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Karim Ziad
Jdid
JMS (2014)
1. Jugo (Nguyên Lê)
2. A neuf (Karim Ziad, Safy Boutella)
3. Jdid (Karim Ziad)
4. Andaloussi (Karim Ziad, Nguyên Lê)
5. Stroll with Jacques (Karim Ziad, J.S. Bart)
6. Ouine (Karim Ziad)
7. Wormhole (Karim Ziad)
8. Gibraltar (Karim Ziad, Nguyên Lê)
9. Veneris (Karim Ziad, Nguyên Lê)
10. Yomali (trad., adaptation Karim Ziad)
11. Dziri (Karim Ziad)
12. Stroll with Ari (Karim Ziad, Ari Hoenig)
Karim Ziad - batteria, voce Tigran Hamasyan - piano (7, 9) Scott Kinsey - piano, synth (10) Bojan Z. - piano (1, 2, 3, 11) David Aubaile - piano (8, 10), flauto Linley Marthe - basso (1, 7, 8, 9) Hadrien Feraud - basso (4, 10) Michel Alibo - basso (2, 3, 6, 11) Nguyên Lê - chitarra (1, 4, 7, 8) Abdenour Djemal - banjo (3, 6, 11) Guillaume Perret - sax (1, 2, 7, 8, 9, 10) Jacques Schwarz-bart - sax (5) Vincent Mascart - sax (3, 6) Illya Amar - vibrafono, marimba (4, 8) Rhani Krija - percussioni (10) Fehd Behnchemsi - cori (10) Hamid El Kasri - voce (3) Stéphane Edouard - percussioni (8, 10) Ari Hoenig - batteria (12)
Batterista algerino stabilitosi a Parigi sin dal 1989,
Ziad si propone come musicista a tutto tondo, componendo, arrangiando, cantando,
dirigendo. In questo suo ultimo cd risalta tutta la sua passione per il meticciato
musicale, per il mescolamento creativo di atmosfere fusion e consistenti profumi
folclorici. Se l'influenza del sodale Nguyên Lê, presente in quattro brani
come chitarrista e in tre come coautore lascia un segno marcato e hendrixiano, altrettanto
va detto per il solare pianismo di Bojan Z., altro collaboratore di lunga
data, che suona anch'egli in quattro tracce. Forte carica ritmica, tempi dispari,
e formazioni che variano in ogni brano (dal duo, ai quartetti, quintetti, sestetti,
fino a gruppi ancora più ampi), utilizzo in quasi tutto il cd dei sassofoni, e in
un paio anche di vibrafono e marimba che imprimono ulteriori colori e festosità.
La formula del duo viene applicata per un breve scambio improvvisato fra la batteria
del leader e il sassofono di Jacques Schwarz-Bart, e per un dinamicissimo duo tra
le batterie dello stesso leader e dello statunitense Ari Hoenig. In Wormhole
e Veneris, si ritaglia uno spazio solista il noto pianista Tigran
Hamasyan, con ottimi esiti. Anche il banjo, presente in tre brani, fornisce
un tono insolito e piacevole.
Una fresca e gradevolissima conferma di un panorama
musicale mediterraneo in ottima salute.
Vincenzo Fugaldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 02/05/2016
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