Parte con Liberty City
di Jaco Pastorius
– più che un omaggio, una dichiarazione d'amore e d'intenti – l'album
3 from the Ghetto a nome
di Dario Deidda, bassista apprezzato tanto nel circuito jazzistico
italiano – da
Gatto a
Rava
e Fresu,
da Pieranunzi
a Massimo
Urbani e
Franco D'Andrea,
Stefano
Di Battista e molti altri – ed internazionale – da
Jerry Bergonzi
a George Garzone e Kenny Wheleer, da Randy Brecker a
Michel
Petrucciani,
Dave Liebman,
Steve Grossman,
George Coleman, Benny Golson, Ben Sidran,
Steve Turre,
Ernesttico,
Javier Girotto ed altri ancora –, quanto noto per le collaborazioni
nell'ambito della musica d'autore italiana, una fra le tante quella con Pino Daniele.
La tastiera è affidata, in tutte le sue forme e potenzialità, alle agili dita di
Julian Oliver Mazzariello, mentre sopra le sprizzanti percussioni
del francese Stéphane Huchard, il bassista salernitano si cimenta acusticamente
al contrabbasso, con il groove che ne caratterizza il portamento. Atmosfera
invece soft per il primo brano originale dello stesso Deidda,
J.P.C., con un romanticissimo
ma anche visceralmente swingante Mazzariello, accompagnato dalle percussioni di
Gaetano Fasano:
il basso – elettrico, questa volta – è un continuo e prolungato volo su arpeggi
che ricalcano pacatamente le ampie volute armoniche della composizione.
Riarmonizzazioni elettriche per
Evidence di Monk, articolato,
pulsante e torrenziale il periodare di Deidda, rilucente l'assolo di Mazzariello
al Fender Rhodes: ardito ma di buona presa sull'orecchio il loro rivolgimento
di questo "classico" del bop. Tornano i toni languidi del piano in
Mutual (non a caso scritta
dal pianista), ballad lenta e struggente cadenzata dal rullante del francese – prima
frusciante, poi secco – e punteggiata dai bassi incavati del nostro. Si passa a
perlustrare pure i territori tangueri, con
Tangario, nel quale l'assolo
del giovane bassista riesce a fondere splendidamente le cadenze argentine con il
carattere partenopeo-popolare di certe sue innegabili inflessioni musicali, mentre
il taglio jazzistico dell'appassionato brano è invece sbalzato dall'improvvisazione
del piano. Arricchito dalla presenza del sassofonista
Stefano
Di Battista è il successivo
Chorinho Amalfitano, dove
il soprano riecheggia della malinconia ma anche della solarità tipiche della terra
ispiratrice di quest'altra intima pagina sortita fuori dal pentagramma del bassista
campano. Trascinante lo scambio fra
Di Battista
e Mazzariello: non a caso quest'ultimo milita stabilmente nel quartetto del
sassofonista capitolino.
Segue la traccia che dà titolo all'intero cd,
3 from the Ghetto, un orecchiabile
reggae in tonalità minore che si imprime in testa con il suo motivetto semplice,
breve, misurato, accattivante, esposto dal piano del solito buon Mazzariello,
le cui frasi sono rafforzate all'ottava dal bassista: sotto, pacate, le armonie
dell'organo percorse dal bongo e dal djembè di
Fasano,
e, a sostenere il tutto, ancora il drumming quadrato del francese, che a
tratti rilancia sferzate sui piatti o sul rullante a siglare la chiusura di un
chorus e l'inizio del successivo. Un 6/8 spinto per
Drugs market dance, terreno
fertile per il sax contralto di Alfonso Deidda ed il tenore del fratello
Sandro – tutti e quattro i Deidda sono versati musicisti – le cui note si
aprono agli avvincenti obbligati all'unisono, di cui il pezzo è intriso. Martellante,
il suo ritmo viene letteralmente catturato dalla mano sinistra del pianista che
al proprio turno cuce sull'intelaiatura armonica uno sfavillante assolo, seguìto
ancora dall'intervento del sax, che trasporta l'intero gruppo al repeat finale.
Collocato all'interno del cd,
Gimme a Stone, un prezioso
solitario del leader che ha dello straordinario, fra colpi sul pick-up
(forse tenuto da delay) ed un fraseggio di precisione ritmica tale da rendere
tutti gli strati del brano – scansione, armonia, melodia – in modo lucido e compiuto.
E non poteva mancare un brano in combutta con l'amico (e produttore)
Gegè Telesforo,
il quale cómpita uno dei suoi noti scat per
Tiberian Island. A dare
buona prova di sé in questo pezzo di Marco Siniscalco è lo sviluppo solistico
dello spigliatissimo e fraseggiato trombone di Joel Adams, che alla fine
del proprio giro rilascia un grandioso unisono con il contrabbasso. Ma pure Mazzariello,
arricciando le proprie note sui tasti del Fender Rhodes, non è da meno. Spazio –
troppo breve – anche per un break di Huchard, a precedere uno dei
migliori scioglilingua del vocalista, con il quale il pezzo si chiude. Ultimo brano
in successione è Mr. Brown's Brownies,
in cui ancora il basso acustico di Deidda si abbina felicemente al piano
del fidato Mazzariello: ne risulta un blues con screziature boogie
ed accompagnamento di battimani ed incitazioni vocali – fra gli altri senza dubbio
Telesforo – che lascia intuire la spontaneità della session in studio di
registrazione.
Ed un assaggio "visivo" di quanto possa accadere dentro – e fuori – da
una sala d'incisione è dato in epilogo dalla bonus-track in CD-Rom
O' Café, protagonisti il
batteur francese, il pianista anglo-salernitano ed il bassista salernitano:
una divertente videoclip esplicativa di come il caffè possa fare da amalgama
per chi provenga da differenti latitudini. Proprio come avviene per il jazz.
Un disco intenzionalmente variegato, che nella trasversalità degli umori
attraversati riesce a mettere in luce l'agevolezza con la quale il titolare ed i
suoi affiatati alfieri sono capaci di affrontare vari linguaggi musicali.
Antonio Terzo
per Jazzitalia