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Dopo la pubblicazione nel 2001 del fortunato cd
Quartetto (Abeat ABJZ 006), votato ai primissimi posti nella categoria migliori dischi dell'anno al top referendum jazz 2001,
Zambrini si riconferma straordinario. La doppia anima di compositore e musicista ora vicino al free ora melodico (nel senso più struggente), trova in questo disco la più completa ed esauriente manifestazione. Un'anima fortemente romantica si alterna maestosamente ad uno stile impressionista. L'uso dell'enarmonia accomuna Zambrini a livello ideale con musicisti che pure appartengono a sfere stilistiche assai lontane dalla sua, come Ivan Lins, Antonio Carlos Jobim e Djavan, oltreché a figure cardine della musica del Novecento come Maurice Ravel. Franco Fayenz sottolinea in alcune note di copertina: "in questo album le dieci composizioni-esecuzioni sono tutte belle, e i collaboratori di Antonio (D'Anna, Mangialajo e Faraò) sono impeccabili come sempre". Disco di eccezionale bellezza e caratura artistica.
Antonio Zambrini è un evocatore di immagini attraverso la musica che
poi prende forma proprio partendo dalle immagini. Le sue composizioni sono state utilizzate per colonne sonore di documentari ed egli stesso ha anche accompagnato dal vivo il film di Chaplin "The Kid". Nel descrivere i brani Zambrini evoca immagini e personaggi che lo hanno ispirato nel definire i due colori che identificano il CD. Quando si vuole indicare un contrasto, si indicano spesso due colori come il bianco e il nero. In questo caso i due colori non sono così cromaticamente distanti ma si rincorrono: l'uno cerca di somigliare all'altro pur rimanendo ben distinti,
l'uno diventa complementare all'altro accentuandone le caratteristiche. Mi riferisco al suono che può essere ascoltato dal trio o dal quartetto con la presenza del sax, alle composizioni leggermente più destrutturate alcune, più canoniche altre. In ogni caso il filo conduttore è proprio quel senso di narrazione che si deve cogliere ascoltando
i brani come dei racconti in cui ogni musicista ha ampio spazio per imprimere la propria sfumatura cromatica.
I pezzi, in generale, ruotano intorno al suono del piano che dà loro forma, spazio, tempo, anima. La composizione è un'idea che cresce sempre più e acquista una sua identità sin dal titolo fino a diventare storia, sequenza di immagini, insieme di sensazioni. Come in
Caetano
dedicato al grande Veloso o
Garrincha
(splendido nel suo andamento in 7/8. Il più bello del CD, a mio parere...) che non può non essere colonna sonora ideale per le immagini del campione brasiliano, scomposto ma perfetto e armonioso al tempo stesso.
Antènore, dedicato
al principe troiano che, fuggito all'incendio di Troia, fondò Padova.
Salgado, irruento, che cerca di rappresentare la sensazione suscitata dalla visione delle
incredibili, bellissime fotografie di
Sebastião Salgado. Il piano sostiene il brano con un riff sui bassi continuo, rafforzato da contrabbasso e batteria, dando libero sfogo al sax di Stefano D'Anna fino a lasciare sola la batteria di Faraò che conclude con quella sospensione che potrebbe suscitare proprio la visione di un'immagine che colpisce
nell'animo: rimane sempre qualcosa dentro di non chiaro, non definito, non
giustificato. Anche in
Mordecai, nato per la
Blast Unit Orchestra ed eseguito qui in quartetto, si avvertono le tensioni e le sfaccettature presenti nella tradizione Yiddish del mondo ebraico europeo.
Rimini e Fellini sono un binomio oramai eterno e il brano
Natale a Rimini
ha suscitato in Zambrini proprio un sapore felliniano disegnando su questo 3/4 un inverno natalizio nella città della riviera romagnola, magari nel salone del Grand Hotel, come una fiaba. E proprio ad una fiaba è ispirato
Non gioco più
con un bel suono di soprano di Stefano D'Anna autore anche di un'eccellente improvvisazione. L'andamento
del brano, la sua atmosfera, sono ispirati o ispirano, Pinocchio e il suo
desiderio di non studiare e non andare a scuola. Marco Losavio
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Data pubblicazione: 23/08/2003
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