i primi dieci anni di sua vita - il frutto del
lavoro di chi lo ha ideato, organizzato e guidato magari anche allontanando la tempesta
finanziaria che ogni anno minaccia di annegare un'iniziativa culturale per la quale
dovrebbero essere grati a Roccella non solo i calabresi ma tutti gli italiani. Il
Festival Jazz della cittadina calabrese non è solo un fenomeno calabrese. La gran
questione è sempre questa: fare localmente cultura che riguarda, per cominciare,
l'Italia, e perché no, l'Europa. Roccella Jazz non è solo un bell'esemplare ma è
anche un buon modello di iniziativa culturale. Ce ne fossero molte così in Calabria,
anzi in Italia. Che ha qualcosa da imparare dalla Calabria, che non sempre impara,
e imita, il meglio dall'Italia.
Non sto dicendo che in Calabria la cultura si chiama Roccella: non sarebbe vero,
e non sarebbe il modo migliore per intervenire su un problema che innanzitutto è
quello della sopravvivenza delle attività culturali innovative nella nostra regione.
Resta il fatto che, se è vero che esistono in Calabria molte iniziative culturali
degne di attenzione e di "protezione", è ancora più vero che nessuna di esse ha
la notorietà internazionale e la considerazione unanime di Roccella Jazz. Questa
mia dichiarazione non è una promozione a petto di molte bocciature. Non ho elementi
per dare voti puntuali e motivati. Sto solo dicendo che mi piacerebbe che tutte
le iniziative culturali calabresi avessero l'ambizione di conquistarsi "gloria e
fama" in tutta l'Italia. Roccella ce l'ha fatta e soprattutto ha dimostrato che
ce la possono fare tutti gli altri paesi. Per esempio, ma mi riferisco a luoghi
che frequento, a Palmi, ad Acri, a Siderno e a Reggio ci provano. Sarebbe bello
che gli italiani seguissero le manifestazioni culturali calabresi come i calabresi
seguono quelle nazionali che si irradiano da Viareggio, Venezia, Roma e Milano ecc.
In trentuno anni il suo lento e irreversibile sviluppo pone Roccella Jazz fra le
manifestazioni musicali delle quali non si può non sapere tra chi vive di cultura.
Non lo sanno solo i musicisti, la sua fama è arrivata pure a coloro che non fanno
pazzie per il jazz. Forse non c'è un paese italiano – forse addirittura una città
- dove esso sia altrettanto popolare. E forse non c'è paese calabrese che attiri
tanta gente da ogni parte d'Italia e del mondo per seguire l'annuale festival di
Roccella Jonica. Perciò mi sorprende sentirmi dire che ogni anno potrebbe essere
l'ultimo, anche se ogni anno Roccella Jazz compete in qualità e ricchezza di programmi
per il primo posto con i più rinomati festival dedicati a questo genere di musica.
Ho avuto modo di leggere l'intervento con cui Sisinio Zito ha avviato una riflessione
che ha coinvolto musicisti, studiosi, intellettuali e cittadini non solo calabresi.
Le testimonianze degli artisti confermano che sarebbe una grave perdita per la comunità
nazionale la riduzione, se non la chiusura, delle attività che fioriscono intorno
al Festival. La minaccia al suo futuro investe infatti ben più che il paesaggio
e la fisionomia della cultura calabrese. Tocca invocare la solidarietà dell'intera
regione e di tutta la cultura italiana., che non può tollerare di vedersi amputare
di una manifestazione che le dà lustro in campo internazionale. La lotta a sua favore
non è meno significativa di quella che a Roma si sta conducendo in difesa del Teatro
Valle. Semmai dispiace che la risonanza dei fatti di Roccella risulti assai inferiore
a quella registrata a Roma. Cosa che rende pertinente la paura di Zito che il Sud
venga considerato figlio di un dio minore (a cominciare dai più ricchi sponsor che
finanziano molto generosamente le iniziative che stentano culturalmente sopra Roma,
e non danno un euro a quelle che fioriscono a sud della Capitale).
Un filo rosso ricollega tutte le iniziative con le quali si resiste a una tendenza
strisciante e prepotente che mira in modo latente non meno che palese a soffocare
ogni tentativo di tenere in vita attività con cui le minoranze più aggiornate puntando
sulla cultura mostrano la via d'uscita da crisi non solo economiche. Il finanziamento
di manifestazioni come il Festival del Jazz di Roccella è un investimento a lungo
termine che darà benefici a una regione dalla quale sempre sono stati forniti all'Italia
intellettuali – nel senso di giuristi, scienziati, manager, professori, ingegneri,
ecc,, nonché scrittori e pittori – il cui valore è stato speso a vantaggio di tutti.
E' difficile indicare la soluzione del problema in un periodo in cui la crisi economica
viene usata come alibi per non fare nulla a favore della cultura ma il silenzio
sarebbe un lusso che non ci possiamo permettere. A Roccella si fa musica, ma forse
urge anche iniziare una protesta assordante. Bisogna farsi sentire (debbono sentirla
anzitutto i grandi sponsor nazionali che a sud raccolgono più di quanto seminano)
dove ci sono le risorse, magari paradossalmente date a iniziative che valgono dieci
volte di meno di Roccella Jazz. Non è una guerra tra poveri, ma è scoppiata una
guerra che tra le vittime non avrà solo la cultura. Far fallire una manifestazione
come questa sarebbe il capolavoro di una mente criminale che con la chiusura di
Roccella Jazz dimostrerebbe che al Sud non c'è e non si può fare nulla di buono.
Impediamo il crimine che sarebbe anche una beffa.
Antonio Repaci
Caro Direttore,
vorrei anch'io dare un contributo alla discussione che si sta svolgendo su Calabria
Ora a proposito del Festival Jazz di Roccella. Premetto che non sono un appassionato
di questo genere di musica, anche se non mi dispiace di ascoltarne un po di tanto
in tanto. Non è quindi per un interesse di natura artistica che seguo, da lontano,
il Festival da parecchi anni, sulla stampa o in televisione o parlandone con amici
che invece avevano frequentato Roccella. La mia curiosità era un'altra: come mai
si era riusciti ad organizzare, in un piccolo paese della Calabria, una manifestazione
conosciuta in tutta Italia e nel mondo? E non sarebbe bello se si riuscisse a dare
vita ad altri dieci, cento eventi culturali dello stesso livello qualitativo e capaci
non solo di attrarre gente proveniente da fuori la Calabria ma soprattutto di trovare
spazio nei mass media nazionali e internazionali? Io credo infatti, Caro Direttore,
che quello dell'immagine sia forse il problema più cruciale della nostra regione.
L'immagine di cui la Calabria gode (diciamo così) presso l'opinione pubblica italiana
è quella che tutti conosciamo, grazie soprattutto ai mass media nazionali, tutti
(come Lei ha recentemente osservato) insediati nel Centro-Nord. Non si può negare
che questa immagine riflette una parte importante della realtà calabrese, ma non
riflette tutta la realtà calabrese. L'altra Calabria, se vogliamo chiamarla così,
rimane nascosta, salvo eccezioni (tra cui appunto il Festival di Roccella). Il risultato
è che il "pregiudizio" nei confronti della nostra regione non fa che rafforzarsi,
ostacolando le forze del rinnovamento e dello sviluppo che pure sono presenti.
Quest'anno per la prima volta son voluto andare anch'io a Roccella, per la serata
finale del Festival. Devo confermare che ne sono rimasto impressionato: più di tremila
persone stipate nel Teatro all'aperto e, a sentire i loro accenti, provenienti da
ogni dove; uno scenario, quello del Castello che sovrasta il Teatro, di una suggestione
grandissima; una troupe di RAI 3 nazionale che girava un servizio; uno spettacolo
infine che, per il valore di Piovani e dell'orchestra che dirigeva, oltre che per
il livello degli apparati tecnici, si poteva immaginare si svolgesse in qualsiasi
grande città del mondo.
Ora, a quanto leggo su Calabria Ora, il Festival rischia la chiusura anzi è stato
già dichiarato chiuso, salvo eventi non previsti e non prevedibili, per ragioni
d'ordine esclusivamente economico. Credo che sarebbe una gravissima perdita per
tutta la Calabria che occorre scongiurare ad ogni costo. È incomprensibile, come
sottolinea il sen. Zito, che le grandi imprese nazionali non sponsorizzino iniziative
culturali nel Mezzogiorno così come lo fanno nel Centro-Nord. È giusto pure aspettarsi
che le istituzioni pubbliche calabresi facciano tutte la loro parte. Credo tuttavia
che la responsabilità di assicurare un futuro ai "Rumori Mediterranei" gravi su
ognuno di noi perché è nell'interesse di tutti noi che non si disperda un patrimonio
così prezioso per la Calabria. Ognuno di noi deve compiere qualche piccolo gesto:
per quanto mi riguarda non solo destinerò il 5 x mille sulla mia dichiarazione dei
redditi all'Associazione Culturale Jonica – Onlus ma mi adopererò con i miei conoscenti
e anche con i colleghi commercialisti in Calabria e fuori affinchè diano una mano
anch'essi in questa direzione. Si dice che noi calabresi sappiamo solo lamentarci
e aspettare che la manna cali dal cielo. È venuto il momento di dimostrare che così
non è e che sappiamo rimboccarci le maniche e dare anche il nostro contributo quando
esso, come in questo caso, appare indispensabile.
Cristina Briguglio
Gentile Direttore,
Il dibattito sul Festival jazz di Roccella Jonica, che la lettera di Sisinio Zito
ha suscitato su "Calabria Ora" mi tocca da vicino, perché sono nata insieme al Festival,
quasi trentuno anni fa, e anche solo immaginare che "Rumori Mediterranei" chiuda
i battenti mi riempie di sconcerto.
Tra i miei primissimi ricordi c'è una copertina che mia madre stendeva a terra,
durante i concerti nel cortile delle scuole elementari di Roccella, e sulla quale
io mi addormentavo ascoltando Enrico Rava, Gianluigi Trovesi, Chick Corea, Noa e
altri...
Ricordo che quando ero bambina, per farmi addormentare, mio padre metteva nel giradischi
un vinile di musica jazz.
Il Festival Rumori Mediterranei è cresciuto con me, ricordo i primi concerti al
Teatro al Castello - che ha ospitato, tra l'altro, una delle ultime esibizioni dell'indimenticabile
Michel Petrucciani - e i concerti pomeridiani al Cinema di Roccella, e poi, in questi
ultimi anni, i seminari all'ex Convento dei Minimi, le contaminazioni musicali all'Auditorium,
i concerti gratuiti al Porto delle Grazie e nelle piazze di mezza Locride, e le
band itineranti.
Ma l'unicità di Roccella Jazz nel panorama musicale italiano non dipende solo dalla
portata degli eventi, dal livello elevatissimo della proposta musicale, quanto dalla
volontà di creare produzioni originali, con formazioni inedite, che fondono il jazz
con altri generi. Si creano così serate uniche e irripetibili, in cui il pubblico
è pienamente cosciente di far parte della "magia" delle improvvisazioni musicali,
e spesso ha la sensazione di assistere ad eventi che sono destinati a cambiare la
storia del jazz italiano.
Nonostante questo, credo di essermi resaconto dell'importanza e dell'originalità
del festival di Roccella solo quando, per motivi di studio, ho trascorso qualche
anno fuori dalla Calabria. Ho scoperto con amara sorpresa che un biglietto per un
concerto alla Casa del Jazz di Roma costa quasi come mezzo abbonamento di Roccella.
Ho scoperto quanto sia raro in Italia veder suonare nella stessa serata artisti
del calibro di Ornette Coleman, Uri Caine, Paolo Damiani, che di Roccella Jazz è
il direttore artistico.
Ho scoperto con orgoglio che a chi mi chiedeva: "di dove sei?", potevo rispondere
"di un paesino vicino Roccella Jonica" e l'interlocutore il più delle volte rispondeva:
"ah dove fanno il famoso Festival Jazz!" ma spesso aggiungendo "in che regione d'Italia
si trova".
E' impensabile credere che uno dei Festival Jazz più apprezzati e imitati d'Europa
chiuda i battenti per mancanza di fondi, proprio adesso che la musica jazz non è
più un genere di nicchia!
Il futuro della sopravvivenza delle grandi manifestazioni culturali (ma se continua
così anche il futuro dei beni culturali, dei musei e della scuola) in Italia è nelle
mani degli sponsor che vorranno finanziare, sulla base del merito, i progetti migliori.
E altrove lo stanno già facendo.
Il Festival della Letteratura di Mantova quest'anno rischiava di non tenersi a causa
dei tagli di bilancio degli enti locali, è stato letteralmente SALVATO DAGLI SPONSOR,
che attualmente assicurano l'80% dei finanziamenti necessari. Per inciso vorrei
ricordare che quando, molti anni fa a Mantova fecero un esperimento per organizzare
un Festival di musica Jazz, chiesero la collaborazione e l'aiuto degli organizzatori
di Roccella e dell'Associazione Culturale Jonica.
Io non sono un'esperta di marketing, ma l'importanza del festival jazz di Roccella
Jonica sul piano nazionale e internazionale é indiscutibile, e dunque il ritorno
di immagine sul agli sponsor sarebbe assicurato. Non credo che gli sponsor che hanno
scongiurato la chiusura del Festival Letteratura di Mantova si aspettino un ritorno
solo dai residenti, eppure hanno trovato un modo per promuovere la loro immagine,
con la loro presenza discreta ma efficace e creativa, durante gli eventi del festival,
e stabilire con gli spettatori un rapporto di fiducia e di riconoscenza.
Probabilmente c'è ancora in Calabria chi pensa che il Festival Jazz di Roccella
Jonica sia solo una manifestazione estiva come tante altre (solo più costosa): eppure
basta provare a chiedere, fuori dalla nostra regione, cosa ne pensano -non solo
gli esperti del settore- di questo festival, per rimanerne piacevolmente sorpresi.
Rumori Mediterranei non è una sagra paesana, ma rappresenta qualcosa di assolutamente
più importante e, oserei dire, vitale per la nostra terra. Roccella Jazz vale come
e, forse, più di una strada, di un ponte, di un depuratore o di un porto.
E per una volta, possiamo smettere di credere che l'erba del vicino sia sempre più
verde!
Mario Diano
Caro Direttore,
gli operatori turistici della Locride cominciano a tirare le somme della stagione
balneare da poco conclusa e si preparano con il dovuto anticipo ad impostare l'attività
per il prossimo anno.
In questo contesto, e mentre stiamo stilando come ogni anno il calendario dei grandi
eventi da diffondere su larga scala in Italia e all'estero, seguiamo con preoccupazione
le vicende del Festival Jazz di Roccella che dopo 31 anni di crescenti successi
corre il serio rischio di non venire più organizzato.
In particolare siamo stati colpiti dalla lettera allarmata che il sindaco di Roccella,
Giuseppe Certomà, ha inviato nei giorni scorsi a Calabria Ora. Questi timori sulla
sorte del Festival sorgono peraltro in un momento molto serio e delicato per la
Locride, com'è stato ribadito nella riunione dei 42 Consigli Comunali che si è tenuta
a Siderno il 24 settembre, alla presenza anche di rappresentanti della Provincia
e della Regione e dello stesso Vescovo di Locri-Gerace, Mons. Fiorini Morosini.
In quell'occasione si è sottolineato da più parti che occorre dare una svolta decisa
alla Locride partendo dai punti di forza del territorio (le aree archeologiche,
le spiagge immense, l'Aspromonte, Gerace, le Terme di Antonimina, il Porto di Roccella,
il clima ecc.) e dalle grandi manifestazioni capaci di suscitare l'interesse nazionale.
In questo quadro il Festival di Roccella rappresenta il massimo richiamo turistico
della provincia e, crediamo, dell'intera regione.
Questa manifestazione, per il suo livello qualitativo, la varietà e originalità
dei suoi spettacoli, il fascino degli scenari nei quali si svolge, ha contribuito
significativamente a veicolare un'immagine positiva e qualificata della Locride
e della Calabria. Mai infatti una manifestazione organizzata nella nostra regione
ha avuto o ha un'eco così vasta sui mezzi di comunicazione di massa nazionali e
internazionali come Roccella Jazz. Come sostiene il sindaco Certomà, il Festival
testimonia di fronte all'opinione pubblica italiana ed estera l'esistenza di una
Calabria diversa da quella che emerge dalla stampa e dalla televisione del nostro
e di altri Paesi.
Non si capisce, quindi, come mai non si riesce a dare il giusto valore ad un evento
capace di creare una ricaduta positiva in termini di immagine e capace anche di
richiamare flussi turistici importanti. Noi operatori turistici sappiamo che è sempre
crescente il numero dei nostri ospiti che fanno coincidere la loro vacanza con le
date della manifestazione, coprendo così i vuoti che di solito si evidenziano nell'ultima
decade di agosto.
Come dirigenti della Jonica Holidays teniamo ad evidenziare che sono tante le manifestazioni
interessanti che vengono organizzate nel territorio e in particolare quelle elencate
nell'opuscolo di cui si parlava all'inizio (Kaulonia Tarantella Festival, Palio
di Ribusa, rappresentazioni classiche ecc.). Esse trovano sempre il gradimento di
una vasta fascia di ospiti. Allo stesso tempo riteniamo che "Rumori Mediterranei"
di Roccella, per quello che rappresenta culturalmente nel panorama nazionale e internazionale,
per le ricadute economiche che produce, per i costi elevati a cui deve fare fronte
(anche se di gran lunga inferiori, come abbiamo appreso, ad analoghe manifestazioni
che si svolgono in altre parti d'Italia) non può essere sostenuto solo dalle istituzioni
pubbliche (anche se il loro impegno deve essere rafforzato) visto che devono peraltro
provvedere a mille altre iniziative nell'intera regione. È necessario anche l'intervento
(che come ha sottolineato il presidente dell'Associazione Culturale Jonica, Sisinio
Zito, non manca in altre parti del Paese) dei grandi sponsor privati che operano
o hanno interessi commerciali nella regione. Su questo aspetto del problema non
si può continuare a tacere, né da parte dei cittadini in quanto consumatori e utenti,
né da parte delle istituzioni locali che dovrebbero far capire a chi di dovere che
la Calabria non può essere considerata solo una terra dove prendere senza dare il
minimo aiuto per farla crescere. Siamo sicuri che la classe dirigente calabrese,
in ogni ambito e ad ogni livello, non vorrà assumersi la responsabilità di far morire
un evento che rappresenta il fiore all'occhiello di questa travagliata regione.
Per quanto ci riguarda, noi continueremo a fare la nostra parte.
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Data pubblicazione: 29/09/2011
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