Südtirol Jazz Festival
Bolzano, 24 giugno 2011 - 3 luglio 2011 di Vincenzo Fugaldi
Il festival altoatesino prosegue nella direzione intrapresa dal direttore artistico
Klaus Widmann, confermando e ampliando il suo ruolo di varco di comunicazione tra
Italia e Europa, senza trascurare il grande jazz e le novità provenienti dagli Stati
Uniti.
Un concerto emblematico di questa scelta è stato quello che ha chiuso il festival,
il Nord-Sud Quartet, avventuroso incontro tra i nostri
Livio Minafra e
Domenico Caliri
e i tedeschi Matthias Schriefl e Bodek Janke. Caliri collabora con Minafra
nel nuovo quartetto di questi, mentre Janke forma con Schriefl il Duo Fanfarov.
Il quartetto è nato dietro invito del festival altoatesino, e combina quattro personalità
differenti e creative: Minafra, dopo gli esordi incentrati sul piano solo, è oggi
uno dei nomi più interessanti del giovane jazz italiano; Caliri, con una forte esperienza
negli Electric Five di Rava, è una certezza nel panorama dei chitarristi italiani;
Schriefl è trombettista (ma suona anche altri strumenti) sorprendente e innovativo;
Janke è batterista e percussionista che fa tesoro delle proprie matrici etniche
polacco-russe. La musica che i quattro hanno messo su per il pubblico altoatesino
è piena di vigore, teatrale, ironica e coinvolgente, come nel brano di Minafra dedicato
ad Antonello
Salis, Boomerang, un divertente interscambio di energia tra musicisti
e pubblico.
La moltitudine di eventi che si svolgono nella stessa giornata su palcoscenici dislocati
in numerose località del'Altoadige ci ha consentito di seguire un itinerario
di ascolti, iniziato il 27 giugno, che ha potuto coprire solo una parte di concerti.
Il Parco dei Semirurali di Bolzano ha ospitato il quartetto denominato "Mare & Monti",
costituito dalla cantante turca residente in Svizzera Saadet Türköz, dal
sassofonista siciliano Gianni Gebbia, dal batterista e percussionista piemontese
Michele Rabbia e dal contrabbassista altoatesino Günther Pitscheider. L'improvvisazione
radicale dei quattro poggia sui solidi riferimenti etnici della cantante che sfoggia
una voce potente e un vasto campionario di suoni e rumori, sul suono profondo del
contrabbasso che si fa carico di fornire robusto sostegno ritmico, pedali e bordoni
con l'archetto, sui fantasiosi colori dei tamburi e dei piatti di Rabbia, e sul
fraseggio multiforme dell'ancia di Gebbia, pronto a incrociarsi con la voce e a
colmare gli spazi, in un set concentrato e ben equilibrato.
L'impareggiabile panorama alpino che si gode dal Rifugio Feltuner Hütte, situato
sul Corno di Renon, ha fatto da cornice alla prima esibizione italiana dei Three
Fall, un trio di giovani tedeschi (Lutz Streun-sax tenore e clarinetto basso, Til Schneider-trombone, Sebastian Winne-batteria) con all'attivo due cd («Bomboclive!»,
Konnex, 2009 e «On A Walkabout», Act, 2011). La proposta è di grande impatto, e coniuga
sapientemente improvvisazione e cantabilità. Ritmi che spesso richiamano l'hiphop,
trascinanti riff di trombone, spazi solistici densi e significativi, utilizzo non
eccessivo di effetti analogici, e un repertorio che alterna valide composizioni
originali (Fiets, Kohlenhydrate, Spaziergang, Song For Alma,
Skyscraper, Bones & Steaks), a Walkabout dei Red Hot Chili
Peppers, gruppo cui è dedicato il cd più recente del trio, per un concerto riuscitissimo,
che ha rivelato – senza mai sovrastare la comunicazione musicale con fastidiosi
virtuosismi - le notevoli competenze tecniche dei tre, dal suono perfetto di Streun,
al completo controllo del ritmo di Winne, al ruolo di Schneider, debitore della
grande lezione del conterraneo Albert Mangelsdorff. Specie in Dunkel Grün,
basato su suoni lunghi e suggestivi e respirazione circolare,i Three
Fall hanno realizzato un momento di intenso incontro tra la musica e la suggestione
paesaggistica.
La cornice elegante del giardino dell'Hotel Laurin ha invece ospitato l'atteso duo
tra il nuovo astro della vocalità, la coreana Youn Sun Nah, e il grande chitarrista
europeo Ulf Wakenius. Dopo un inizio per sola chitarra acustica tra suggestioni
morriconiane e Brasile, la giovane cantante ha impegnato le sue non comuni doti
vocali (una dinamica che va con naturalezza dal sospiro all'urlo, delicatezza e
potenza, creatività e sensualità) in un repertorio estremamente variegato, da
Nat King Cole (Calypso Blues) a Frevo di Egberto Gismonti,
alla sua composizione Uncertain Weather, a un antico poeticissimo canto d'amore
coreano, al brano fusion Breakfast in Baghdad composto dal chitarrista, a
una versione raccolta e intima dell'indimenticabile Avec le temps di Leo
Ferrè, a Jokey Full Of Bourbon di Tom Waits, a Same Girl di Randy
Newman, a Enter Sandman dei Metallica, dimostrandosi a suo agio in ogni confronto,
dando a ogni canzone interpretata un'impronta personale. Dal canto suo, Wakenius
è accompagnatore ideale, mirabile per tecnica e affiatamento. Youn Sun Nah
non utilizza solo la voce, ma anche il kazoo, e per accompagnarsi la kalimba (in
una lunare My Favorite Things) e una music box, diversificando opportunamente
le atmosfere a seconda dei brani.
L'EURAC ha ospitato, dopo l'interessante convegno internazionale Culture meets economy,
dal tema "Quanto costa la cultura? Prospettive di collaborazione tra mercato e politica",
dove è stato tra l'altro presentato l'ottimo esempio del festival amburghese ELBJAZZ,
il duo franco-giapponese Donkey Monkey, composto dalla pianista francese
Eve Risser
e dalla batterista giapponese Yuko Oshima. Provenienti da esperienze differenti
(la pianista da studi classici e contemporanei, la batterista da esperienze varie,
principalmente rock), si incontrano sul territorio accidentato dell'improvvisazione,
con l'utilizzo del piano preparato, delle voci, di un moderato uso dell'elettronica.
Il risultato, pur interessante, è gravato da un approccio piuttosto rigido.
Il Castello di Prösels, in territorio di Fié, ha fatto da suggestiva cornice al
concerto del quartetto del vibrafonista Pascal Shumacher, con Franz von Chossy al
pianoforte, Christoph Devischerr al contrabbasso e Jens Düppe alla batteria. Una
materia sonora duttile, elegante e di classe, con una buona intesa tra vibrafono
e piano – purtroppo non agevolata dall'acustica del luogo – per una serie di brani
originali gradevoli e orecchiabili, contraddistinti da struttura in crescendo e
diminuendo, piuttosto distanti dalla linea maestra della tradizione afroamericana.
Il giovane statunitense di origini cino-giapponesi Dana Leong ha portato a Bolzano
la prima esecuzione europea della sua opera commissionata dall'Apollo Theater
Life After Dark, in cui affianca al suo trombone e al violoncello la dj Val-inc,
il batterista Aviv Cohen, il koto di Yumi Kurosawa, la chitarra di John Shannon
e la voce di PYeng Threadgill. L'idea di fondo è quella di mescolare artisti di
diversa provenienza geografica (Stati Uniti, Israele, Giappone, Haiti) in un progetto
multimediale che utilizza filmati dello stesso leader e di Johnny Moreno. La parte
audiovisiva, nella sezione contenente le interviste ai musicisti del gruppo proiettate
prima che ciascuno entrasse in azione sul palco, presentava delle eccessive lungaggini,
mentre la parte strettamente musicale si avvaleva con parsimonia delle notevoli
doti dei comprimari, che si avvicendavano sul palco in duetti o trii, per suonare
tutti insieme solo nella seconda metà del lungo concerto. L'approccio di Leong in
Life After Dark è assolutamente lontano dal jazz, e sembra partire da orizzonti
musicali lontani, disparati, esotici, per approdare a risultati probabilmente discutibili
- dovuti ad esempio a un certo autocompiacimento - ma non privi di un certo fascino,
tra Sakamoto, l'hip-hop e numerose altre influenze, le sonorità del koto, il mobilissimo
drumming di Cohen, i colori di Val-Inc e il fascino della voce della Threadgill.
All'Abbazia di Novacella, accompagnata dal marito batterista Igal Foni e dal basso
elettrico di Andrea Castelli, si è esibita la trombonista israeliana Reut Regev,
attiva in area newyorchese sin dal 1998, tra
il settore del klezmer e quello dell'avanguardia. Un repertorio di brani originali
e un omaggio a
Ornette
Coleman, in un set in cui ha mostrato un suono pieno e robusto, buone
idee musicali e capacità solistiche, sicurezza e determinazione.
Uno dei momenti più attesi del festival, nello spazio all'aperto antistante il Museion,
è stato l'incontro tra Michel Portal, Bojan Z e il trio Fly (Jeff
Ballard, Larry Grenadier e Mark Turner). La collaborazione tra
il grande musicista francese - qui al clarinetto basso e al sax soprano - e il pianista
di Belgrado risale ad anni addietro, in duo e in formazioni più ampie come nel suo
recente «Baïlador». L'interazione con il trio statunitense è corsa sulla
scia dell'entusiasmo e del reciproco ascolto, pur trattandosi di un incontro tra
diversi mondi e diverse concezioni musicali, tra recenti splendide composizioni
di Portal (Dolce, Baïlador, Citrus Juice e Cuba Si, Cuba
No, introdotta da un suggestivo duo soprano-pianoforte) dai temi fascinosi e
ardui, nella cui esposizione Turner è sembrato per un attimo leggermente in difficoltà,
e brani dei Fly (Lady B, Sky & Country), in cui Portal è entrato con
totale padronanza, così come il pianista, a suo agio in ogni brano anche col piano
Fender.
L'esibizione del Tinissima Quartet di
Francesco Bearzatti,
Giovanni Falzone, Danilo Gallo e Zeno De Rossi, nella ormai
notissima suite «Malcom X», non ha riservato sorprese, confermando l'ottimo
impatto di questa proposta nella dimensione live, impreziosita dagli splendidi disegni
di Francesco Chiacchio, dallo stesso autore sincronizzati con la musica.
L'ultima giornata si è svolta soprattutto in Val Badia, nei rifugi sopra San Vigilio
di Marebbe. Qui, al Fodara Vedla Hütte, con all'intorno panorami di incomparabile
bellezza, si è ascoltato il duo friulano composto da Daniele D'Agaro al clarinetto
e sax tenore e Denis Biasion alla chitarra. Strumenti d'epoca: chitarra Ibanez
modello George Benson, sax tenore Cohn del 1928 e clarinetto storico donato
da Tony
Scott. Scelta dei brani non convenzionale, da archivisti musicali:
gli ellingtoniani Azure, Up And Down, Up And Down (I Will Let Them Up
And Down), tratto da «Such Sweet Thunder» e Under The Balcony,
tratto dalla «Perfume Suite», Music Forever di Freddie Redd, da
«The Connection», Translation di Lucky Thompson, It's You Or
No One, Please Send Me Someone To Love, soul song di Percy Mayfield,
Agosta, kaseko del Suriname, Exactly Like You, e la composizione di
D'Agaro Calypsonia. Suoni di assoluta purezza, jazz di elevatissima qualità
eseguito da un duo affiatato e coeso, con una competenza musicale senza pari, completa
padronanza della tradizione jazzistica, swing poderoso.
Terence Blanchard
ha portato a Bolzano un nuovo quintetto, con Brice Winston al sax tenore,
il cubano Fabian Almazan al pianoforte, il contrabbassista Joshua Crumbly e il batterista Kendrick Scott. Jazz di gran classe che, pur complesso e
articolato, scorreva fluido e naturale, valorizzando le eccelse qualità di ciascuno,
dalla tromba del leader, lucida e assertiva, alla bella pronuncia di Winston, al
tocco ineccepibile di Almazan, alla sorprendente competenza dell'appena diciannovenne
Crumbly, alla perfezione stilistica di Scott, in un hardbop aggiornatissimo che
ha sciolto in breve tempo l'iniziale freddezza, con ottime composizioni originali.