Due week end ad Umbria Jazz: viaggio per
parole ed immagini di Daniela Floris e Daniela Crevena
(click sulle foto per ingrandirle)
Due fine settimana consecutivi, la maggior parte dei concerti in
programma ad Umbria jazz. Nonostante l'innegabile
fatica che ci ha viste correre da un posto all'altro, l'una fotografando l'altra
prendendo spasmodicamente appunti durante ore e ore di musica dal vivo, sono stati
due week end in cui abbiamo viaggiato tra grandi nomi di richiamo all'Arena Santa
Giuliana – non sempre jazzistici (Incognito, Fiorella Mannoia),
incredibili
batteristi (Antonio Sanchez, Manu Katche, Joe La Barbera,
Dan Weiss, Horacio "El Negro" Hernandez), pianisti (Fahir
Atakoglu, Alfredo Rodriguez, Stefano Bollani,
Dado Moroni),
sassofonisti (Rosario
Giuliani, David Binney) trombettisti come Tom Harrell,
Roy Hargrove, Enrico Rava
e Fabrizio Bosso,
straordinarie voci femminili (Gambarini e De Vito) e personaggi leggendari
come Sonny
Rollins e Ron Carter, che sono il jazz e che hanno talmente emozionato
con la loro musica da farci uscire anche qualche lacrima. Riacquistate un po' di
lucidità e di ore di sonno proviamo a raccontare cosa abbiamo visto e sentito a
Perugia.
Il primo week end
venerdi' 9 luglio ore 21, Arena Santa Giuliana Talkin' Soul: a special event with Mario Biondi & Incognito
Un'Arena gremita per il concerto di apertura di Umbria Jazz 2010,
come era prevedibile, perché i nomi sono di richiamo: si comincia con gli Incognito
e la bella voce di
Mario Biondi.
Spettacolarità mai stucchevole ed eccellenza di musicisti e interpreti. Ad ogni
"ammiccamento virtuosistico" infatti è sempre stata sottesa una notevole qualità
musicale. Così se Biondi ha messo in mostra tutte le sue funamboliche qualità vocali
(note tenute fino ai limiti dell'anossia di un normale essere umano, o bassissime,
notevole quantita' di glissando, e tutto il repertorio del vocalist "fuoriserie"),
ha pero' anche mostrato di avere ottime qualità di interprete. Gli Incognito non
hanno rinunciato – come è giusto per la loro musica – a "stop time" strategici,
riff accattivanti ripetuti all'infinito, coinvolgimento del pubblico con battimani,
balletti sincronici dei musicisti, che pero' hanno dimostrato in ogni istante di
essere ottimi strumentisti (splendidi i fiati, ad esempio); gli arrangiamenti sono
di livello, la tecnica ferrea e la disinvoltura da "animali da palcoscenico".
Il palco di Mario Biondi, diviso in parte acustica e parte elettrica, ha garantito
nel "lato acustico" Il legame con il Jazz:
Claudio Filippini
al pianoforte, Giovanni Amato alla tromba, Daniele Scannapieco ai
sax, Lorenzo
Tucci alla batteria, Tommaso Scannapieco al contrabbasso e
Beppe Di Benedetto al trombone, hanno creato pregevoli inserti di "Teatro
Morlacchi" durante un concerto di musica soul molto ben fatta, intensa e divertente.
sabato 10 Luglio
La giornata comincia al Teatro Morlacchi a mezzogiorno con il contrabbasso di
Rosario Bonaccorso e finisce al Morlacchi a mezzanotte con la tromba di Roy
Hargrove, passando per il quartetto di
Rosario Giuliani.
Concerti diversissimi tra loro, con caratteristiche irripetibili.
ore 12, Teatro Morlacchi Rosario Bonaccorso special guest
Fabrizio Bosso
Quello di Bonaccorso è il primo dei concerti al Teatro Morlacchi:
i suoni morbidi e sinuosi del suo contrabbasso e la tromba versatile di Bosso hanno
ripercorso molti dei brani del cd edito da EGEA "Travel notes". Contrasti
di ritmo, stili e dinamiche, soli pregevoli, atmosfere variegate tra melodie e dissonanze
hanno dato forma ad un concerto raffinato ma anche divertente, in cui ogni musicista
ha mostrato la propria personalita' senza perdere mai di vista l'interplay, sia
negli episodi introspettivi ("Spring has gone"), che in quelli "latin" ("Viaggiando"),
che in quelli swinganti ("Equivoci"). Andrea Pozza
al pianoforte e Nicola Angelucci alla batteria sono stati parte preziosissima
di questo lavoro di giustapposizione e raccordo di suoni ed hanno mostrato ancora
una volta il gusto e l'energia di chi la musica la sa trattare con briosa eleganza:
ed il pubblico in effetti ha risposto con entusiasmo alle sollecitazioni di questi
artisti, che da tempo collaborano divertendosi senza per questo essere vacui o ripetitivi.
ore 17, Teatro Morlacchi "Lennie's Pennies" Rosario Giuliani
feat. Joe La Barbera
"Lennie's Pennies" e' il titolo del nuovo cd di
Rosario Giuliani
per l'etichetta Dreyfus (il cui fondatore
Francis
Dreyfus, al quale Rosario ha dedicato questo concerto, e' purtroppo
scomparso qualche giorno fa), e per il quale il sassofonista e' affiancato da
Joe La Barbera – batterista di sensibilita' incredibile, che vanta collaborazioni
pazzesche, come quella con
Bill Evans
(ma anche con Jim
Hall,
Toots Thielemans,
tanto per citarne due) - il contrabbassista Derryl Hall (tecnica mai fine
a se stessa, creativita', lirismo), e
Dado Moroni
al pianoforte (artista dal temperamento energico, fantasioso ma sempre misurato
e delicato dove occorre esserlo). Un quartetto di musicisti talmente ricchi di esperienza
ed espressivita' che ci sono stati momenti di musica a dir poco emozionante. E'
il jazz degli artisti che sul palco non "mettono in scena" un lavoro confezionato
per essere congruo al gusto medio, ma esprimono sensazioni con un loro linguaggio
comune. La Barbera e Hall sono tutt'uno, hanno voci che modulano su infiniti colori
ed impulsi creativi reciproci, Giuliani fraseggia con dinamiche intense che Moroni
sottolinea creando a sua volta ondate di suoni caleidoscopiche. Poiche' tutti insieme
hanno come fine la musica e non l'apparire o l'emergere individuale, al Morlacchi
e' andato in scena il jazz autentico, sincero, persino commovente.
'Round Midnight, Teatro Morlacchi Roy Hargrove Quintet
Incalzante, energico, sfacciato, giocoso, swingante ma
anche romantico e introspettivo: gli aggettivi per un trombettista come Roy Hargrove
potrebbero non finire qui, perche' a Perugia e' stato inarrestabile per un'ora e
mezzo abbondante di concerto. Il nome e' uno di quelli che fanno riempire i teatri,
e quando comincia lo spettacolo si capisce il perche': spessore sonoro sovente al
massimo, contrasti improvvisi tra i volumi, una batteria sempre fortemente presente
e dallo swingare tutt'altro che accennato (Montez Coleman), ma anche un pianista
giovanissimo (Jonathan Batiste) che ha saputo essere percussivo nei brani
veloci ma che ha mostrato rara delicatezza di tocco nelle ballad, con reminiscenze
alla Rubalcaba. I dialoghi tra Hargrove e il sassofonista Justin Robinson
sono stati divertenti e senza fronzoli ne' intellettualismi, che su questo palco
avrebbero stonato, il bassista Aleem Saleem e' stato appropriatamente poderoso.
Un jazz che trascina, quello di Hargrove, e infatti il pubblico del Morlacchi quasi
lo abbraccia quando lui, Robinson e alcuni giovanissimi allievi della sua Orchestra
percorrono, suonando, il corridoio in mezzo alla platea: un jazz divertente, spettacolare,
entusiasmante e di impatto garantito.
domenica 11 luglio
A mezzogiorno siamo di nuovo al Teatro Morlacchi perché ci aspetta un duo che sappiamo
ci regalerà emozioni grandissime: ed è cio' che accadrà, durante tutto il concerto
di Tom Harrell e
Dado Moroni.
Nel pomeriggio la scelta va all'Omaggio a
Django Reinhardt
(di cui ricorre il centenario della nascita) dei Reinhardt Trio, all'Oratorio
di Santa Cecilia, piccolo spazio suggestivo ed intimo dove la musica si ascolta
da vicino.
ore 12, Teatro Morlacchi Tom Harrell – Dado Moroni
Duo
Ovvero, il rapporto magico tra due musicisti che danno vita al
jazz nell'istante in cui appoggiano la mano sul proprio strumento. Si perche' nessuno
dei due sa cosa suonera' nei successivi minuti una volta terminato il brano precedente.
E' quasi sempre Harrell che con la sua tromba comincia ad intonare un passaggio,
e Moroni aspetta un cenno iniziale, afferra le prime note di quella tromba a volte
leggera, a volte dolente, a volte decisa, e capisce e sa che e' il momento di entrare
nel brano in punta di piedi, o con gioia convinta o magari tacendo qualche secondo
in piu', perche' Harrell esprima tutto cio' che deve esprimere attraverso il linguaggio
della musica che in fondo e' il suo legame con il mondo circostante. E Harrell ascolta
Moroni, si lascia toccare dalle note del pianoforte e ci gioca con una cura, una
creativita' che lasciano incantati. E' il miracolo sul palcoscenico del dialogo
tra due artisti non mediato da precedenti prove e rimaneggiamenti, e che appare
in tutta la sua (svelata) segretezza. Moroni e Harrell suonano standards, ma cio'
che si ascolta non e' affatto "standardizzato" – si perdoni il gioco di parole.
Un brano puo' diventare tanti altri brani, o si ferma su un suggestivo ostinato,
o evolve in cascate di note impreviste. Non c'e' nulla di vetrificato, i fraseggi
di Harrell sono poetici ma anche swinganti e ritmati, Moroni percorrendo tutte le
possibilita' espressive del suo pianoforte sollecita quella tromba a volare ovunque
o magari ad atterrare in armonie sicure. Ogni nota, in un contesto di tale creativita',
e' preziosa, ogni fraseggio ha un senso perche' e' parte di un comunicare tra artisti
a cui il pubblico ha la fortuna di assistere. Quando alla fine del bis la musica
si ferma, c'e' bisogno di qualche secondo per ritornare con i piedi per terra.
ore 17:30, Oratorio Santa Cecilia "Omaggio a Django", Trio David Reinhardt – Richard Manetti – Joan Eche – Puig
I tre giovanissimi ragazzi che hanno suonato all'Oratorio Santa
Cecilia sono in realta' gia' molto conosciuti tra i cultori del genere, sono pluripremiati,
suonano nei maggiori festival europei ed in effetti sono mostri di tecnica e di
bravura. David Reinhardt e' nipote di Django e prosegue una tradizione di
famiglia (anche il padre Babik era chitarrista) con caparbieta' e talento. Non e'
previsto grande margine per l'innovazione, poiche' quella della chitarra Manouche
e' una tecnica che si tramanda di padre in figlio e tende ad essere conservata proprio
per preservarla intatta, dunque chi non ama il genere potrebbe trovarla "superata",
ma in realta' questa musica ha mostrato domenica una grande varieta' di temi, dinamiche
e soprattutto e' stata uno spettacolo di virtuosismo, in cui si e' stati catapultati
piacevolmente verso un mondo jazzistico tradizionale e di pregiata fattura: impulso
ritmico notevole, giochi di domanda e risposta, fantasia e grande bilanciamento
si sono proficuamente accostati ad una certa tensione espressiva, che ha reso il
concerto interessante nonostante il genere sia stilisticamente molto connotato.
Umbria Jazz si ferma fino alle 23, per pausa dovuta alla finale
dei mondiali di calcio. Ma poco dopo le 23, dopo la vittoria della Spagna sull'Olanda,
all'Arena suona
Marcus Miller,
un genio del basso. È uno di quei concerti che pur non essendo "jazz" sono comunque
imperdibili.
ore 23, Arena Santa Giuliana "Tutu revisited – the Music of Miles Davis" - Marcus Miller
Polistrumentista, mito dei bassisti per la sua tecnica prodigiosa,
produttore discografico,
Marcus Miller
venti anni fa scrisse e produsse uno degli ultimi cd di Miles Davis, diventato
un mito, "Tutu". E per Umbria Jazz all'Arena Santa Giuliana ha ripresentato
tutti i brani di questo lavoro, in chiave ancora piu' elettrica, piu' funky, piu'
energica che mai. Grande spazio ai soli (d'altronde il pubblico e' venuto quasi
esclusivamente per sentire il suo basso accendersi sotto il magistrale tocco "slap"),
concerto "fusion", "funky", "soul", Miller ha suonato instancabilmente ed energicamente
per quasi due ore, duettando e sfidando fino all'ultimo solo i suoi strumentisti
(Sean Jones alla tromba, Alex Han ai sax, Federico Gonzales Pena
alle tastiere), evidenziando tutta la propria capacita' creativa scegliendo una
batteria (Louis Cato) tenuta volutamente su ritmi piuttosto ripetitivi sui
quali poter ricamare (per contrasto) linee ritmiche ed improvvisative estremamente
complesse. Il basso non ha nessun segreto per questo musicista che ne estrapola
ogni sonorita' possibile, ogni colore possibile ed ogni stile possibile. Come si
puo' immaginare, pubblico in delirio per tutto il concerto, e tutti sotto il palco
alle prime note del brano "simbolo" di questo celeberrimo cd: quel "Tutu"
che e' entrato nel vissuto di chiunque abbia attraversato la musica di Miles e non
solo. Applausi entusiasti, meritati fino in fondo.
Secondo Week End giovedì 15 Luglio
Il nostro viaggio ricomincia alle 17 al Teatro Morlacchi per il quinto concerto
della casa discografica ECM. Alle 21 ci sposteremo all'Arena Santa Giuliana per
ascoltare e fotografare il mito
Pat Metheny,
e a mezzanotte correremo al Morlacchi per il sesto concerto ECM (Rava –
Bollani – Katchè).
ore 17, Teatro Morlacchi ECM concert Series # 5 Nik Bartsch's Ronin w/ Sha, Bjorn Meyer, Kaspar Rast,
Andi Pupato
Nik Bartsch's e' un artista (pianista) che ha vissuto
lunghi periodi in Giappone e che del Giappone ha amato gli aspetti meditativo –
filosofici: esperienza che appare evidente nella sua musica. Ipnotica, ciclica,
caratterizzata dalla assenza di melodie e dalla ricerca continua di timbri ed effetti
sonori, mediante la ripetizione continua di frasi, e che tende appositamente ad
una certa ossessivita' circolare. L'effetto e' particolare, potrebbe riportare quasi
alla musica House o Techno ma con la caratteristica preziosa della varieta' sonora,
perche' l'ambito in realta' e' acustico. La reiterazione "ossessiva" ottenuta in
questo modo e' ricca di piccole variazioni dinamiche e di suono dati dalla peculiare
irripetibilita' del tocco umano. Di modernissimo dunque questa formazione ha proprio
il ricorrere all'antica valenza della ripetizione ritualizzata, del ricorso alla
"micro variante", che sono il contrario della improvvisazione totale che caratterizza
la musica jazz. Dove anche ci siano stati momenti improvvisativi essi hanno avuto
una valenza in quanto frammenti ripetuti fino all'avvento di nuovi episodi, destinati
anch'essi alla reiterazione. Un jazz inusuale, in cui ogni strumento (dal pianoforte
al sax) e' suonato con la volonta' di estrapolarne suoni non soliti, inseguendo
un continuo inspessirsi e assottigliarsi del suono, e perseguendo un uso strategico
anche delle luci sul palcoscenico (ridotte al minimo e usate in sincronia con la
musica) che insieme all'effetto fumo hanno reso il concerto volutamente di atmosfera.
ore 21, Arena Santa Giuliana Pat Metheny
Group "The songbook tour",w/ Lyle Mays, Steve Rodby, Antonio
Sanchez
E' il
Pat Metheny
di sempre quello che si e' visto nel bel concerto all'Arena Santa Giuliana, energico
ed entusiasta alle sue chitarre: dinamismo nei fraseggi, dinamiche ed accenti prodigiosi,
un linguaggio oramai entrato quasi nel mito: bicordi e tricordi ad intervalli di
quarta, acciaccature, progressioni armoniche codificate, piccoli temi ed incipit
che si stampano nella memoria e che sono lo spunto per improvvisazioni virtuosistiche
ed arditissime; un timbro e un suono assolutamente inconfondibili. Quando passa
alla chitarra acustica, e vengono meno echi e riverberi, ancora di piu' si capisce
quanto Metheny, oltre che virtuoso, sia anche espressivo. Una musica che parla di
sonorita' sudamericane, orientali, jazzistiche e che dimostrano l'eclettismo di
questo artista che non delude mai le aspettative dei suoi numerosissimi fans – che
trovano esattamente cio' che si aspettano di trovare (persino nell'abbigliamento
e nella ormai mitica acconciatura!). Pat si avvale di musicisti assolutamente all'altezza
della situazione: Antonio Sanchez e' un batterista strepitoso (e in questa
Umbria Jazz si sono visti batteristi eccezionali), Lyle Mays alle tastiere
e Steve Rodby al basso hanno interagito magistralmente con lui in tutti i
linguaggi possibili, assecondando ma creativamente questo artista intramontabile
per quasi due ore di musica.
'Round Midnight, Teatro Morlacchi ECM concert series # 6 Enrico Ravaspecial w/
Stefano
Bollani, Tore Brunborg, Anders Jormin, Manu Katche
Enrico Rava
in grande forma anche se un po' autoreferenziale – ma a lui lo si perdona volentieri
-, Stefano
Bollani in vena di suonare, tanto e senza fronzoli, Anders Jormin
notevolissimo al contrabbasso, Manu Katche alla batteria a dir poco strepitoso
e un Tore Brunborg stranamente esitante: in totale buona musica per questo
concerto ECM con formazione fortemente voluta ed ottenuta dallo stesso Rava. Ed
e' una formazione che ha divertito anche per la bella interazione tra gli artisti:
Bollani ha sottolineato il suo lato percussivo, suonando spesso in maniera dissonante
e usando molti accordi, non perdendo mai l'espressivita' e trovando un dialogo importante
con Katche (dal tocco delicatamente deciso, fantasioso ma attento sempre ai suoni
del pianoforte). Un dialogo che si e' ascoltato anche tra Rava e lo stesso Bollani,
che proprio per quanto hanno suonato insieme possono osare senza diventare mai ripetitivi;
e in questo "parlare" e' stato importante anche l'apporto morbido e quasi "canoro"
del contrabbasso di Jormin, che ha intessuto con Katche' un raccordo fondamentale
e in alcuni momenti "fondante" tra pianoforte, tromba e sassofono. Nelle ballads
Brunborg e' uscito piu' allo scoperto che nei brani swinganti, mostrando gusto e
fantasia in fraseggi emotivamente intensi. Un quintetto di artisti diversissimi
tra loro che ha saputo trovare un linguaggio comune divertente e con episodi anche
emotivamente intensi.
venerdì 16 luglio
A mezzogiorno siamo di nuovo al Morlacchi, per assistere al concerto del Trio di
Fahir Atakoglu. Sempre al Morlacchi nel pomeriggio ci aspetta
Roberta Gambarini
ed infine ci sposteremo all'Arena Santa Giulliana, perché si esibisce
Sonny Rollins,
occasione da non perdere: uno dei piu' grandi saxtenoristi del jazz.
ore 12, Teatro Morlacchi Fahir Atakoglu Trio Feat. Horacio "el Negro" Hernandez
Uno dei concerti piu' belli di questa edizione di Umbria Jazz
quello del Trio di Atakoglu, e un incontro felicissimo quello di questo pianista
di Istanbul con il cubano Horacio "el Negro " Hernandez. Sistema armonico,
melodico e scalare mediorientali (ma non solo), ritmo cubano (ma non solo), dinamiche
e composizioni che parlano di musica colta, per un mix di una ricchezza incredibile.
Intesa totale tra i musicisti, la batteria di Hernandez che asseconda le raffinatezze
(mai solo estetiche) delle dinamiche di Atakoglu, il basso di
Alain Caron
assolutamente all'altezza di una simile energica corrente sonora, hanno dato luogo
a musica intensa e suggestiva. Ogni singola nota toccata sulla tastiera nell'approccio
di questo artista ha una sua fondamentale importanza e ha un suo colore, e la perfezione
tecnica e' completamente asservita ad una volonta' espressiva intensissima. Flussi
sonori e ritmici in crescendo vengono spesso sospesi in stop times molto suggestivi
e che sembrano addirittura "necessari" per riprendere fiato, tanto e' emotivamente
coinvolgente la musica di questo trio esplosivo. Alcuni brani ("Faces", ad
esempio) evocano situazioni autobiografiche, altri invece luoghi ("Black sea"),
tutti hanno un substrato variegato di culture musicali. Atakoglu e "el Negro" Hernandez,
con il bravissimo Caron, si sono dimostrati esplosivi senza essere sbruffoni, virtuosi
senza essere vacui, espressivi ma con una potente carica di energia, entusiasmanti
ma tutt'altro che esaltati.
Dopo aver sentito cantare
Roberta Gambarini
verrebbe da dire, in un panorama jazzistico inflazionato di "brave cantanti" tutte
omologate tra loro, "fuori chi non canta come lei". Ma non nel senso che
tutte dovrebbero copiarla: certamente pero' dovrebbero avere la sua serieta' ed
il suo amore per la musica. La Gambarini non canta solamente: e' un' interprete
e non solo una cantante. E' amalgamata con il suo Trio, perche' ascolta cio' che
avviene dietro di lei (e viceversa: alla batteria Joe La Barbera, quando
lei intona a voce sola, chiude gli occhi e incantato sorride); la sua voce e' vellutata
ed intensa, perfetta tecnicamente, ma la tecnica non e' il fine per stupire il pubblico
con arditezze funamboliche, piuttosto il mezzo per comunicare emozioni, parole,
e per decrittare cio' che lei stessa vuole trasmettere. Desta ammirazione dunque,
ma commuove mentre interpreta (vedi l'intensissima "Porgy I's your woman now").
Il microfono non viene freneticamente allontanato ed avvicinato alle labbra per
giostrare sui piano e sui forte, perche' la Gambarini le dinamiche le sa ottenere
con la propria voce e con la respirazione: puo' permettersi dunque di non pensare
al microfono se non per lo stretto necessario, e concentrarsi su cio' che sta cantando.
I suoi pianissimo fanno venire i brividi non solo perche' sono prodigiosamente sonori,
ma perche' hanno un senso musicale profondo: Roberta e' una musicista. Eric Gunnison
(sensibile, generoso ed intenso al pianoforte) e Joe La Barbera (batterista
in questa occasione addirittura poetico) hanno condiviso con lei in modo magistrale
il palcoscenico del teatro Morlacchi ed un pubblico giustamente entusiasta di tanta
grazia espressiva.
E' bene porre subito l'accento sul fatto che
Sonny Rollins
e' un genio del sax tenore. E' un fiume in piena che improvvisa con una fantasia,
un'energia, una forza da lasciare senza fiato, duettando con i suoi musicisti che
si divertono come pazzi assecondandolo e sfidandolo fino all'ultima frase. Quando
Rollins imbraccia il suo sassofono non ci si deve illudere, sentendo una innocente
frase semplice semplice, che egli si sia finalmente "addolcito" o "rilassato" dopo
anni di jazz anche "duro", e innovativo: non e' cosi'. Perche' dopo pochi minuti
da quella frasetta semplice semplice che per chi ascolta appartiene ad un rassicurante
"gia' noto", Rollins ti costringe a seguirlo su terreni a dire poco impervi,
perche' mai rinuncera' ad osare, creare, sfidare anche se stesso su cio' che fino
ad ora ha fatto. Detto questo, solo dopo aver posto l'accento su che grande musicista
sia Sonny
Rollins da circa sessant'anni, vale forse la pena di dire che ad 80
anni ha suonato per due ore e venti di seguito con un'energia che molti suoi colleghi
trentenni gli invidiano… ma e' piu' per dovere di cronaca che si cita questo dato
prettamente cronologico e anagrafico, poiche' cio' che conta e' la musica e non
l'eta'. Cio' che conta e' che
Sonny Rollins
suona il sax divinamente, senza che i "nonostante" possano avere una valenza se
non quella di un'energia inesauribile, e davvero contagiosa.
sabato 17 luglio
C'è David Binney a mezzogiorno al Morlacchi, con il suo sax innovativo. E
poiché ieri abbiamo sentito
Roberta Gambarini,
che oramai vive e ha trovato il successo negli USA, andremo a sentire fotografare
un'altra voce bellissima italiana, che in Italia però vive e canta,
Maria Pia De
Vito. A mezzanotte invece incontreremo il JAZZ, il contrabbassista
Ron Carter: sappiamo già che non sarà un concerto facile da dimenticare...
ore 12, Teatro Morlacchi David Binney Quartet
Binney e' un sassofonista spesso definito da molti "promettente",
ma in realta' e' sulla scena da diverso tempo, e a Umbria Jazz ha dimostrato di
avere notevole tecnica, capacita' di sintesi innovativa riguardo alla sua poderosa
cultura musicale. Fasi destrutturate, con accordi, note, e battiti "a singhiozzo",
quasi di silenzio, si alternano a momenti frenetici ad altissimo volume, in cui
Binney di volta in volta decide se reiterare una frase, magari in unisono con il
contrabbasso, o volare via con la fantasia. Spesso i soli sono suggestivi, cosi'
come gli improvvisi silenzi, i volumi sono a contrasto, le frasi possono essere
composte di note lunghe o di brevissime incursioni reiterate: in poche parole Binney
decide di disporre di infinito materiale sonoro, per poi comporlo creativamente,
in una sorta di caleidoscopio di suoni dalle svariate possibilita' di combinazione
(data la sua notevolissima fantasia). I suoi musicisti sono giovani e bravissimi:
Dan Weiss alla batteria accetta e sviluppa le sollecitazioni del sax con
creativita' unita ad una certa eleganza; Jacob Sacks al piano, quando si
divincola dalle fasi "in insieme" mostra un notevole talento ed e' veramente un
artista piu' che interessante; Zack Lober al basso e' perfettamente a suo
agio sia nei momenti in trio che nelle parti di interazione con il sassofono, spesso
"sperimentali" e vicini alla musica classica contemporanea. Seppure in alcuni momenti
forse difetti in comunicativa, il risultato e' pregevole, e Binney e' di sicuro
molto piu' che "promettente"...
ore 17:30, Oratorio Santa Cecilia Maria Pia
De Vito / Huw Warren Duo
La stessa Maria Pia racconta del suo incontro casuale e fortunoso
attraverso il myspace con questo pianista inglese con il quale e' scattata reciprocamente
una affinita' artistica che i due (per fortuna, visti i risultati sentiti qui ad
Umbria Jazz) hanno subito voluto concretizzare. E il loro progetto "Dialektos"
e' accattivante, perche' trova un substrato comune tra mondi sonori solo apparentemente
diversi. Cosi', Brasile e Napoli si incontrano, ma anche il mondo anglosassone e
quello italiano partenopeo si ritrovano nel loro comune substrato europeo, jazzistico
e non. La De Vito e' raffinata ma sanguigna, anche, e le frasi melodiche cantate
a voce ampia contrastano con gli improvvisi pianissimo, poetici, come poetico e'
il dialogo con il pianoforte di Warren: un pianismo eclettico, che sfrutta ogni
possibilita' del pianoforte come la De Vito sfrutta ogni possibilita' espressiva
della propria bellissima voce. Alcuni brani sono a dir poco virtuosistici, ma non
scadono mai nell'estetico fine a se stesso. Altri invece hanno un tono intimo, introspettivo,
(vedi ad esempio la poesia di Toto' musicato dalla stessa De Vito, "Si fusse
n'auciello", piccolo capolavoro di parole e di interpretazione). In tutti e
due gli ambiti, sempre, trapela anche una sana ironia di entrambi gli artisti, che
rende tutto cosi' bello e piacevole che sembra strano che il concerto sia a quel
punto gia' terminato.
'Round Midnight, Teatro Morlacchi Ron Carter Golden Striker Trio feat. Mulgrew Miller&
Russel Malone
Su Ron Carter si e' scritto molto, ma non sarà mai tutto,
perché questo artista non cita mai se stesso ed appare sempre cosi' innamorato della
musica, che ha ancora il potere di travolgerlo come suonasse per la sua prima importante
occasione. Ha la freschezza di un ragazzo che cerca e trova il modo di riordinare
le proprie emozioni abbracciando il suo strumento come se fosse una speciale ancora
di salvezza. Eppure e' una leggenda del jazz, ha suonato con i piu' grandi di tutti
i tempi (che a loro volta hanno avuto la fortuna di suonare con lui). La musica
di Ron Carter e' "IL" Jazz (i suoi soli strepitosi trasudano swing, sono
costruiti con un'intensita' elegante che fa andare il cuore in gola, i suoi fraseggi
e la sua attenzione al colore complessivo dei suoni che nascono con il suo trio
sono cosi' "armonici" che nell'attimo stesso in cui nascono sembrerebbero essere
l'unica vera soluzione possibile); Ron Carter ha intatto quello stupore per
il Jazz, e per quei suoni che – con la sua "ancora" contrabbasso – incanala nella
sua musica. Tutto questo e' accaduto al Teatro Morlacchi, intorno alla mezzanotte,
ed è quello che immaginavamo: tre strumenti a corde, tre timbri diversi che si sono
magistralmente intrecciati per un'ora e mezzo di Jazz che riesce difficile catalogare
come "mainstream". La musica vera non dovrebbe avere etichette. Russel Malone
alla chitarra suona milioni di note tutte congrue, tutte espressive, ricama frasi
con una tranquillita' che lascia d'incanto; Mulgrew Miller dialoga cosi'
intensamente con il contrabbasso che diventa arduo (e inutile) stabilire chi accompagni
chi. Ron Carter e' stupìto ma il suo fine non e' stupire: il suo fine, anzi
il suo bisogno e' suonare Jazz. E di fronte al Jazz Ron Carter mostra
di avere l'umilta' dei grandi, quella che permette ad una leggenda di non vetrificarsi
su se stesso e creare, creare e ancora creare, facendo battere il cuore.
domenica 18 Luglio
Ultimo giorno del nostro viaggio nel jazz, ci ritroviamo a mezzogiorno come sempre
al Morlacchi, non sapendo molto di Alfredo Rodriguez, se non che lo ha scoperto
Quincy Jones. Sappiamo molto di piu' sul Rosenberg Trio e sul loro
ospite Bireli Lagrene (stelle del Gipsy Jazz), e poi andremo all'Arena per
il concerto di chiusura.
ore 12, Teatro Morlacchi Quincy Jones presents: Alfredo Rodriguez Trio
Rimarra' impressa di questo concerto pazzescamente intenso un'immagine
molto forte: Alfredo Rodriguez che, nel bel mezzo di un solo giunto al culmine
per impulsi ritmici e armonici, improvvisamente fugge dal pianoforte per scaricare
una (positiva) tensione emotiva cosi' alta da non sembrare sostenibile. E' giovane
Rodriguez, appena venticinquenne, ed e' stato scoperto da Quincy Jones, che
lo definisce uno dei suoi migliori artisti. E in effetti lui, il bassista Peter
Slavov e il batterista Francisco Mela hanno incantato il pubblico con
la loro musica. Alfredo e' cubano ed e' un pianista prodigioso, non solo tecnicamente.
A Perugia sintetizzando creativamente la sua Cuba, gli appassionati studi classici
ed il jazz, ha dimostrato quanto jazz ancora c'e' da scoprire, per nostra fortuna:
intro di note sospese ed indefinite che lasciano disorientati da tanta misurata
bellezza, si alternano ad ondate percussive ritmiche e ancora a lirismo (ha suonato
"Veinte Anos" e "Quizas" da far commuovere): un mix di istinto e logica
musicale, vibrante senza mai strafare, un feeling con il contrabbasso di Slavov
(eccezionalmente intenso, prezioso in questo mare di ritmo, poeticita' e note) e
la batteria di Francisco Mela (anche egli cubano, una fantasia sfrenata ma
mai eccessiva) che e' da definirsi quasi magico. Due cubani, un bulgaro naturalizzato
americano: artisti che portando profondamente dentro di se' il proprio mondo hanno
potuto arricchire senza paura il loro background con mille sollecitazioni nuove,
rafforzando ancora di piu' la loro identita' musicale, arricchendo il loro linguaggio
per parlare meglio di se stessi. Rodriguez sul suo pianoforte soffre e gioisce,
non e' mai ammiccante e strategico: e' un virtuoso con l'anima.
ore 17, Teatro Morlacchi "Tributo a Django" The Rosenberg Trio, special guest Bireli Lagrene
Swinganti, gioiosi, fantasiosi, poderosamente ritmici, coinvolgenti,
divertenti: questi acrobati della chitarra Manouche non potevano fare omaggio piu'
bello in occasione del centenario della nascita del leggendario
Django
Reinhardt, per il quale Umbria Jazz ha organizzato numerosi concerti
con vari gruppi legati a questo peculiarissimo genere musicale. In questo eccezionale
Trio + Ospite, in cui Stochelo Rosenberg e Bireli Lagrene si sono
sfidati al ritmo di velocissimi arpeggi, la capacita' di improvvisare di ogni artista
pur rimanendo assolutamente amalgamati e' stata appassionatamente perseguita, rasentando
la perfezione. La divisione dei ruoli nel "gipsy jazz" rimane imperativa, e infatti
fondamentale e' che il contrabbasso (Nonnie Rosenberg) rimanga saldamente
a fare la sua parte armonico ritmica fondante e sicura per permettere le folli digressioni
delle chitarre soliste; cosi' come la chitarra "ritmica" ha una funzione irrinunciabile
di accompagnamento. Ecco quindi in che chiave va letta la fierezza con cui Nous'che
Rosenberg (chitarra ritmica, appunto) nel backstage spiegava orgoglioso ai ragazzi
organizzatori del palcoscenico di "non aver mai fatto un assolo in vita sua".
Un altro esempio del fatto che quando gli artisti vogliono fare musica e non solo
narcisisticamente apparire, cio' che si ascoltera' sara' musica di alto livello,
a qualsiasi genere essa appartenga.
ore 21, Arena Santa Giuliana Projeto Axe' Musica, Danza e Capoeira Hamilton de Holanda – Yamandu Costa,
Giovanni Hidalgo&
Horacio "El negro" Hernandez e la partecipazione straordinaria di Fiorella
Mannoia
Si conclude con un lunghissimo concerto di stampo latino americano
Umbria Jazz 2010, concerto sponsorizzato dalla CONAD a favore del "Projeto Axe'",
che vede l'impegno per i ragazzi delle favelas brasiliani. E questi venti ragazzi
infatti hanno suonato (accompagnando anche Fiorella Mannoia, in splendida
forma) sullo stesso palcoscenico in cui prima sono saliti Hamilton de Holanda
e Yamandu Costa, duo esplosivo mandolino – chitarra, che hanno inondato di
ritmo e note un'Arena giustamente gremita, fluttuando tra brani morbidi (Adios
Nonino) e piu' ritmici (Chamame). Precisi come orologi svizzeri, ma appassionati
e "calienti" come i latini sanno essere, che sono esattamente le caratteristiche
del duo Giovanni Hidalgo
ed Horacio "el Negro" Hernandez, percussioni e batteria incredibilmente energici
e allo stesso tempo sonori al punto da far cantare i loro strumenti.
Tra di loro il fuori programma del Trio di Alfredo Rodriguez ha stupito il
pubblico dell'Arena (abituato a nomi piu' "di richiamo"), con il suo mix
cubano, jazzistico e classico (che aveva incantato il pubblico del Teatro Morlacchi
durante il concerto di mezzogiorno).
Suggestivo lo spettacolo di danza e capoeira dei ragazzi del progetto Axe' con i
quali ammirevolmente Umbria Jazz ha assunto la bella responsabilità di coinvolgerli
nella musica, nella vita didattica della citta' durante il festival, dando loro
una visibilita' fondamentale in mezzo a musicisti incredibili e situazioni irripetibili.
Qui si conclude questo viaggio ad Umbria Jazz. La musica fotografata
ed ascoltata è stata sempre musica di livello molto alto. In questi sette giorni
ci sono stati gruppi e artisti che hanno saputo sorprendere in modo particolare.
Il quartetto di Rosario Giuliani, il duo Moroni Harrell, il trio di
Alfredo Rodriguez e quello di Fahir Atakoglu (pianisti incredibilmente
espressivi oltre che virtuosi), la voce di
Roberta Gambarini
sono stati emozionanti sorprese. E con Ron Carter e il suo trio abbiamo ricordato
e capito perché, a suo tempo, è nato in chi scrive l'amore per la musica jazz.