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Ferra, Dalla Porta, Sferra
3 of Visions
Abeat (2014)
1. Children of Africa (Dalla Porta)
2. Untitled (Ferra)
3. Second Vision (Ferra, Dalla Porta, Sferra)
4. Witch Doctor Dance (Dalla Porta)
5. Segment (Parker - arr. Dalla Porta)
6. First Vision (Ferra, Dalla Porta, Sferra)
7. 3 of Visions (Ferra)
8. Karma Police (C. Greenwood, O'Brien, Selway, Yorke, J. Greenwood)
9. Third Vision (Ferra, Dalla Porta, Sferra)
10. Country (Sferra)
11. Fourth Vision (Ferra, Dalla Porta, Sferra)
Bebo Ferra - chitarra elettrica, acustica e classica Paolino Dalla Porta - basso acustico, kalimba Fabrizio Sferra - batteria
Via Pasubio, 6 21058 Solbiate Olona
(VA) tel/fax +39 0331 376380
La complessa bellezza di questo album la si intuisce sin dalla copertina, che ricorda
le sagome pop di Segal, la cui bianca purezza senza tempo racconta i drammi urbani
di intere generazioni: Ferra, Dalla Porta, Sferra, in posa di profilo, con i volti
intenti a scrutare una colorata galassia. Tre uomini che sembrano statue, in attenta
osservazione della silenziosa natura siderale, fatta di luci, tempeste magnetiche,
roccia fredda e stelle incandescenti.
Il fil rouge concettuale prosegue anche a livello musicale, attraverso un
jazz affatto convenzionale, che guarda alla psichedelica, alla musica etnica, al
rock, riunendo stili diversi che alludono alla complessità del tessuto umano che
popola la Terra.
Architrave dell'album, la serie delle Vision, quattro brani concepiti come
altrettante complesse suite musicali sullo stile dei Pink Floyd, ma molto più introspettive
grazie a una lentezza ritmica che, in molte parti, ricorda l'angosciosa, esasperante
scansione sillabica delle Baccanti di Ronconi. Brani complessi, dove si alternano
frasi di contrabbasso che sono lacrime sotto la pioggia, passaggi di chitarra elettrica
e acustica, supportati da una batteria che è vento nel deserto. Sensazioni sonori
funzionali a chiarire il messaggio esistenziale lanciato dall'album, ovvero la necessità
di riappropriarsi delle nostre radici etiche e spirituali.
A questo nucleo si affiancano sonorità dance/rock decisamente più concrete, che
iniettano vivacità. Witch Doctor Dance - con la sua batteria cadenzata, l'agile
basso acustico e la chitarra elettrica minimalista calibrata sul rock progressivo
-, è una di queste, gradevole intermezzo di sapore contemporaneo, che potrebbe essere
una pagina di Rick Moody o Sam Lipsyte, nel senso che ci parla di una quotidianità
affetta da una imponderabile caos, suggerito dal deciso cambio di ritmo della parte
centrale, con la ragionata sovrapposizione dei tre strumenti.
Godibilissima Country, caratterizzata appunto da una chitarra classica in
stile country, che evoca immense piantagioni di granturco e bicchieri colmi d'orzata
da sorseggiare al tramonto
L'introduzione della kalimba, un antico strumento tribale africano a percussione
- che potrebbe vagamente ricordare l'italico scacciapensieri -, dona all'album una
delicatezza poetica arcaica, al punto che Children of Africa, brano d'apertura
sulla disagiata condizione dell'infanzia nel Continente Nero, diventa anche un richiamo
alle radici dell'umanità nate in Africa millenni orsono. Il dialogo kalimba/chitarra
classica produce una sorta di sonora pioggia interiore, richiamo a quello stream
of consciousness di joyciana memoria,
sul finire del terzo quarto la chitarra classica si spinge su sentieri spagnoleggianti,
ovvero uno passaggio di flamenco. Ovviamente si parla anche di jazz, con il classico
Segment, per il quale Dalla Porta scrive un arrangiamento dove gli originali
fiati di Miles Davis e Charlie Parker, sono sostituiti dalla chitarra
acustica. Quello che era un liquido brano lunare, un sincero dialogo fra amici,
diventa uno spigoloso pezzo urbano sulla solitudine contemporanea (ogni individuo
è un segmento), senza però che l'originale bellezza vada perduta, cosa che lascia
apprezzare la grandezza di Parker, e la versatilità del trio guidato da Ferra. Le
radici del jazz sono fortemente presenti sia nella batteria "spazzolata", sia nel
vivace basso acustico di Dalla Porta.
Un album, 3 of Visions, che è un viaggio interiore con lo sguardo rivolto
all'oltre, e regala un jazz atipico dalla forte personalità, nonché una riflessione
sulla dimensione dell'uomo contemporaneo.
Niccolò Lucarelli per Jazzitalia
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 26/10/2015
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