XXIV Edizione Festival Internazionale Time in Jazz
Berchidda (Prov. Olbia-Tempio) e Comuni limitrofi - 9 - 16 agosto 2011
di Viviana Maxia
Il suono della Terra
Così come aveva promesso tre anni fa,
Paolo Fresu
continua a dedicare la sua rassegna – laboratorio musicale internazionale ad uno
dei quattro elementi naturali. Dopo Acqua e Aria, quest'anno è la Terra protagonista,
a partire dal senso stretto come terreno su cui si cammina, si vive, si suona fino
a giungere al senso lato come pianeta.
Dopo la fatica immensa delle cinquanta date per i cinquant'anni,
Fresu non si è risparmiato neppure nei giorni di Time in Jazz, silente presenza
nell'attento background del festival e presenza musicale che ha giocato e improvvisato
con le esibizioni dei suoi ospiti ed impreziosito le performances con il suo sound
inconfondibile.
Il
simbolo di quest'anno è stata la regina della Terra: la formica. Una formica aderente
al suolo, ma instancabile costruttrice di vita, di musica, esempio di salvaguardia
ambientale.
Tutto ciò, quest'anno è stato Time in jazz con il suo programma discreto e di qualità,
che ha ricreato la dimensione intima e il fascino raccolto delle edizioni di qualche
anno fa, in cui il Paese era meno affollato di persone in piazza e molto più interessato
ai luoghi della musica.
I luoghi, la gente, gli artisti, l'affabilità discreta e riservata del – pur sempre
sardo – Paolo
Fresu, quest'anno si sono riappropriati di una loro valenza quasi primordiale:
quella della Terra.
In Paese ci si è ritrovati, seduti a tavolino gomito a gomito con
Luciano Biondini,
Javier
Girotto, con l'agrodolce Flavio Soriga, scrittore
sardo metropolitano che ha accompagnato le serate con i suoi Diari, ironici e scherzosi,
sempre con la punta di malinconia che lo contraddistingue.
Perché quest'anno la Musica con la "M" maiuscola ha avuto mille legami con l'arte,
la natura, la storia, l'ambiente circostante, fondendosi in un tutt'uno che ci riporta
sempre al tema conduttore, come si evince dal calendario di eventi non solo musicali
che potete consultare sulla home page del
sito del festival.
Il
nostro percorso è partito dall'omaggio a "Faber" De Andre' che, mai come quest'anno,
è stato vissuto come un ritorno a casa. Il figlio Cristiano, pregevolissimo polistrumentista,
arrangiatore e autore dall'impasto vocale che, pur ricordando il grande Fabrizio,
all'ascolto appare più morbido, elegante e sorprendente nei registri più ampi;
Cristiano De Andre', a casa sua, ha regalato alla moltitudine che quest'anno
ha affollato l'Agnata, momenti di forte intensità emotiva supportato, in alcune
tra le più conosciute e straordinarie poesie musicali del padre, dalla tromba di
Fresu e dalla ancora vibrante e argentina voce di Dori Ghezzi, sempre magnifica
nelle vesti di padrona di casa.
Forse da qualche anno l'esibizione più riuscita e sofferta insieme.
La tortuosa strada che scollinando il Limbara e costeggiando il lago Coghinas, ci
porta a Berchidda.
La
serata ci regala momenti di relax con l'esibizione dei musicisti provenienti dai
seminari di Nuoro, dei quali Fresu è ed è stato vivo animatore. Seminari che, nel
panorama italiano, acquistano sempre più importanza per la qualità dei musicisti
che vi si formano e si sono formati.
La mattinata del 12 agosto ci accompagna verso il mare, ad Olbia, nella splendida
Basilica romanica di San Simplicio, perfetta sintesi di eleganza e semplicità come
l'esibizione del duo Girotto ai saxofoni e Biondini, raffinato fisarmonicista,
spesso ospite nell'isola.
Le splendide armonie di "Terra Madre" – questo l'evocativo nome dell'esibizione
- hanno spaziato dall'improvvisazione alla perfetta sincronia nella creazione di
atmosfere tra l'Argentina e l'Italia; infatti l'umbro Biondini si è adattato perfettamente
alla forte e insieme sublimata latinità di Girotto.
Un concerto ascoltato in perfetto silenzio da un pubblico rispettoso del luogo e
delle esecuzioni magistrali dei due artisti che alla fine si sono riversati in mezzo
alla gente con mille sorrisi e una disponibilità senza pari.
La
serata clou nel palco centrale ha riportato il jazz in primo piano con uno dei suoi
interpreti più longevi, sia nell'eclettismo che nel virtuosismo pianistico: Ahamad
Jamal, un ragazzo ottantunenne nato in Pennsylvania nel 1930, accompagnato da
James
Cammack al contrabbasso, Herlin Riley alla batteria
e Manolo Badrena alle percussioni, musicisti che hanno supportato
il pianista in una esibizione che ha spaziato su tutti i temi del jazz, dal soul
al funky, al quartet classic.
Una costruzione musicale che ha inchiodato il pubblico alla sedia; pubblico conscio
del fatto di avere il privilegio di ascoltare uno degli ultimi grandissimi "vecchi"
del jazz, che ha collaborato con tutti i mostri sacri del Novecento e che ha influenzato
con il suo virtuosismo e con un entusiasmo mai perso la storia del jazz.
Nel
pomeriggio del giorno dopo, il cammino verso la terra ci porta a Telti, nella chiesetta
campestre di S. Bachisio, quinta teatrale consueta per
Paolo Fresu,
ma non per
Javier
Girotto in "Solo".
Le persone intorno si sono impadronite del suolo e del luogo, hanno seguito passo,
passo Xavier che si preparava alla sua esibizione scherzando qua e là con tecnici
e pubblico; sono state conquistate dall'eleganza venata di malinconia dei sax di
Girotto (parlo di sax al plurale perché il musicista ha spaziato tra tutte le versioni
dello strumento).
Un
racconto tinto di vicenda personale, alternato da suoni e parole, della tragedia
vissuta dall'Argentina dei desaparecidos, venato di tragicità dal sottofondo registrato
delle donne di Plaza de Mayo, a fare da contrappunto alle sonorità di Javier, che
ha spaziato dal psichedelico fino alle armonie più dolci e struggenti.
Il rientro a Berchidda ci ha offerto un doppio appuntamento sul palco centrale:
il pianista spagnolo Chano Dominguez nel suo "cuarteto flamenco" accompagnato
da Blas Córdoba "El Kejío" alla voce ricca di una grande suggestione
gitana e palmas (battito delle mani), Daniel Navarro ballerino taconero e
palmas, che ha incantato il pubblico con le sue giravolte aeree nel flamenco, e
infine Israel Suárez "Piraña" alle percussioni che ha segnato il ritmo del
piano in un accompagnamento essenziale ma perfetto.
Dominguez,
nativo dell'Andalusia di cui lo accompagnano le radici seppure rivisitate e sublimate
in chiave jazzistica, lo scorso novembre ha presentato il progetto "Piano Ibérico"
nel quale ha ripercorso e reinterpretato in chiave jazz ispanica i grandi musicisti
spagnoli come Albéniz, Granados, Frederic Mompou e Manuel de Falla, attraverso una
interpretazione flamenca e moderna che, non solo ripropone i classici, ma li rivitalizza
e li trasforma in forza e rigore essenziale.
A
seguire, Joao Donato ci ha trasportato in pieno ritmo carioca, mantenendosi
all'interno di un'esecuzione classica, forse lievemente stereotipata di sonorità
note, accompagnando la fine della serata con morbide Bossa nova e sincopati samba.
Nella splendente mattinata del giorno dopo salutiamo ancora una volta la terra e
le granitiche rocce di Gallura.
E' quasi d'obbligo chiudere con le parole del "factor" di questo progetto musicale
aggregante che si rinnova da ventiquattro anni,
Paolo Fresu:
"Terra e musica argillosa, vulcanica, arida, fertile, torbacea, sabbiosa, grassa,
secca, franosa, ubertosa, incolta, arata, dissodata, improduttiva… Terra e musica
capaci di raccontare il difficile cammino dell'umanità di oggi, e in grado di fotografare
tuttora, nella società industriale, informatica e metropolitana odierna, i lavoratori
agricoli, i frutti, l'abbandono, il ritorno, il grembo terreno, le case fangose
di quello che continuiamo a chiamare terzo mondo, i colori, le terre emerse o le
porzioni della stessa. Porzioni spesso minacciate dalla mano dell'uomo".
Ma viene da pensare che quella stessa mano dell'uomo, che può essere così distruttrice,
insieme al fiato e a tutto il corpo, produce anche la musica della quale nessuno
di noi potrebbe più fare a meno nella vita.
Che cosa ci sarà da aspettarsi, caro Paolo, il prossimo anno dal "Fuoco"?
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
01/10/2007 | Intervista a Paolo Fresu: "Credo che Miles sia stato un grandissimo esempio, ad di là del fatto che piaccia o non piaccia a tutti, per cui per me questo pensiero, questa sorta di insegnamento è stato illuminante, quindi molte delle cose che metto in pratica tutti i giorni magari non me ne rendo conto ma se ci penso bene so che vengono da quel tipo di scuola. Ancora oggi se ascolto "Kind Of Blue" continuo a ritrovare in esso una attualità sconvolgente in quanto a pesi, misure, silenzi, capacità improvvisativi, sviluppo dei solisti, interplay, è un disco di allora che però oggi continua ad essere una delle cose più belle che si siano mai sentite, un'opera fondamentale." (Giuseppe Mavilla) |
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Data pubblicazione: 09/10/2011
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