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Roberto Ottaviano
Arcthetics - Soffio Primitivo
dodicilune (2013)
1. Il pane degli addii
2. Crosta bizantina
3. Era notte a sud
4. Sospeso tra due solitudini estreme
5. Il confinato
6. Zone di guerra
7. Lule t’bukura ka Tirana
Roberto Ottaviano - sax soprano Emanuele Parrini - violino Paolo Botti - viola Salvatore Maiore - violoncello Giovanni Maier - contrabbasso Roberto Dani - batteria
Via Ferecide Siro 1/e
73100 LECCE
Tel. +39 0832.091231 - 0832.092478
Fax +39 0832.1831054
email: ufficiostampa@dodicilune.it
web: www.dodicilune.it
Ci sono delle cose che riescono particolarmente bene a Roberto Ottaviano:
sorprendere, perché con "Arcthetics - Soffio Primitivo" si tocca con
mano l'élan vital che alberga in lui da sempre; sorprende perché non è di
certo tra quei musicisti prolifici a tutti i costi: ogni suo lavoro è meditato e
curato dalla copertina in su; stupisce perché non è logorroico come alcuni suoi
colleghi di strumento che "parlano" un linguaggio boppistico per forza, senza metterci
un briciolo d'anima: Ottaviano racconta storie. E sono storie belle e vere, come
in questo suo ultimo progetto sospeso tra improvvisazione torrida e un linguaggio
cameristico tribale. Sette episodi ricchi di contenuti siglati dal sassofonista
barese, qui impegnato al solo soprano e affiancato da un combo inedito, pianoless.
Abbondano le corde e il contraltare ritmico è nelle mani e nelle bacchette di
Roberto Dani, che colora ogni passaggio con una disarmante facilità nel trovare
meandri armonici e tessiture ancestrali.
Ottaviano sposa, con la sua solita cura nel dettaglio, tutte le voci del Mediterraneo
con il jazz più significativo e spontaneo. La sua voce strumentale non ha debiti
con nessuno, perché è animata da una pronuncia tanto stretta da lasciar subito intendere
l'autenticità della provenienza. Ottaviano lo si riconosce subito e il soprano,
è bene dirlo, è lo strumento che lo rappresenta a pieno titolo: dall'acuto più sostenuto
alle rotondità più mature nei gravi, una sonorità di rara pienezza.
La firma qui arriva anche dalle composizioni, dove nulla è scontato. "Crosta bizantina"
ne è un limpido esempio per la complessità di scrittura che, al contempo, arriva
e tocca orecchio e cuore; Ottaviano bandisce dalle sue pratiche l'esercizio di stile:
ogni nota è funzionale alla sua prosodia e gioca con i ritmi di Madre Africa, mercé
l'imprescindibile supporto del talking drums di Dani e delle lineari, larghe e ficcanti
note di Giovanni Maier. Gioca a mettere fianco a fianco il groove più afroamericano
da hip hop d'antan, con il pizzicato ottocentesco degli archi. E' magistrale nell'acquisire
i pattern dai soundtracks della Blaxploitation per incastonarci sopra un percorso
di guerra con ogni fucile, mitra, urla disperate e quant'altro le battaglie possano
drammaticamente raccontare, in "Zone di guerra", con gli archi, in particolare
il focoso e acido violino di Emanuele Parrini che splendidamente rovista
nei repertori dell'improvvisazione forgiando lame affilate e Salvatore Maiore
che riesce a disegnare un acquerello bluesy che si incastona perfettamente
nell'economia del brano.
Il soffio primitivo qui c'è di sicuro, ma c'è anche disegnata la via del futuro.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 28/10/2013
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