"Music Unites" di Rocco Zifarelli di Marco Losavio gennaio - febbraio 2019
click sulle foto per ingrandire
Durante il tour internazionale insieme al Maestro Ennio Morricone,
in occasione dell'uscita del nuovo album "Music Unites", abbiamo incontrato
Rocco Zifarelli
per attraversare molti aspetti della sua carriera, del nuovo album e delle sue prospettive
musicali.
10 anni, un lungo percorso che ha portato
finalmente alla pubblicazione di "Music Unites". Come nasce l'idea di questo album?
Si, 10 anni ed esattamente 20 anni dopo la pubblicazione di Lyndon, e questo disco
è un po' la continuazione dell'idea che ho avuto su "Lyndon", cercando di
utilizzare gli stessi musicisti…è davvero tanto tempo, non me ne sono accorto! Sebbene
la musica era pronta già da tanto ci sono stati diversi fattori a rallentarne la
realizzazione e la pubblicazione: in primis la prematura scomparsa di Biagio
Pagano, produttore della Via Veneto Jazz, una persona che raramente si
incontra nella vita, poi i problemi legati ai musicisti con cui fare questo tipo
di musica in Italia, davvero pochissimi quelli capaci di muoversi facilmente dal
jazz alla musica elettrica e moderna, una situazione piuttosto differente in Francia
ed altri paesi, per varie ragioni, dove la scelta specialmente tra batteristi e
bassisti è maggiore e puoi trovare facilmente sostituti di alto livello quando uno
della tua band ha un impegno più importante. Poi gli impegni importanti di lavoro,
specialmente i tanti tour con Morricone in giro per il mondo, che non mi hanno mai
lasciato almeno un paio di mesi continui per poter realizzare un progetto, tutto
realizzato e prodotto da me, compresa la grafica del cd, con quasi 20 musicisti,
molti dei quali stranieri di cui mi sono anche occupato degli spostamenti; infatti
è stato realizzato un po' per volta, ma in questo modo rischi di creare un lavoro
troppo frammentato, per cui l'attenzione è stata maniacale.
Nell'album ci sono arrangiamenti
molto ricercati ed efficaci come si evince già dal brano introduttivo "Northern
Line" ricco di strumenti, suoni, in altri si avvertono sonorità arabeggianti, ci
sono obbligati, unisono, chitarre di ogni tipo…Come ti rapporti con la musica oggi
e quali sono le fonti di ispirazione che poi hai traslato nelle tue composizioni
e negli arrangiamenti dell'album?
Ogni brano ha una sua genesi e una storia da raccontare, sto inserendo queste storie
ed altri aneddoti su una pagina del mio sito dedicata al CD, il link diretto è stampato
in codice QR sul retro. Molti nascono da stati d'animo che si creano mentre studi,
mentre provi nuove chitarre o nuovi effetti, mentre vivi certe esperienze di vita,
"Northern Line" per esempio è un pezzo scritto durante un mio lungo soggiorno
a Londra, il titolo è una delle tante linee metro, e Londra è una delle città più
multietniche del mondo dove decine di culture differenti convivono tranquillamente,
e questo si avverte da sempre nella musica prodotta in Inghilterra. Il fatto che
da più di 20 anni lavori in orchestra con uno dei più grandi orchestratori viventi,
mi porta automaticamente ormai a pensare e creare musica "ricca", con arrangiamenti
che avvolgono. Questo chiaramente in studio è più facile che dal vivo e ti puoi
divertire sperimentando come vuoi. Questo pezzo è uno di quelli più ricchi con parti
acustiche, elettriche, fiati, synth etc, il problema è che potrò eseguirlo dal vivo
in poche occasioni, con formazioni piccole uso altri arrangiamenti. Non so come
rapportarmi alla musica di oggi, a dire il vero non riesco più di tanto perché si
va in direzioni che non seguo tanto, mi piace ancora elaborare la musica del passato,
sto ancora imparando tanto, riascolto e sento qualcosa di nuovo che mi era sfuggito,
riascolto un disco di Egberto Gismonti o di McLaughlin, di
Bill Evans,
di Chopin o di
James Brown,
imparo ancora qualcosa, anzi, rimango un po' sorpreso per non essermi accorto prima
di certe cose! Per non parlare del fatto che essendo in orchestra con Morricone
in una posizione dietro archi e fiati, sento meglio certi contrappunti messi in
secondo piano rispetto alle melodie principali, anche queste tessiture esprimono
la grandezza di Ennio, ed ogni volta sento una cosa nuova che mi sorprende.
Due arrangiamenti di due capolavori di Ennio Morricone:
il raffinatissimo "Le Clan Des Siciliens" suddiviso con il profondo basso di Dario
Deidda e le percussioni di Giovanni Imparato e il "micidiale" "The Untouchables"
in cui i tuoi compagni Linley Marthe al basso e Paco Sery alla batteria fanno letteralmente
esplodere di energia la musica garantendo sane tachicardie a chi ascolta…Con Morricone
suoni da ventuno anni. Cosa ti ha dato e ti continua a dare, anche adesso a fine
carriera, questa collaborazione? Collaborare con uno dei più grandi compositori viventi è un'esperienza
importantissima, fondamentale per chi fa questo lavoro. Noi siamo un gruppo ristretto
tra sezione ritmica, direttore sostituto, fonico e cantante, 6-7 persone scelte
dal Maestro per seguirlo ovunque, abbiamo girato tutto il mondo suonando con le
orchestre locali, siamo sicuramente una garanzia per tutta la produzione, e questo
ci fa onore. Abbiamo vissuto con Ennio tante di quelle cose belle, ascoltato bellissimi
aneddoti della sua vita e catturato ogni dettaglio del suo pensiero musicale, non
basta un'intervista per raccontare ciò che di positivo può darti un'esperienza del
genere, ma probabilmente molte cose si possono intuire. Quello che vorrei invece
sottolineare sono gli aspetti insoliti, che ti fanno invece tanto riflettere, forse
sono queste le cose che più hanno influenzato e condizionato il mio percorso artistico
e il mio pensiero musicale. Ennio è una persona estremamente umile, quando parla
con te si mette al tuo livello, se ha un'idea ti spiega il motivo, non te la impone,
e conoscendo la sua arte, la sua grandezza, è davvero disarmante! A 90 anni è ancora
capace di tenere in pugno 170 persone sul palco, tra orchestra e coro, fermo e deciso,
lanciando consensi, sorrisi ed elogi ma allo stesso tempo incazzarsi ed anche cacciare
via persone quando serve…spesso l'abbiamo visto avere atteggiamenti che al momento
non abbiamo condiviso, ma alla fine ha sempre ragione lui! Tutto questo nell'arco
di 20 anni mi ha portato a ridimensionarmi tanto, come uomo, musicista e leader,
a sentirmi più piccolo. Non che voglia fare paragoni e nemmeno sminuirmi, ma ho
capito ancora di più che la musica è una cosa immensa e merita rispetto, che c'è
gente che ci ha investito tanto mettendoci passione e tanta serietà, e che quando
si fa musica bisogna sempre farlo col massimo impegno, serietà ed umiltà e quando
si pubblica qualcosa bisogna cercare di esprimere ricerca e novità, io cerco di
fare così.
Come detto, la versione di "The Untouchables" è formidabile
come impatto sonoro e ritmico, e "il Clan dei Siciliani" ha classe, raffinatezza
oltre ad una profondità di suono capace di far scorrere la melodia molto fluidamente.
Li hai fatti ascoltare al Maestro?
Certamente, li ha ascoltati appena li ho registrati perché volevo il suo "benestare"
… me l'ha dato e alla fine mi ha anche scritto una dedica che ho stampato sul retro.
Il mio intento era quello di prendere 2 suoi pezzi che suono dal vivo e di riadattarli
in una chiave più vicina al mio stile, riadattarli e non riarrangiarli perché la
musica di Morricone è impossibile da riarrangiare, perché è già perfetta come l'ha
scritta e pensata lui, se ci metti le mani comunque perdi qualcosa della bellezza
sia della composizione sia dell'arrangiamento. Mi piaceva l'idea di rivedere alcune
composizioni e renderle più adatte al mio stile chitarristico sia per lo sviluppo
timbrico che improvvisativo, o sentire altri musicisti, come il solo fantastico
di Dario Deidda su "Le clan des siciliens", o il tiro micidiale di
Paco e Linley su "The Untouchables". La musica di Ennio si
presta a tutto e a tutti, su tanti pezzi ci avrei visto un grande
Michael
Brecker o
Wayne Shorter.
Oltre i già citati musicisti, c'è un brano in cui ti avvali
del supporto di un'altra nostra colonna della fusion e del jazz-rock: Pippo Matino
autore anche di un dirompente "Essential Blues", impeccabile nell'esecuzione e molto
piacevole in tutti i suoni e le voci utilizzati. Vuoi parlarci di questa ma anche
delle altre prestigiose collaborazioni presenti in questo album?
Io e Pippo abbiamo suonato insieme per decenni, tantissime esperienze insieme dove
ci siamo coinvolti a vicenda, dai tour pop ai jazz club, dai dischi ai grandi festival,
ci conosciamo molto bene musicalmente e probabilmente è il mio bassista preferito
con cui suonare, non solo in Italia. Avendo vissuto circa 3 anni e mezzo a Parigi
ho suonato con grandissimi bassisti come Hadrien Feraud, Dominique Di
Piazza e Linley Marthe; Linley è sicuramente uno dei più grandi ed originali
bassisti al mondo, un musicista pazzesco e Pippo è per certi versi molto simile
come istintività, conoscenza armonica e suono. Suonavamo il suo "Essential Blues"
già da anni e mi divertiva farlo, nonostante lui l'avesse già registrato in altri
dischi. Il modo in cui la suonavamo insieme è sempre stato particolare, c'è sempre
stato un particolare interplay tra di noi che su quel pezzo usciva sempre, ed infatti
nella mia versione viene fuori! Ci tengo a precisare che quasi tutti i pezzi del
CD sono stati registrati in trio chitarra, basso e batteria, che i soli sono tutti
venuti fuori in tempo reale, io poi ho aggiunto altre chitarre, sistemato i suoni
del guitar synth, aggiunto altri layers synth, percussioni, fiati e tutto il resto
in post produzione, ma l'essenza dell'interplay ritmico e armonico c'è in tutte
e tre le versioni registrate. In questa del CD fate caso a quando inserisco il wah
durante il mio solo, nello stesso istante Pippo mette l'octaver per simulare il
basso synth, è tutto accaduto in diretta, e mi ha spinto a mettere questa versione
tra le tre registrate.
Linley è uno degli ospiti eccezionali di questo disco, uno di quelli che ti regalano
perle inaspettate e che spesso possono spingerti a cambiare certi connotati di una
composizione per mettere le sue invenzioni più in evidenza! L'avevo conosciuto una
quindicina di anni fa quando collaboravo con Mark Bass, lui era uno degli endorsers
più importanti, suonava con Zawinul e ci aveva ammazzati tutti con quel suo
playing mozzafiato. Dopo aver suonato un po' insieme siamo diventati amici e l'ho
chiamato diverse volte a suonare in Italia per poi chiamarlo sul disco. Lui stesso
mi aveva chiamato a fare l'audizione coi Defunkt a Parigi e dopo essere entrato
nella band abbiamo fatto una marea di concerti in giro per l'Europa, è per questo
che mi sono trasferito lì dal 2010 al
2013.
Paco Sery aveva già suonato su "Lyndon", un pezzo di quel disco che poi è diventata
una mia "hit". E' dedicato a lui, "Pacman"…l'avevo conosciuto negli anni
'90 quando
Stefano
Di Battista si era trasferito a Parigi e aveva cominciato a suonarci,
l'avevo poi conosciuto quando venne a Roma con Zawinul, suonò su "Lyndon"
nel lontano 1997 e l'ho voluto chiamare anche per questo,
sia per un discorso di continuità, sia perché un batterista con quel tiro è molto
difficile trovarlo!! Paco è della Costa D'Avorio e Linley è originario delle isole
Mauritius, sono africani cresciuti con i Weather Report e con la musica della
loro cultura; insieme ad altri musicisti africani straordinari come Richard Bona,
Lionel Loueke, Etienne Mbappè, Karim Ziad etc hanno dato una
sveglia ad un certo tipo di jazz-fusion oramai trito e ritrito, portando più libertà
e creatività ritmica.
Francis Lassus è un grande batterista e cantante francese, l'ho conosciuto con
Linley, è uno dei batteristi con cui lui preferiva suonare. Quando li ho sentiti
suonavano in duo, Francis alla batteria e voce, Linley al basso e contemporaneamente
tastiere, insieme sembravano 6 musicisti, pazzesco! Sono in grado di suonare un
intero concerto improvvisando tutto o sconvolgendo qualche tema conosciuto facendo
saltare il pubblico dalle sedie. Francis rappresenta l'incontro tra la scuola della
batteria occidentale e i ritmi e la cultura africana, in più utilizza la voce come
altro pezzo della batteria ed è unico, per me lui rappresenta lo spirito della musica
in Francia, a Parigi, l'unione felice di più culture musicali che si incontrano.
Quando mi sono trasferito a Parigi ho vissuto un po' con lui, abbiamo suonato e
registrato tanto insieme, lui è anche un bravissimo cantautore, scrive, arrangia,
suona e produce canzoni molto belle. Alex Sipiagin è uno dei più forti trombettisti
della scena newyorkese, lì da tantissimi anni, ma è originario di Mosca. L'avevo
conosciuto come amico del grande chitarrista Adam Rogers, quando entrambi
erano in tour con
Michael
Brecker molti anni fa; durante le registrazioni stavo dicendo a Dario
Deidda che cercavo un bravo trombettista e lui in quei giorni stava per cominciare
un piccolo tour con Alex, l'ho chiamato e ci siamo messi d'accordo, ha registrato
delle cose bellissime. Freddy Jay e Yassine Africancuts sono due DJ ed esperti di sound design,
hanno ambedue l'abilità di suonare live insieme a musicisti in contesti di musica
funk-modern jazz creativa inventando tessiture perfettamente in interplay con gli
altri musicisti, ed il risultato sul palco è davvero stupefacente! Conoscevo Freddy
come amico di Francis Lassus, spesso suonano in duo, oppure nella band del bravissimo
chitarrista senegalese Hervè Samb, siamo diventati amici e ha registrato alcuni
pezzi. Altri pezzi sono stati registrati da Yassine, anche lui straordinario, l'ho
conosciuto attraverso il bassista Hadrien Feraud, con cui ci suonava nella
band elettrica di Bireli Lagrene. Il suo lavoro di remix su "Aural" è stato
fantastico! Lui e Freddy sono diversi, entrambi bravissimi scratchers, Freddy lavora
molto con i samples estratti dai vinili, mentre Yassine lavora molto coi samples
synth. Steve Michaud è un batterista bravissimo americano, l'avevo conosciuto come
amico del tastierista Steve Hunt quando suonavo coi Mahavishnu Project;
eravamo in giro in Italia a suonare nel 2005 e gli
ho fatto registrare alcune tracce di ciò che sarebbe diventato questo CD, tra cui
"Northern Line"; ma solo questo pezzo ho tenuto di quelle registrazioni perché
ci ho potuto mettere le mani parecchio tempo dopo e le idee iniziali erano cambiate,
per cui la primissima pietra di "Music Unites" è stata posta nel lontano
2005! Joe Bowie è il leader dei Defunkt, band straordinaria nata a New York alla
fine degli anni '70, ed essendosi trasferito in Olanda
nel 2003 ha voluto ricreare la band nel
2009 a Parigi; attraverso quell'audizione sono entrato
nella band e siamo diventati amici. E' un musicista esplosivo, diretto ed istintivo,
uno che inventa in continuazione sul palco. Gli ho chiesto di mettere delle voci
qua e là e di scrivere un rap da inserire in "Essential Blues", ha scritto una cosa
molto carina. Dopo diversi tour in Europa abbiamo inciso un disco molto bello.
Io e Giovanni Imparato suoniamo insieme da 30 anni, musicista straordinario
e completo, così come con Pippo, abbiamo condiviso tante esperienze musicali, i
miei e i suoi dischi, i tour, abbiamo un bellissimo duo insieme, che presto dovremmo
riprendere, così come abbiamo ripreso il gruppo Xenia, fermo per 20 anni, Giovanni
sarà sempre presente nella mia musica.
Poi ci sono altri grandi musicisti presenti in maniera più contenuta che ho voluto
che ci fossero, sia per il contributo artistico che per l'amicizia che ci lega,
come Walter Ricci,
secondo me il più forte cantante jazz in Italia e non solo; Paolo Recchia
al sax, in Italia ci sono dei grandi contraltisti e Paolo è uno di questi; Pierpaolo
Bisogno al vibrafono, già collaboratore e co-leader nella band "Face 2 Face"
dove suoniamo più jazz acustico, lo sto coinvolgendo nel mio progetto elettrico
perché Pierpaolo è un musicista totale!
Poi ci sono una coppia di amici Pascal Elise Deut e Kevin Prince,
che hanno messo le voci di sottofondo in francese per emulare alcuni dialoghi del
film "Le clan des siciliens" ed infine Fabrizio Bianco, mio caro amico
da tanti anni, musicista completo, chitarrista ed esperto di musica elettronica
e sound design, che mi ha dato una mano con le programmazioni della sezione fiati
campionata di "Northern Line", in supporto a quella vera. Il tutto sotto la supervisione
audio di Marco Massimi, grande ingegnere del suono che ha curato anche il mastering.
C'è qualche brano a cui ti senti maggiormente legato?
Ogni brano ha una sua storia, è stato scritto oppure interpretato mentre pensavo
a delle cose della mia vita, vissute in quel momento o in altri, o addirittura immaginari,
presunti, desiderati, è come se fossero 10 piccole colonne sonore di momenti più
o meno importanti, le sto per pubblicare sulla pagina del mio sito, in modo da spiegare
la genesi dei pezzi, insieme ad altri dettagli sulla realizzazione del CD. Ad esempio
"Ballad for Mr.Kromback" ha una storia curiosa, se vogliamo triste ma allo
stesso tempo bella: ha come protagonista un certo Al Kromback di Jersey City (USA),
e la sua chitarra, una Martin 015 del 1955. Questo signore, fu trovato morto nel
suo appartamento in affitto, i cui proprietari erano la famiglia di un mio caro
amico di infanzia, Enzo, nato negli USA da genitori originari di Casamassima (BA),
dove sono cresciuto e dove ogni 3-4 anni venivano in vacanza. Quando andai la prima
volta a New York, Enzo mi raccontò questa storia che era appena accaduta, e che
addirittura sfondarono la porta dell'appartamento perchè da settimane non avevano
notizie da questo inquilino che, a quanto pare, non aveva nessun parente o congiunto,
era praticamente morto in solitudine. Il poveretto era un dipendente dell'ASCAP,
la Siae americana, ed era stato anche un chitarrista, infatti nell'appartamento
trovarono diversi strumenti e diverse chitarre tra cui questa vecchia Martin. Non
avendo parenti, il proprietario dell'appartamento, ovvero il papà di Enzo, raccolse
tutta la roba regalando tutti gli strumenti ad amici vari e la Martin era già stata
donata ad un loro caro amico prima che io arrivassi e potessi esprimere il mio interesse
nel prenderla o acquistarla, sebbene non fosse in buone condizioni. Il mio interesse
fu rinnovato negli anni a seguire finché nel 2005 Enzo
mi disse di averla recuperata e me la regalò proprio in occasione di un mio concerto
a New York. Era distrutta, aperta in due. Adoro questo tipo di chitarre, più piccola,
tipo 000, tutta in mogano, pertanto l'ho fatta restaurare ed è diventata un gioiello.
Decisi così di scrivere un pezzo su questa storia e l'ho suonato completamente con
la Martin mentre il solo è eseguito con una classica (Takamine), Giovanni Imparato
alle percussioni, con il rumore delle gocce d'acqua di un rubinetto che perde in
una casa improvvisamente abbandonata, le voci lamentose e lontane ad evocare lo
spirito di una persona che ha lasciato suo malgrado questo mondo, da solo, e nel
finale l'incalzare del ritmo con i colpi di grancassa, immaginando gli attimi concitati
della gente fuori quando hanno buttato giù la porta. Quando gli feci ascoltare il
pezzo, Enzo osservò una cosa molto bella, era contento del fatto che Mr.Kromback,
completamente anonimo e solo, attraverso la sua vecchia chitarra, forse la sua preferita,
sia diventato un po' più conosciuto, un po' meno solo e con una piccola storia da
raccontare.
Parliamo un po' del tuo set di chitarre ed amplificazione,
effettistica…
Il disco è stato realizzato in un arco di tempo piuttosto ampio, un decennio circa,
alcune tracce realizzate con la mia vecchia Valley Arts Custom Pro modificata nel
tempo da Agostino Carella, il liutaio italo-canadese che ha poi realizzato il marchio
Agostin Guitars, e il modello Z24 che ricalca un po' la mia Valley, ovvero una strato
un po' più piccola con scala Gibson 24,5" ma a 24 tasti. Chitarre straordinarie
che uso tutt'ora e che ho utilizzato su quasi tutto l'album, in particolare quella
bianca col disegno di Anna Maria Suppa, un'artista barese molto brava. Ho usato
poi una Telecaster del '68 per dei colori twang qui e lì ed una Gibson 335 del '68
su "Clan des siciliens". Come acustiche ho utilizzato la Martin 015, anche sul tema
di "Aural reprise", mentre il solo è una Taylor 712C dei primi anni
'80 usata anche su "Northern Line"; il solo di classica
su "Ballad for Mr.Kromback" è fatto con un vecchia Takamine CP132.
Per quanto riguarda gli ampli ho fatto tutto in diretta, le prime registrazioni
col Boss GT8 a cui sono molto affezionato perché mi ha dato tante soddisfazioni,
ora andato in pensione, e successivamente il Kemper, un dispositivo davvero incredibile
con questa grande possibilità di campionare il proprio amplificatore che lo pone
avanti rispetto ai maggiori competitors. Quando registro con queste macchine in
diretta, oltre all'uscita stereo generale col mix del segnale dry e degli effetti,
registro sempre la traccia dry con le simulazioni di amp, le distorsioni e tutti
gli effetti di segnale, per poi aggiungere in post-produzione tutti gli ambienti
e gli effetti di modulazione, che sono plugins di Steinberg Nuendo, il software
con cui ho registrato tutto il lavoro. Con le session in diretta in trio registro
anche una traccia di chitarra MIDI con l'Axon, non si sa mai, infatti è stata molto
utile nella prima parte del solo di "Essential Blues" dove insieme al solo pulito
e compresso c'è un synth all'unisono con la chitarra, credo sia un Prophet VST,
aggiunto sempre in post in modo da scegliere il suono più adatto, e così per altri
temi qua e là, sonorità che poi uso sempre dal vivo. Oltre a chitarre e synth ho
usato il Kaoss Pad della Korg, strumento molto divertente, per dare ulteriori tocchi
di follia!
C'è una particolare direzione in cui la tua musica sta
andando in questo ultimo periodo e in modo prospettico?
Questo album ricalca un po' il vecchio "Lyndon", anzi ne è l'erede sia dal
profilo compositivo che timbrico, ma è un disco concepito in 15 anni e realizzato
negli ultimi 10 anni - compreso il periodo in cui ho vissuto a Parigi - per cui
riflette il mio pensiero dell'epoca. Oggi le cose sono cambiate ed anch'io mi muovo
su direzioni differenti, un po' forzate se vogliamo, poiché, vivendo maggiormente
in Italia, vengo un po' condizionato dalle tendenze. Si suona molto meno jazz elettrico
rispetto alla Francia e molto più quello acustico nel cui ambito vedo un ottimo
ricambio generazionale, con musicisti interessanti e non per merito delle possibilità
di lavoro in questo settore (si fanno davvero pochi concerti e festival) ma più
per una didattica di livello e meglio distribuita sul territorio, grazie, ad esempio,
all'apertura di cattedre di jazz in quasi tutti i Conservatori italiani. Nell'ambito
del jazz elettrico e sperimentale non vedo ancora un buon ricambio o un buon fermento,
tranne qualche caso qua e là, e alla fine devo ricorrere sempre ai miei vecchi amici
o importare musicisti dall'estero, specialmente dalla Francia, dove la disponibilità
è davvero tanta. Peccato perché credo ci sia ancora tanto da dire con questo stile,
specialmente con le possibilità infinite del digitale, tra l'altro oggi a poco prezzo.
Comunque mi sento un musicista jazz, i miei punti di riferimento, sia per lo studio
che per l'ascolto, rimangono nel jazz di ogni epoca. Avere un quartetto jazz è inoltre
una grande palestra per me, ho più facilità a fare concerti nei club o nei festival
col "Face 2 Face Quartet" insieme a Pierpaolo Bisogno al vibrafono, in cui
suoniamo sia pezzi originali che standard riarrangiati, e dove mi piace l'interazione
che si crea tra chitarra el vibraphono, supportandoci reciprocamente senza invadere
troppo, dato che sono entrambi strumenti che si muovono con armonie composte da
poche note rispetto ad un pianoforte, riuscendo, quindi, a creare più spazi. Il
prossimo disco, anzi imminente, sarà infatti con questo quartetto, quindi un disco
di jazz acustico, in cui suono maggiormente una Gibson es330 e pochissimi effetti.
Per finire volevo sottolineare che, rispetto a "Lyndon", in "Music Unites" non ho
utilizzato strumenti etnici che negli ultimi anni ho approfondito attraverso una
accurata ricerca. Avendo l'opportunità di girare molto per il mondo, ho acquistato
diversi strumenti a corda particolari con cui ho già scritto e appuntato delle cose
insieme a Giovanni Imparato, grande percussionista e cantante, col quale
ho in progetto un disco in cui concentrare queste sonorità.
Ascoltandoti, si avverte, oltre ad una elevata tecnica,
poliedricità, duttilità che, se ben gestiti e bilanciati, sono senza dubbio un plus.
I suoni elettrici ed acustici si ispirano ad una fusion che, grazie a ritmiche davvero
stratosferiche, suoni contemporanei, voci, innesti vari "molto cool", diventa attuale
e, in alcuni momenti, finanche prospettica per un cammino su cui continuare a fare
ricerca. Sei d'accordo o, come dicono in molti, la cosiddetta "fusion" ha completato
il suo ciclo principale? Purtroppo, il termine "Fusion" a me non piace. Sebbene sia la parola
che meglio possa esprimere un certo genere di musica, esso comprende tante variabili
finendo con l'includere, oggi giorno, stili e musicisti che secondo me con la fusion
fine anni ‘70 e ‘80 non c'entrano nulla. Anni fa, quando suonavo coi Mahavishnu
Project, durante una serie di concerti fu ospite il tastierista della Mahavishnu
Orchestra, il grande Jan Hammer, il quale, parlando delle terminolgie,
sosteneva che quella di McLaughlin era da considerarsi più una band di Improvisational-Rock,
e non Jazz-Rock o Fusion. Io quindi credo che la fusion sia una musica che deve
avere una forte radice, come il jazz, il blues, il latin, la classica, insieme alla
costante degli elementi improvvisativi del jazz, che è la musica che meglio e più
di tutte ha sviluppato i parametri dell'improvvisazione sugli accordi. Se vediamo
bene, i grandi fondatori della musica fusion sono tutti rientrati o rientrano spesso
alla loro origine, vedi Robben Ford e Larry Carlton col blues, Metheny,
Scofield, Corea, Shorter, Hancock, Brecker, Mainieri etc al jazz e così via; oggi
sento tanta gente fare fusion senza radice, perché sono nati con quella musica e
da lì non riescono più a muoversi, e la radice per me equivale alla storia, da dove
prendere ancora oggi linfa vitale ed ispirazione. Non mi stancherò mai di ascoltare
"Blue Trane" di Coltrane o "Guitar on the go" di Wes, anzi ancora oggi scopro cose
nuove nel riascoltarli o scopro cose stupende nel repertorio dei classici o artisti
del passato e sconosciuti come i grandissimi e geniali chitarristi Jimmy Wyble e
Billy Bean, oppure, proprio ieri per radio in macchina, questo pianista e compositore
classico spagnolo del ‘900 Frederic Mompou, un pezzo per orchestra e coro dal titolo
"Les Impropères", stupendo!
Al di là della terminologia, sono cresciuto ascoltando e suonando tanti stili differenti,
suonare tanti anni in orchestra, con le armonie infinite degli arrangiamenti di
Ennio nelle orecchie quasi tutti i giorni, porta il mio istinto musicale a creare
e comunicare qualcosa che coinvolge più aspetti della musica, dai più semplici ai
più elaborati, porto le mie esperienze e la mia vita nelle cose che faccio, credo
che in questo disco si senta.
Qualche doveroso consiglio a chi vuole cominciare oggi?
Consigli di questo tipo ne do tanti durante le lezioni in conservatorio a L'Aquila
e Milano, anzi cerco di far capire agli studenti quanto siano importanti, a volte
più importanti delle nozioni musicali. L'ambiente musicale oggi non ha niente a
che vedere con quello col quale sono cresciuto io negli anni
'80 e i primi '90, che
a loro volta hanno niente a che vedere con i '70 e
poi coi '60 e così via! Sicuramente si sono perse molte cose, che noi abbiamo invece
vissuto, ma esistono oggi aspetti che noi all'epoca sognavamo. Io a 20 anni sono
dovuto partire dalla provincia per trasferirmi a Roma, la grande città dove succedeva
tutto e potevo toccare con mano ciò che volevi, non avevo una lira e mi dimenavo
ovunque per vedere, imparare, capire. Ricordo tanta fatica e sacrificio, ma a 20
anni vivi tutto questo con grande energia. Mi sembra assurdo, ad esempio, che abbia
costruito la mia carriera senza cellulare e senza internet, eppure quelli della
mia generazione sono riusciti a creare della passione un lavoro. Oggi però avrei
fatto un altro percorso, avrei fatto 5 anni di chitarra jazz al conservatorio di
Bari e poi attraverso internet avrei capito tante cose dalla mia stanzetta di casa,
ascoltato con un semplice click qualsiasi artista o pezzo mi capitasse a caso o
per ricerca specifica, poi con questo bagaglio di studi ed esperienze sarei partito
un po' più preparato, magari non per Roma ma per Parigi. Oggi con pochi soldi puoi
comprare strumenti che, pur prodotti in Cina, sono di alto livello e ti permettono
di sperimentare, registrare, suonare con tante cose mentre all'epoca le misere finanze
permettevano appena una buona chitarra ed un ampli…quindi quello che dico e suggerisco
ai giovani è che il periodo che viviamo è molto confuso, abbiamo perso la direzione
o le indicazioni che i nostri maestri ci hanno tracciato, ma a differenza dei tempi
passati oggi c'è una grande possibilità di imparare tantissimo a costo zero, di
ascoltare le esperienze di chi le cose le ha già provate. Se da un lato però si
ha tutto sotto mano, dall'altro è spesso troppo così che solo una piccola parte
rappresenta la qualità rendendo necessario saper discernere, scegliere bene, e qui
arriva un aspetto dei compiti di noi insegnanti: saperli guidare. Esorto i miei
studenti a non limitarsi ad ascoltare solo un brano di un artista importante, ma
di ascoltare tutto il disco, conoscere i titoli dei pezzi, i musicisti che ci suonano,
capire le relazioni e il sound di tutti i pezzi, come questo sound possa cambiare
da un disco all'altro dello stesso artista, per capire le evoluzioni compositive
od espressive. Ricordo, quando ero molto giovane e le mie disponibilità mi permettevano
di comprare pochi dischi, di come cercavo di prendere in prestito tutto quello che
capitava e di registrarlo su cassetta, ricopiando a mano tutti i titoli, tempi,
musicisti e anno di pubblicazione…conservo tutte quelle cassette con gelosia!
Il tour con Morricone dura fino a giugno, hai poi in programma
una promozione live di "Music Unites"?
Sì certo, anche se molti dei pezzi li devo montare col gruppo e, in realtà, negli
ultimi anni non ho avuto un gruppo stabile ben definito. Lo era la mia musica, ma
i musicisti, per la maggior parte francesi, ruotavano in base alla disponibilità,
come Linley Marthe, Hadrien Feraud, Romain Labaye e Munir
Hossn al basso, e Chander Sardjoe, Francis Lassus e Damien
Schmitt alla batteria. Negli ultimi anni ho quasi sempre suonato in trio, fondamentalmente
perché mi piace, riesco a suonare in modo molto armonico, aiutandomi col supporto
degli effetti e del guitar synth, che ancora utilizzo tanto dal vivo, ma per questa
musica devo assolutamente girare almeno in quartetto, mi piacerebbe tanto girare
con un bel gruppo grande, un sestetto magari, ma non sarebbe facile organizzarlo,
sia dal punto logistico che economico, almeno in questo momento in Italia. Cercherò
di capire cosa del nuovo CD posso suonare con soddisfazione in trio, aiutandomi
magari con qualche sequenza e loop, e creare un repertorio misto con cose già fatte,
oppure non mi resta che il quartetto, aggiungendo un quarto musicista, probabilmente
Pierpaolo Bisogno al vibrafono MIDI e percussioni, così coprirebbe due dimensioni
strumentali importanti per questi pezzi. Quando potrò portare il quinto elemento
chiamerò di nuovo il mio amico Giovanni Imparato col quale continuo ancora
a condividere bellissimi progetti come il sestetto Xenia (coi fratelli
Iodice, Paolo Recchia al sax e Marco Siniscalco al basso) ed uno
in duo dove entrambi ci cimentiamo con diversi strumenti etnici a corde e percussione.
Dovremo aspettare altri dieci anni per il prossimo album?
No, non credo proprio, anzi, credo che ora comincerò a recuperare il tempo perso
con diverse release di progetti che ho realizzato negli ultimi anni ma che ho portato
avanti solo nei concerti; per questo ho voluto creare una mia società di produzione,
Zetastudio Productions, una etichetta discografica, Zeta Records, e un mio studio
di registrazione a Roma, Zeta Studio, dove ho realizzato e mixato e prodotto tutto
il CD. Volevo realizzare tutto questo da tempo e quando i tempi sono diventati maturi
ci sono riuscito. L'esigenza era quella di volere il controllo su tutta la mia musica
e su tutte le fasi della produzione di un disco: oggi è possibile grazie ad internet,
all'esperienza e alla collaborazione di qualche amico in gamba come Marco Massimi,
che ha realizzato il mastering, oltre al mix insieme a me. Quindi per il momento
darò precedenza alle cose mie, come il progetto con Giovanni ma è imminente un progetto
di jazz acustico, forse "Face 2 Face", perché suonare jazz rimane la mia più grande
palestra ed è la musica che più suono oggi, sebbene io abbia realizzato miei dischi
di musica elettrica e la gente mi conosce principalmente in questo stile. Poi magari
realizzerò qualche produzione esterna, di altri artisti, ormai gli scenari si sono
aperti, devo solo dedicare il tempo giusto!