Intervista a Raphael Gualazzi
aprile 2009
di Fabrizio Ciccarelli
Qualche nota per presentare Raphael Gualazzi.
Nasce ad Urbino nel 1981. Dopo aver intrapreso
gli studi di pianoforte al conservatorio Rossini di Pesaro, dove è stato
avviato all'apprendimento degli autori classici, estende la sua ricerca musicale
anche nel campo del Jazz, del Blues e della Fusion, collaborando con diversi qualificati
musicisti del settore e distinguendosi per le sue peculiari qualità vocali e strumentali.
La sua musica nasce dalla fusione della tecnica
Rag-time dei primi anni del ‘900 con la liricità del Blues, del Soul e del Jazz
nella sua forma più tradizionale, ispirandosi alle sonorità tipiche del pre-jazz
e dello stride-piano facenti capo a Scott Joplin, Jelly
Roll Morton, Fats Waller, Art Tatum e Mary Lou
Williams, ma anche ai colori tipici del blues di Ray Charles e
Roosevelt Sykes.
Diverse influenze soul, ispirate a figure di grandi artisti eclettici quali
Jamiroquai e Ben Harper, restituiscono l'ascolto ad una dimensione
di grande attualità, in uno stile personalissimo dove le radici tradizionali si
fondono con le tendenze musicali più innovative.
Il primo album "Love outside the windows"
viene pubblicato nel 2005 (e da noi a suo tempo
recensito per questo Sito), comprende 11 brani inediti composti ed arrangiati dall'artista
e 3 importanti rivisitazioni di famose composizioni come "Summertime", "Georgia
On My Mind" e "Besame Mucho".
Ha inoltre partecipato a importanti Festivals come: Fano Jazz, Java Jazz
Festival (Giakarta – Indonesia), Argo Jazz, Ravello International Festival ed altri.
Nel 2006 ha collaborato con Marco
Baldini e Gabriella Germani ad una serie di spettacoli teatrali svoltisi
a Nogara, Trento, Venezia, Desenzano del Garda e altrove.
Nei primi mesi del 2007 si è recato negli
USA, ove ha tenuto una serie di concerti in Vermont, New England e New Hampshire
all'interno del progetto "The History & Mystery of Jazz", che l'ha visto
al fianco di musicisti del calibro di Micheal Ray (Sun Ra Arkestra,
Kool & The Gang), Steve Ferraris (Sun Ra Arkestra,
Charlie
Haden), Jamie McDonald, Nick Cassarino, Bob Gullotti, John McKenna.
Attualmente ha un contratto esclusivo editoriale (come autore e compositore)
e discografico con il gruppo editoriale internazionale Peer music e sta lavorando
al suo secondo album in collaborazione con il produttore-arrangiatore Fio
Zanotti.
Il 28/01/2008 è uscito in Francia, su
etichetta Wagram, la compilation "Piano Jazz"
che include il brano "Georgia On My Mind" rivisitato ed interpretato
da Raphael stesso, oltre a composizioni di grandissimi artisti come: Nora
Jones, Diana Krall, Art Tatum, Ray Charles, Jimmie Cullum,
Micheal Petrucciani,
Chick Corea, Thelonious Monk,
Dave Brubeck,
Nina Simone,
Duke Ellington et al.
Nell'estate 2008 ha concluso un tour
italiano con grande successo partecipando a diversi festivals ed eventi (Brindisi
blues, Veneto Jazz (Teatro La Fenice di Venezia), Lodi Blues, L'Aquila Blues, e
altrove. Alcuni suoi brani sono stati utilizzati in due fiction della RAI e nel
film "Vita smeralda".
Incontriamo Raphael al "The Place" in Roma, dove si è esibito il
9 aprile con considerevole e meritato successo di pubblico. Molto bravi i suoi compagni
d'avventura, Alex Gorbi al contrabbasso ed Emanuele Cecchetelli alla
batteria. Assistere ad un suo concerto è un'esperienza…si diverte lui e ci divertiamo
noi, il pubblico batte il tempo con quello che si trova a portata di mano, sorride
ed interagisce, untrascinante "talentaccio" non c'è che dire… i jazzofili più esigenti
osservano attentamente il suo modo di trattare (ed amare) la tastiera, alla fine
si fanno coinvolgere anche loro da questo giovane creativo, ridanciano ed eclettico
erede ideale di tanti nobilissimi strumentisti che allietarono saloon e "whorehouses"
ai confini con i deserti del Sud degli States.
Ascoltare per credere…..
Alla fine del suo concerto del 20 aprile al "The Place" in Roma lo incontriamo scapigliato
e sorridente, bel cielo stellato fra le strade umbertine: non si può non parlare
di musica.
Quali consideri i tuoi punti di riferimento in ambito jazzistico?
Sicuramente tutta quella che e' la tradizione dello ‘stride piano', dall'ironico
Fats Waller allo sconcertante Art Tatum, dal fragrante
Willie 'The Lion' Smith alle sorprendenti Martha Lewis e Dorothy
Donegan. Credo che lo ‘stride piano' sia stato un momento fondamentale
nell'evoluzione del jazz perché rappresenta un momento di incontro di tanti stili
quali il blues,il rag-time, l'honky-tonk, la musica classica e talvolta anche di
colori latini (come accade in Jelly Roll Morton. Sono importanti nella
mia formazione musicale anche Count Basie, Duke Ellington
e tutti quei grandi musicisti che come loro conoscevano benissimo lo ‘stride
piano'. Ma non ho mai avuto la pretesa od il merito di essere filologico rispetto
al suddetto genere perché ho sempre visto il mio percorso come un tentativo di portare
la tradizione dello stride e di tutti i suoi colori bellissimi dentro le
più recenti sonorità del soul,del funk e, perché no ?, del pop. Per
questo motivo credo di poter dire che sono influenzato anche dalla musica di
Sly & The Family Stone, Ray Charles, Otis Redding,
Bill Withers, Etta James, Tom Waits, Stevie Wonder
e potrei continuare con l'elenco per altri 2 giorni…. Di sicuro il primo musicista
blues che ha cambiato il mio modo di suonare e' il mitico Roosvelt Sykes
detto anche 'The honeydripper',e non mi chiedere quali allusioni si
celano dietro a questo soprannome perché non voglio neanche immaginarlo!
Se dovessi citare alcuni musicisti contemporanei quali
insostituibili innovatori, chi sceglieresti e perché?
Credo che l'innovazione debba partire sempre e comunque dalla conoscenza della tradizione.
Tradizione che può anche essere messa in discussione,ma solo dopo che la si conosce.
Trovo molto innovativa Esperanza Spalding perchè fonde le sonorità
del R&B e del pop con strutture tipiche fusion e il jazz afro-latino
(che sembra proprio far parte della sua mappa genetica), mi piace il primo Ben
Harper perché riesce (almeno nei primi lavori) ad essere eclettico senza mai
liberarsi dello spiritual e dei blues che sono dentro la sua anima, adoro
ovviamente Stevie Wonder, pietra miliare - assieme ad
Herbie Hancock - della sperimentazione applicata alle nuove tecnologie.
Infine, sembrandoti un nostalgico, potrei aggiungere
Charles
Mingus come eterno innovatore. Lo adoro nel suo album ‘Oh
YEAH' per la grande capacità di dare delle emozioni che arrivano
a tutti in maniera raffinata ed irruenta. Non e' facile farsi capire da tutti essendo
se stessi.
Qual è la tua opinione circa il panorama jazzistico attuale?
Lo adoro in tutte le sue espressioni purché generino bella musica e non gare di
‘culturismo musicale'. Credo (almeno in questo momento del mio percorso musicale)
che non esistano generi musicali meno interessanti di altri,ma che il fine, che
e' comunque dinamico e non statico, debba essere quello di dare emozioni,energia,
bella musica, producendo arte.
Sbilanciati e indicaci qualche preferenza….
Petrucciani, Jose' James,
Kurt Elling
(il mio cantante preferito), Bollani, Paolo Conte (sì,lo ritengo un
grande jazzista non solo per la musica ma anche per il modo in cui scrive:secondo
me i suoi testi ‘suonano' bellissimi anche senza musica!)
Assolutamente d'accordo con te su Paolo Conte…magari
qualche jazzofilo se lo dimentica un po' troppo spesso. So che sei stato negli Stati
Uniti per qualche tempo, cosa ti è "rimasto più dentro" della tua esperienza americana?
Lo spirito di gruppo. L'unione fa la forza e se ognuno rimanesse aperto alle esperienze
altrui senza essere troppo geloso nel donare ciò che ha appreso,questo scambio genererebbe
un inevitabile evoluzione. La cosa più importante laggiù sembrava essere non il
virtuosismo del singolo esecutore ma il sound dell'insieme. Diciamo pure
che ogni virtuosismo dei singoli esecutori pareva assumere tutto un altro significato
una volta che il gruppo aveva il prprio sound. Giustissimo secondo me.
Condivido la tua opinione….allora cosa potremmo dire della
situazione in Europa ed in particolare in Italia?
Non mi sento in grado di poter parlare dei musicisti europei e tanto ho ancora da
imparare su quelli italiani ma correndo il rischio di sembrare presuntuoso posso
dire che secondo me in Italia abbiamo dei grandissimi musicisti, che anche all'estero
ci invidiano. Forse dovremmo essere più uniti e meno individualisti per fare sì
che al nostro mestiere sia data tutta la dignità che questo merita. Ma non vado
avanti perche' essendo italiano sono anche individualista ed quindi e' meglio che
io pensi per me!
(Raphael ride, il sottoscritto pure, NDR) Possiamo trarre
una distinzione fra il mondo delle blue notes americane e quello italiano?
Sicuramente sì. Ma assolutamente non dal punto di vista qualitativo. Il sound
americano in genere mi é sembrato molto più ‘orizzontale' rispetto a quello europeo.
Comunque io adoro sia quello europeo che quello americano.
Precisiamo
l'orizzontalità….
Quando utilizzo il termine ‘orizzontale' intendo riferirmi ad un sentire, ad una
sensazione. Come diceva il grande Django Reinhardt, il jazz europeo
ha pari dignità rispetto al jazz americano. E' vero. Ma ovviamente si differenziano.
Questo deriva probabilmente dalla differenza che cè nella formazione di base che
viene assegnata ai musicisti dei rispettivi continenti. Là la prima cosa che viene
insegnata è il senso ritmico,il timing. Qui, nei conservatori italiani è
la tecnica e il controllo del suono. Là si può cantare sin da bambini in cori Gospel,
qui se ti va bene canti ‘Tu sei la mia vita altro io non ho!'. E' stato interessante
quel giorno in cui il mio amico percussionista Steve Ferraris mi ha
detto che avevamo un concerto in una chiesa congregazionalista. Durante la cerimonia
si svolgeva una sorta di saggio di bambini percussionisti e poi il concerto! Bello.
Per fortuna esistono diversità tra il Vecchio ed il Nuovo continente, così uno può
donare all'altro (e viceversa) all'interno di uno scambio che è evoluzione.
Quanto è rimasto in te di ascolti "diversi"?
Uno dei significati della parola ‘jazz' e' ‘brothel's hall' ovvero ‘hall
del bordello'.questo perchè il jazz o, come erroneamente qualcuno ha definito
‘pre-jazz', nasce proprio come colonna sonora di quell'eterno mondo di vizi e virtù
che si dispiegava dentro certi posticini. Ma in sostanza era la colonna sonora di
una fuga da quello che era l'eccessivo moralismo della società del tempo. In sostanza
questa musica doveva liberare la spensieratezza dei clienti del bordello. Per fortuna
i tempi sono cambiati anche se il Jazz e' rimasto (almeno secondo il mio parere)
libertà. Quindi credo che la parola jazz non debba descrivere solo un genere,ma
anche la libertà che sta dentro tutta la bella musica. Potrei dire che
James Brown
e King Floid sono jazzisti. Paolo Conte e Sly & The Family
Stone sono jazzisti. Richard Caiton in 'Superman' è un jazzista.
Paradossalmente questa libertà e quindi questo jazz la ritroviamo anche nell'ultimo
Beethoven. Nella sonata opera 111,che si pensa egli abbia scritto come accompagnamento
della sua ascesa in paradiso, ci sono delle variazioni. Beh, che ci crediate o no,
c'è una variazione che sembra swing! E siamo ancora a metà Ottocento!
E questo non è jazz? Addirittura potrei dire che Raphael Gualazzi
stesso è un jazzista!
Ascoltandoti, specie dal vivo, mi viene in mente il Tom
Waits più vicino al blues e al jazz….
Adoro Tom Waits e frequentemente vado a sentire concerti di una sua cover
band molto interessante. Si chiamano ‘Raindogs': sono ragazzi di Urbino
e sono tutti miei amici. Tom Waits è di sicuro uno dei più originali musicisti
dei nostri tempi. Questo sarcasmo che si barcamena tra i colori metropolitani e
l'asprezza di un deserto ‘blues' e' qualcosa di immortale.Grande Tom Waits
per la cura del sound nei minimi particolari,tutto in un risultato fluido
e spontaneo. Credo in realtà di non conoscerlo ancora in maniera approfondita. Comunque,
secondo me, per come lo conosco, Tom Waits è un grande perché è alfiere-innovatore
di tutta quella che è la tradizione blues. E' fondamentale la presenza di personaggi
come lui sulla scena musicale. Ho apprezzato molto, da amante dello ‘stride piano'
che sono, la sua rivisitazione di ‘I'm crazy ‘bout my baby,my baby's crazy ‘bout
me',il famoso hit di Fats Waller.
Quanto la tua musica attuale è rimasta fedele allo stile
del primo tuo album?
Se ti riferisci alla musica che suono durante i miei concerti posso dirti che il
repertorio varia da serata a serata. Certo alcuni brani li suono sempre ma altri
cambiano. Alcune volte i miei musicisti volevano tirarmi le orecchie perché volevo
suonare un brano di Little Richard….. ma il blues è dappertutto!
Quali brani esegui di solito nelle tue serate?
"Stefano",
un brano di mia composizione, ancora inedito, basato sullo spelling del nome
di un mio caro amico. Alla sua laurea, trovandomi in ristrettezze economiche,ho
composto per lui questo brano con cui di solito apro i miei concerti. "Smashin'
Thirds", rivisito questo brano strumentale registrato da Fats Waller
nel 1929 per "scaldarmi i fraseggi". "Crazy Rag Blues", un solo piano
e voce di mia composizione appartenente alla mia prima pubblicazione "Love outside
the window". Questo brano è basato su una storia vera che parla della spudoratezza
di una donna che mi ha tradito nello stesso luogo dove ho avuto il dispiacere di
conoscerla. "This Masquerade", rileggo in chiave swing (un po' alla Errol
Garner) il bellissimo brano di Leon Russel reso celeberrimo dalla
storica versione di George Benson. "Sweet Sue, Just You", l'
ironico brano di Young Harris - credo sia stato scritto nel 1941 - si dispiega
in 2 parti, la prima è forse piu' vicina a Django Reinhardt, la seconda
è invece decisamente "stride piano". "Jameson's Lament", sempre appartenente
al mio primo cd, sostanzialmente una descrizione dei postumi di una sbornia nel
tentativo tenero ma sconnesso di abbandonare il letto di una donna che non si desidera
più'. "Vacanze romane", per un' interpretazione strumentale in cui intendo
fondere strutture classiche con colori gershwiniani e comunque attinenti al periodo
dello stride piano. "I'm Gonna Move To The Outskirts of Town", rivisto
in chiave soul. Bella la versione di Louis Jordan,sconcertante quella di Ray
Charles soprattutto per il sound! "Rainy Night in Georgia": sono
rimasto folgorato dalla versione registrata da Ray Charles e dagli ZZ
Top. Quel brano è un capolavoro e credo che sia talmente bello da essere anche
veramente didattico. E' per questo motivo che in questo caso sono rimasto abbastanza
fedele alla versione sopra menzionata. Ci sono certe interpretazioni nella storia
della musica di fronte alle quali ci si può soltanto "togliere il cappello". "Caravan":
ho tentato di reinterpretare questo storico brano in un funambolico stride
e mi sono maleducatamente permesso di inserire del testo cantato allo scopo di fare
arrivare il brano anche ai giovani.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Al momento sto collaborando con il Maestro Fio Zanotti per realizzare il
mio nuovo progetto. Il mio editore è Peer Music. Non posso anticiparti altro.
Non sono scaramantico ma non mi piace parlare di quello che ancora non c'è perché,
come benissimo saprai, questo ambiente pullula di personaggi che fanno false promesse
e io non voglio essere una di queste, soprattutto nel rispetto della tua grande
professionalità.
Troppo buono, non esageriamo….(ridiamo tutti e due, NDR).
E per il futuro?
Come direbbe Neil Young, "Keep on rockin' on a free world"!!!
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Data pubblicazione: 19/09/2009
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