Antonio Zambrini Trio
Songs From The Procol Harum Book
Abeat Record 2010
1. Pilgrim's Progress
2. Crucifiction Lane
3. A Salty Dog
4. Homburg
5. Fires (Which Burnt Brightly)
6. Quite Rightly So
7. Something's Following Me
8. A Whiter Shade Of Pale
Antonio Zambrini
- Piano
Andrea Di Biase - contrabbasso
Jon Scott - batteria
Emiliano Vernizzi - sax tenore on 4
Via Pasubio, 6 21058 Solbiate Olona
(VA) tel/fax +39 0331 376380
I Procol Harum, quintetto pop inglese, sfondarono sul mercato discografico
internazionale nella lontana estate del 1967
con un pezzo ("A whiter shade of pale") basato su moduli musicali mutuati
da Johann Sebastian Bach. Azzeccarono poi qualche altro disco, ma la loro carriera
divenne ben presto routine e, anche se continuano tutt' oggi ad incidere, la loro
fama è legata soprattutto a quei primi e remoti anni.
Antonio
Zambrini, pianista e compositore fra i più sensibili ed originali del
panorama jazzistico italiano, ha scelto la loro musica (quella della fine anni '60)
per il suo ultimo disco, chiamando per l'incisione giovani e bravi musicisti come
Andrea Di Biase al basso, Jon Scott alla batteria ed Emiliano Vernizzi
al sax (nella sola traccia 4).
Alla musica del gruppo inglese si attaglia perfettamente quello che scriveva
Marcel Proust della musica leggera in generale "Le canzoni, anche quelle brutte,
servono a conservare la memoria del passato più della musica colta, per quanto sia
bella.." Chi era giovane nella seconda metà degli anni
'60 non ha infatti dimenticato quella band, che suonava canzoni forse
non eccelse, ma tanto suggestive
Utilizzare il repertorio "leggero" come base di un discorso jazzistico
è operazione abbastanza frequente Anche se è legittimo e comprensibile il tentativo
delle labels e dei musicisti di rivolgersi ad un pubblico più ampio, di rendere
più popolare la musica improvvisata, va detto che i risultati artistici sono di
solito modesti. Spesso a dare senso a queste riletture è solo la capacità dell'
interprete di dare un suo tocco personale, un suo marchio poetico al materiale musicale.
In questo disco Zambrini rilegge veramente i Procol Harum
solo in un brano, in solitario, che è poi la sua personale versione di "A Whiter
shade of pale". Qui si ascolta il suo tocco molto personale, sfumato, intimista
che contraddistingue la sua arte pianistica e che immerge la canzone in una memoria
brumosa e malinconica, un po' proustiana. appunto. In tutto il resto dei brani si
ascolta jazz molto piacevole, molto ben suonato, accattivante ma si ha l' impressione
che il riferimento alla band inglese sia tutto, sommato, poco significativo.
Probabilmente Zambrini avrebbe avuto molto di più da dire e da raccontare
utilizzando il suo grande talento di compositore.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 30/05/2010
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