Rumori Mediterranei XXXVII Edizione Roccella Jazz 12-24 agosto 2017
di Vincenzo Fugaldi
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Lo storico festival del meridione italiano, oggi gestito dal Comune di Roccella
Jonica per la direzione artistica di Vincenzo Staiano, è arrivato alla XXXVII edizione,
dopo alcuni anni di incertezze e di svolte, inaugurando un nuovo corso organizzativo.
La prima sezione del festival, dal 12 al 19 agosto, era denominata "Jamming around
& new talents". Di questa sezione chi scrive ha seguito, nell'ultima giornata, il
concerto del trio di Francesco Orio, con Fabio Crespiatico al contrabbasso
e Davide Bussoleni alla batteria, gruppo che ha presentato i brani del recente
cd edito dalla milanese Nau Records dal titolo «Causality Chance Need». Costituito
da musicisti intorno ai trent'anni, il trio propone atmosfere introspettive, che
si sviluppano da brevi cellule tematiche, mostrando una buona padronanza dei rispettivi
strumenti e del linguaggio dell'improvvisazione, con riferimenti alla musica contemporanea
e con un approccio meditato, razionale, convincente.
Nell'affollato spazio all'aperto di Largo Colonne il trio
del clarinettista Domenico Ammendola, affiancato dal contrabbasso di Andrea
Brissa e dalla batteria di Francesco Scopelliti, ha presentato il cd
di prossima uscita per Alfa Projects «Play». Anche questo gruppo è costituito
da musicisti intorno ai trent'anni, ma i riferimenti musicali qui erano più calati
nella tradizione del jazz, che si è fatta spazio oltre che nelle composizioni originali
anche in alcuni standard.
La parte centrale del festival si articolava su cinque giornate, con i consueti
concerti pomeridiani e gli appuntamenti serali al Teatro al Castello.
L'Auditorium ha ospitato il progetto "Facialized" dei Red Basica di
Mirko Onofrio, collaboratore di Brunori Sas. Il gruppo calabrese (una formazione
che oltre al leader alla direzione e voce comprende il chitarrista Massimo Garritano,
basso e batteria e quattro fiati) ha presentato un unico lungo brano che attraversava
creativamente gli stili spaziando dal rock al jazz e alla canzone, mostrando solide
capacità di scrittura e arrangiamento. Nei successivi pomeriggi si sono avvicendati:
un incontro tra fotografia e musica, con la proiezione di scatti di Pino Ninfa
dedicati al sud d'Italia suddivisi in aree tematiche e interpretati in musica con
garbo e ironia da Nicola Pisani al baritono e al soprano e Vincenzo Mazzone
alla batteria; la Freak – Out Band che ha riproposto le canzoni del rock
demenziale di Freak Antoni, dopo la presentazione del libro Freak Out di
Daniela Amenta, e l'Inside Jazz Quartet di
Tino Tracanna,
in un gradevolissimo e molto ben eseguito programma (in parte replicato la sera
al Teatro al Castello) che spaziava tra noti temi di Monk, Mingus, Holland, Shorter
e uno meno battuto di Yusef Lateef. La restaurata Chiesa al Castello che domina
il borgo ha ospitato la presentazione del cd edito dall'etichetta Naked Tapes
«Side Sight» del trio Raw Frame, composto dal chitarrista Andrea Bolzoni, dal
bassista Salvatore Sata e dal batterista Daniele Frati, in una ricerca musicale
che oscillava fra il jazz e il rock.
Il linguaggio sempre energetico e vitale del free jazz ha inaugurato le serate al
Teatro al Castello, con il quartetto composto dal pianista Alexander Hawkins,
dal contrabbassista John Edwards, dal batterista Steve Noble e dal
sax tenore di Sabir Mateen denominato Roccella Quartet in omaggio al festival,
gruppo che potrebbe in futuro restare attivo con questo nome. Sostanzialmente si
tratta del trio Decoy con l'aggiunta di Mateen, che non aveva suonato mai prima
con Hawkins. L'ancia del sessantaseienne sassofonista di Filadelfia, esponente del
free afroamericano più sanguigno e indomito, ha trovato nel linguaggio libero e
dinamico del trio il terreno ideale per i suoi assolo, spaziando da momenti rabbiosi
ad altri più controllati. Del trio non si potrebbe dir meglio: Hawkins rappresenta
quanto di più stimolante l'Europa esprime oggi in fatto di pianisti, e Edwards e
Noble, inglesi come lui, costituiscono insieme una ritmica di esaltante dinamicità. Antonella Ruggiero, con il supporto di Mark Harris al pianoforte e
organetto e di Roberto Colombo al vocoder e tastiere, ha passato in rassegna
una parte dei suoi successi con la sua voce sempre duttile e virtuosa. Degna di
nota soprattutto la grande perizia di Harris, musicista che ha collaborato con tantissimi
cantanti e cantautori italiani (tra cui De André, Gaber, Jannacci) sin dagli anni
Sessanta del secolo scorso.
«Eklektik» è il titolo del recente cd di
Antonio Faraò
per la Warner, nel quale il pianista incontra numerosi artisti internazionali per
dar vita a un progetto in cui il jazz e la fusion si incontrano in una sintesi pregevole,
non scontata. In questa versione concertistica, Faraò era affiancato dalle tastiere
di Enrico Solazzo, dal basso elettrico di Dario Rosciglione e dalla
batteria di Lele Melotti, e la riuscita del concerto è stata garantita dalla
solidità della sezione ritmica e soprattutto dai travolgenti fraseggi del leader,
come sempre entusiasmante.
Una produzione originale del festival era il tributo a Rino Gaetano, affidato alle
ottime capacità di arrangiatore di Giovanni Tommaso, che con Gaetano aveva
collaborato a lungo in seno alla RCA. Insieme al suo Apogeo Quintet (Daniele
Scannapieco-sax tenore,
Alberto
Parmegiani-chitarra,
Claudio Filippini-pianoforte,
Alessandro Paternesi-batteria) e con la bella voce e la sicura presenza scenica
della figlia Jasmine, il contrabbassista ha reso un tributo al cantautore calabrese
di ottimo gusto, riproponendo in chiave jazz alcune delle sue canzoni, dalle strumentali
Ancora insieme, Sicilian Sunset a Scusa Ameri, Io ci sto,
Sei ottavi, Ti ti ti ti, Ma il cielo è sempre più blu. Prestazione
del quintetto maiuscola, con ottimi assolo di tutti, e con una composizione originale,
Goodbye Novecento.
Il ritorno a Roccella del filosofo e trombettista Massimo Donà era ottimamente
supportato dal tenore di Michele Polga, dalla batteria di Davide Ragazzoni
e dal tenore e clarinetto dell'ospite
Francesco Bearzatti.
Pitagorino era il titolo del suo concerto, godibilissimo e denso di leggerezza
e ironia, dedicato a Rino Gaetano. La tromba e la voce recitante del leader, insieme
agli svettanti sassofoni e al clarinetto sull'elastico ritmo sostenuto da Ragazzoni
valorizzavano le variegate composizioni originali, cariche di trascinante swing.
La serata si è conclusa con il martellante groove del James Taylor
Quartet, che ha trascinato il pubblico di Roccella a danzare in platea.
Reduce da un piccolo problema di salute che lo sta tenendo forzatamente lontano
dai palcoscenici, Luca Aquino ha voluto ugualmente essere presente al festival
con un set in cui ha utilizzato una tromba midi e altri effetti elettronici, supportato
dai fidi Carmine Ioanna alla fisarmonica e Sade Mangiaracina al pianoforte,
eseguendo alcune fra le sue composizioni con una encomiabile forza d'animo.
La Med Free Orkestra, capitanata da Francesco Fiore e Angelo Olivieri,
è un'orchestra multietnica più jazzisticamente orientata, almeno in occasione di
questo festival, rispetto ad altre compagini del genere, e ha proposto un repertorio,
in buona parte arrangiato da Olivieri, che dava risalto al ricco organico che comprende,
oltre a ritmica e numerosi fiati, oud e percussioni africane e due voci femminili.
I ritmi di una world music mediterranea, aperta a influssi balcanici e reggae, danzereccia
quanto basta sostenevano prestazioni solistiche di qualità. Tra i brani più jazzisticamente
rilevanti eseguiti per la prima volta, uno di Roy Hargrove con un bell'assolo al
piano elettrico dell'ospite Mangiaracina e il mitico Theme de Yoyo
dell'Art Ensemble of Chicago. Sul finale l'orchestra ha anche ospitato la fisarmonica
di Ioanna.
Il concerto più atteso di questa edizione era quello del quintetto del trombettista
Jonathan Finlayson, denominato Sicilian Defense. Matt Mitchell
al pianoforte, John Hebert al contrabbasso, Liberty Ellman alla chitarra
e Craig Weinrib alla batteria sono arrivati a Roccella in prima europea e
in esclusiva per l'Europa. Finlayson è uno dei nomi di punta del jazz contemporaneo:
appena trentacinquenne, ha già fatto parte dei Five Elements di Steve Coleman e
dell'ottetto di Steve Lehman. Questa nuova versione del suo gruppo, che ha già all'attivo
due cd («Moment and the Message» e «Moving Still»), è potenziata dalla
presenza di Ellman, che fa parte della corte di Threadgill al pari di Weinrib. L'influenza
del maestro di Chicago, senza dubbio il grande protagonista di questi ultimi decenni
del jazz afroamericano più creativo, era evidente nelle ottime composizioni originali
dalle complesse partiture, ricche di sottigliezze armoniche, di cambi di tempo,
di assolo pertinenti e funzionali, in equilibrio mirabile fra scrittura e improvvisazione.
La particolarità del quintetto risiede tuttavia in una delicatezza di fondo, e nelle
sottili trame che ne definiscono il profilo musicale, qualità tutte confermate dal
concerto.
La chiusura del festival è stata giustamente affidata a Claudio Cojaniz,
pianista che con Roccella ha stabilito un rapporto saldo e fecondo, che ha visto
la pubblicazione da parte della Caligola Records del dvd prodotto dal Comune calabrese
intitolato «Si Song. Una canzone per Siso», contenente la videoregistrazione
dell'esecuzione pubblica della suite omonima dedicata allo scomparso senatore Sisinio
Zito effettuata il 20 agosto del 2016. Coj & Second Time era la formazione
portata stavolta in Calabria, con la violinista Maria Vicentini, il contrabbassista
Alessandro Turchet e il batterista Zeno De Rossi. L'Africa era il
tema del concerto, tema che il pianista friulano conosce molto bene, avendo dedicato
al continente africano opere come «Blue Africa» del 2013 e il recentissimo
«Sound of Africa». Temi struggenti, ritmi coinvolgenti, la consueta forza
emotiva, rielaborazioni per quartetto di alcune composizioni presenti in Si Song,
per una esibizione che ha chiuso il festival fra consensi e meritatissimi applausi.