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In questo "Stupor Mundi"
Pierluigi
Balducci rimane fedele alla sua quasi decennale linea di ricerca dei
possibili terreni di incontro fra le varie espressività musicali e di un sogno musicale
immerso nelle atmosfere delle vecchia Europa. Alla sua già vasta tavolozza timbrica,
ai suoni di partner per lui immancabili come il fisarmonicista
Luciano Biondini, il chitarrista
Antonio Tosques
ed il percussionista Giuseppe Berlen, il bassista pugliese ha aggiunto questa
volta un quartetto d'archi. Questa scelta conferisce all'impasto sonoro un tocco
di ulteriore eleganza e malinconia: un'eco lontana di classicismo. D'altronde proprio
questa raffinata nostalgia, questa leggera "saudade", mediterranea e mitteleuropea
al tempo stesso, intrisa di fragranze jazzistiche, è forse la vera cifra poetica
della musica di
Balducci.
Di qui linee melodiche incantate ma mai banali, preziose ma non rarefatte,
atmosfere sognanti ma sostenute da una certa robustezza delle trame musicali, leggere
ma mai illanguidite. A volte in "Stupor Mundi" risuona una sorta di fado,
ma senza drammaticità e senza strazio. Altre volte la scrittura evoca, come nella
molto bella Woland's Polka, vecchi balli
dell'Europa centrale, pieni di trattenuta signorile allegria.
Un bel disco, poco da dire, elegante ed appassionato. Anche se, di tanto
in tanto si ha l'impressione che
Balducci
ed i suoi bravissimi compagni si perdano un po' nel loro vagabondare sui sentieri
della memoria e del sogno; che si specchino un tantino troppo nell'acqua del loro
prezioso e limpido lago sonoro. Se un difetto, perdonabile, ha questo lavoro, è
proprio quello di un pizzico di compiacimento, di ricercatezza.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 12/04/2009
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